Unicredit lancia l’Ops su Banco Bpm: verso un nuovo sistema bancario italiano?
Da domani e fino al 23 giugno gli azionisti del Banco possono acquistare i titoli di piazza Gae Aulenti. Un’operazione molto contrastata
Scatta domani l’offerta pubblica di scambio (Ops) di Unicredit su Banco Bpm. Soci e investitori avranno tempo fino al 23 giugno per aderire all’operazione, che prevede uno scambio di un’azione Bpm per 0,175 azioni Unicredit. Un’offerta già giudicata “non congrua” dall’amministratore delegato di Piazza Meda, Giuseppe Castagna, che ha dato il via a settimane di tensioni e schermaglie nel risiko bancario italiano.
Con il via libera incassato da Bce e Consob, Unicredit deve ora affrontare l’incognita più spinosa: il Golden Power. Il Governo ha fatto sapere che non interverrà, ma solo a condizione che Unicredit rispetti una serie di prescrizioni: uscita dal mercato russo entro gennaio 2026, mantenimento delle filiali nei territori presidiati da Bpm, salvaguardia del rapporto prestiti/depositi in Italia e continuità operativa. Andrea Orcel, ceo di Unicredit, punta al dialogo istituzionale per evitare un ricorso al Tar, ma la posta in gioco resta alta.
L’Ops si inserisce in una strategia chiara: rafforzare la seconda posizione di Unicredit nel panorama bancario italiano. Con l’integrazione di Banco Bpm, il gruppo guidato da Orcel arriverebbe a detenere una quota di mercato del 16%, contro il 21% di Intesa Sanpaolo, e consoliderebbe la propria presenza nelle regioni più ricche del Paese. Tuttavia, il successo dell’operazione è tutt’altro che scontato: grandi e piccoli azionisti, tra cui il colosso francese Crédit Agricole (salito vicino al 20% di Bpm), potrebbero giocare un ruolo determinante nel destino dell’offerta.
Non mancano le insidie economiche. Secondo gli analisti di JP Morgan, l’adesione alle condizioni imposte dal governo potrebbe costare cara: si stimano 100 milioni di euro in minori sinergie sui ricavi, un impatto di 47 punti base sul Cet1 (pari a 1,4 miliardi di capitale) dovuto all’uscita dalla Russia e una riduzione di circa 300 milioni sulle sinergie di costo previste. A complicare il quadro, il rischio di pesanti sanzioni amministrative in caso di inadempienze, che possono arrivare fino al doppio del valore dell’operazione.
Un elemento che invece sembra non creare ostacoli è la concentrazione degli sportelli in Lombardia: anche sommando le quote di mercato di Unicredit e Bpm, la nuova entità resterebbe ampiamente sotto il tetto del 25% fissato dall’Antitrust europeo.
Dal punto di vista dei numeri, l’offerta parte in salita: ai prezzi di chiusura di venerdì, lo scambio incorpora uno sconto di circa l’8% rispetto al valore di mercato di Banco Bpm. Un rilancio da parte di Unicredit, sebbene possibile, oggi appare poco probabile. Al contrario, un eventuale ritiro aprirebbe nuovi scenari: potrebbe infatti rimettersi in moto il progetto di un terzo polo bancario con l’aggregazione tra Bpm, Mps e Mediobanca, sulla quale tra poche settimane partirà l’Ops lanciata dalla stessa Rocca Salimbeni. Palla al centro, dunque, e si parte. Ma l’esito della partita è tutt’altro che scontato.