I Ventisette avvertono Londra: mercato unico non è su misura

I Ventisette avvertono Londra: mercato unico non è su misura
30 giugno 2016

di Maurizio Balistreri

E’ stata, in qualche modo, una giornata storica, quella della prima riunione, ieri a Bruxelles, dei capi di Stati Stato e di governo dell’Ue senza i britannici, un vertice informale dei Ventisette, o sarebbe meglio dire dei 28 meno uno, dopo la vittoria della Brexit al referendum in Regno Unito. Ed è servita soprattutto a chiarire, al di là di ogni dubbio, due cose: innanzitutto, che non ci saranno negoziati con Londra sulle nuove relazioni con l’Ue dopo la sua uscita, prima che il governo britannico notifichi ufficialmente la sua intenzione di recesso, eseguendo la volontà espressa dagli elettori. In secondo luogo, i leader dei Ventisette hanno puntualizzato che, quando finalmente partiranno i negoziati, se Londra vorrà conservare il suo accesso al mercato unico europeo dovrà accettare tutte e quattro le libertà che ne sono il fondamento (di circolazione delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali), e non decidere quali delle quattro attuare e quali no. I leader dei Ventisette “hanno affermato con chiarezza cristallina che l’accesso al mercato unico europeo richiede l’accettazione di tutte le quattro libertà, inclusa la libera circolazione delle persone: non ci sarà un mercato unico su misura” per il Regno Unito, ha detto il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk (foto).

E’ noto che Londra, nonostante il recesso dall’Ue, vorrebbe conservare l’accesso al mercato unico europeo, ma riprendendo il controllo sul movimento delle persone, in modo da limitare l’immigrazione nel Regno Unito dei cittadini comunitari di altri Stati membri. Il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, che ha partecipato alla riunione dei 27 leader, ha rincarato la dose: “Non ci sarà un mercato unico su misura: chi vuole accesso al mercato unico deve accettare le quattro libertà, senza eccezioni e, aggiungo, neanche ‘sfumature'”, ha affermato. Considerando che le procedure del divorzio fra il Regno Unito e il resto dell’Ue non hanno potuto essere avviate perché il premier britannico dimissionario David Cameron non ha notificato l’intenzione di recesso di Londra dall’Unione, lasciando il compito al suo successore (a settembre), Juncker ha poi sottolineato la decisione dei Ventisette di rifiutare nel frattempo l’avvio di qualunque tentativo negoziale informale con Londra. “No negotiation without notification”, ha affermato il presidente della Commissione, parafrasando il motto di fine Settecento dei coloni nord Americani contro la dominazione britannica (“no taxation without representation”).

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“La cosa importante è che abbiamo deciso che non ci sarà nessun negoziato prima della notifica” della volontà di lasciare l’Ue da parte britannica, ha detto Juncker. E ha aggiunto: “Ho proibito per iscritto a tutti i miei commissari e ai loro direttori generali di avviare qualunque negoziato informale” con Londra. Con la notifica ufficiale della volontà di recesso viene attivato l’Articolo 50 del Trattato Ue, che dà avvio ai negoziati per il divorzio “ordinato” del Regno Unito che devono comunque concludersi entro due anni al massimo. Ed è proprio questo meccanismo a orologeria che i britannici, per ora, non vogliono mettere in moto, prima che vi sia un nuovo governo con un piano preciso per il futuro del Regno Unito fuori dall’Unione. La scelta temporeggiatrice di Cameron è stata criticata da una parte degli altri Stati membri e dalla Commissione europea per la situazione d’incertezza che crea sui mercati e le sue conseguenze economiche pagate, per colpa dei britannici, da tutta l’Unione; ma alla fine considerata politicamente accettabile, se questo costoso “limbo” non durerà troppo a lungo.

Ma si parla comunque di diversi mesi. Dopo la nomina del successore di Cameron, quando il Partito conservatore britannico terrà il suo congresso all’inizio di settembre, è molto probabile (e politicamente opportuno) che vi siano anche nuove elezioni politiche, visto lo sconvolgimento che la vittoria della Brexit ha provocato nel Paese. Quindi bisognerà aspettare ancora l’autunno inoltrato, e già si parla della fine dell’anno, per avere un nuovo primo ministro, eletto dal popolo (e non da un partito) che dia inizio alle procedure di divorzio dall’Ue e ai negoziati per le relazioni future con i Ventisette. Proprio per discutere del futuro dell’Unione senza Londra, Tusk ha annunciato che i capi di Stato e di governo dell’Ue si riuniranno di nuovo informalmente a 27 a Bratislava, in Slovacchia, il 16 settembre prossimo, in un secondo vertice in questo formato. Intanto, è approdata a Bruxelles la controversia sul possibile divorzio interno al Regno Unito fra Londra e la Scozia, che minaccia ora di bloccare le decisioni legislative per dare esecuzione alla Brexit. La “first minister” scozzese Nicola Sturgeon ha incontrato al Parlamento europeo il presidente Martin Schulz e quasi tutti i capigruppo politici. Tusk ha rifiutato di vederla per non dare l’impressione di immischiarsi in una questione interna britannica. Juncker, invece – che martedì, con Cameron a Bruxelles, non aveva dato la sua disponibilità a incontrarla – ieri mattina ha annunciato a sorpresa che l’avrebbe ricevuta.

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