Licenziata perché lesbica, giudice condanna scuola privata cattolica

Licenziata perché lesbica, giudice condanna scuola privata cattolica
23 giugno 2016

Il giudice del lavoro di Rovereto, in Trentino Alto Adige, ha condannato una scuola paritaria cattolica per aver discriminato un’insegnante in base al suo presunto orientamento sessuale. L’Istituto coinvolto è quello delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù di Trento, che dovrà risarcire con 25mila euro la docente. Come riferisce l’avvocato Alexander Schuster, il legale che ha difeso la ricorrente così come le due organizzazioni Certi diritti e CGIL del Trentino (quest’ultima, con l’avv. S. Giampietro), il giudice ha accertato prima di tutto la discriminazione individuale subita dall’insegnante a decorrere dal colloquio del 16 luglio 2014, durante il quale le era stato chiesto di smentire voci per le quali ella avrebbe intrattenuto una convivenza sentimentale con altra donna. Al rifiuto di questa di accettare ingerenze nella propria vita privata da parte del datore di lavoro, alla stessa l’allora dirigente dell’Istituto aveva almeno chiesto di impegnarsi a “risolvere il problema”.

La proposta suscitò l’indignazione della docente, che non venne riassunta e perse il diritto ad ottenere la conversione del proprio contratto in un rapporto a tempo indeterminato. Il giudice ha riconosciuto come l’Istituto stesso cambiò nel giro di pochi giorni la propria versione dei fatti più volte, inclusa quella per la quale l’insegnante avrebbe turbato i propri alunni con discorsi inappropriati sul sesso. Il Tribunale ha stabilito che “la presunta omosessualità dell’insegnante nulla aveva a che vedere con la sua adesione o meno al progetto educativo della scuola” e ha anche accolto le domande di CGIL del Trentino e dell’Associazione radicale Certi diritti di accertare il carattere di discriminazione collettiva delle diverse dichiarazioni rilasciate dall’Istituto, con le quali si rivendicava il diritto di non assumere persone omosessuali, ritenute inidonee ad avere contatti con minori. Secondo l’avvocato Schuster “la questione non riguarda tanto l’orientamento sessuale, perché dice molto di più: garantisce i diritti fondamentali di ogni lavoratore.

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Infatti, questa decisione fissa un punto chiaro: i datori di lavoro di ispirazione religiosa o filosofica non possono sottoporre i propri lavoratori a interrogatori sulla loro vita privata o discriminarli per le loro scelte di vita. L’uso di contraccettivi, scelte come la convivenza, il divorzio, l’aborto, sono decisioni fra le più intime che una persona può compiere. Questa decisione ci dice che è la legge a stabilire cosa è discriminazione, non le convinzioni delle singole organizzazioni religiose”. “Si tratta di una sentenza importante che ribadisce come il diritto alla libertà di religione non significhi “diritto” a discriminare. Un concetto che nel nostro Paese è bene ripetere spesso”, ha commentato il segretario dell’Unione degli Atei e degli Agnostici razionalisti (Uaar), Stefano Incani: “Per noi dell’Uaar si tratta di un atto dovuto anche in considerazione del fatto che le scuole paritarie ricevono cospicui fondi pubblici e a maggior ragione dunque non possono porre in essere differenze di trattamento che violano la legge”.

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