Due italiani uccisi in Libia: “Usati come scudi umani dall’Isis”. Uno è siciliano

Due italiani uccisi in Libia: “Usati come scudi umani dall’Isis”. Uno è siciliano
3 marzo 2016

piano-failla-1000x600“Dalle foto che sono in nostro possesso ci sono somiglianze con almeno due dei tecnici che a suo tempo sono stati sequestrati”. Lo ha detto al Tg1 il direttore del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, Giampiero Massolo, sul caso dei due italiani uccisi in Libia nel corso di un raid contro l’Isis. Si tratta di Fausto Piano (foto, dx) e Salvatore Failla (foto,sx), due dei quattro dipendenti della Bonatti rapiti in Libia (con loro anche Gino Pollicardo e Filippo Calcagno) Libia nel luglio del 2015, sarebbero stati uccisi durante una sparatoria nella regione di Sabrata.  Al riguardo la Farnesina ha già informato i familiari. I due italiani potrebbero essere stati uccisi “per vendetta” dai miliziani dello Stato Islamico che, in fuga verso le montagne, avrebbero deciso di liberarsi di loro. La vendetta dell’Is sarebbe consumata a seguito degli scontri armati avvenuti ieri nella zona di Sabrata. Un testimone libico, rientrato a Tunisi da Sabrata avrebbe riferito che i due ostaggi italiani “sono stati usati come scudi umani” dai jihadisti. A confermare questa tesi anche l’ex ufficiale dell’esercito libico Ramzy al Rumeeh il quale afferma che ad uccidere i due italiani potrebbe essere stata la milizia Battar legata all’Isis: “Si tratta di un gruppo armato dedito al traffico di esseri umani e attivo a Sabrata”, ha spiegato l’ex ufficiale. “La formazione armata – ha precisato dunque al Rumeeh – è sì legata allo Stato islamico, ma sostiene parallelamente anche il governo di Tripoli del premier Khalifa al Ghwell”.

Un video diffuso da media libici che mostra le vittime della sparatoria avvenuta ieri sera a Sabratha, si vedono corpi senza vita di 14 persone, compresi quelli con ogni probabilità dei due connazionali rapiti nel 2015 e chiaramente scambiati per “jihadisti”. Un dettaglio che potrebbe indicare che le milizie libiche che hanno attaccato “un covo” di terroristi non sapevano che all’interno c’erano anche ostaggi occidentali. Nel filmato pubblicato sul profilo di Sabratha Media Center, vengono mostrati i corpi senza vita, una voce fuori campo fa la conta dei morti, mentre l’obiettivo passa anche sui volti dei due uomini che potrebbero essere di Piano e Villa. Lo stesso account pubblica fotografie dei cadaveri e anche in questo caso i due vengono indicati come jihadisti, più precisamente come foreign figther italiani con la seguente didascalia: “Ecco alcuni dei jihadisti di Daesh eliminati” nella sparatoria di ieri sera.

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LEGALE FAMIFLIA “Ho sentito la moglie di Salvatore Failla: è una donna disperata che chiede che il suo dolore venga rispettato. Non c’è ancora assoluta certezza che sia proprio suo marito uno dei due italiani morti, per questo sta vivendo queste ore con infinita angoscia”. Lo ha detto l’avvocato Francesco Caroleo Grimaldi, che assiste la famiglia Failla, commentando le notizie che arrivano dalla Libia. “E’ un fatto spaventoso: se ci sono responsabilità a qualsiasi livello mi auguro siano individuate”, ha aggiunto il penalista.

CHI SONO I DUE ITALIANI

FAUSTO PIANO 60 anni è di Capoterra, centro a circa 20 chilometri da Cagliari. L’uomo lavorava come meccanico per l’azienda Bonatti e spesso si recava in Africa. Molto noto e benvoluto nel suo paese natale dove tornava spesso per periodi di vacanza e dove vive il figlio che fa la stessa professione del padre. Per lui, alcuni giorni dopo il rapimento, a Capoterra, era stata organizzate una fiaccolata silenziosa per le vie del paese. “Un modo di stare vicini alla famiglia in queste ore di ansia”, aveva spiegato il sindaco Francesco Dessì. Oggi il tragico epilogo confermato dalla Farnesina che comunica di aver già informato i parenti di Fausto Piano

SALVATORE FAILLA 47 anni, orginario di Carlentini, in provincia di Siracusa. L’uomo era un saldatore specializzato. Padre di due figlie di 22 e 12 anni, prima di spostarsi in Libia aveva lavorato in Tunisia. La famiglia su indicazioni della Farnesina preferisce non rilasciare dichiarazioni. Tuttavia lo stesso Salvatore Failla, che da 3 anni si trovava in Libia per lavoro, rispondendo sul suo profilo Facebook ad un amico che gli chiedeva se non fosse impaurito a stare in Libia scriveva: “qualche scontro c’è stato, ma dopo 3 anni ci ho fatto il callo”. Sui motivi che lo spingevano a restare nel Paese africano l’uomo, padre di due ragazze di 22 e 12 anni scriveva: “Il lavoro me lo faccio piacere per forza, la famiglia bisogna pure camparla e mi dà modo di togliermi qualche sfizio“.

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