Arrivederci Damien, a Venezia si è conclusa una mostra epocale

7 dicembre 2017

La grande immersione nell’universo narrativo di Damiem Hirst si è conclusa: domenica 3 dicembre a Palazzo Grassi e Punta della Dogana a Venezia la mostra “Treasures from the Wreck of the Unbelievable” ha accolto gli ultimi visitatori, prima di essere definitivamente consacrata alla leggenda. Nell’arco di quasi otto mesi i due musei veneziani hanno avuto circa 360mila visite, di cui 17mila sono stati i veneziani che hanno approfittato delle 35 giornate di gratuità riservate loro. Ma più che i numeri, quello che resta è l’incredibile azzardo narrativo della mostra, vera eredità di questi mesi. La grandezza dell’artista era fuori discussione, così come la sua enorme potenza di fuoco sul mercato, ma quello che più è rilevante oggi, che la mostra è in qualche modo tornata su quel fondale marino dell’immaginario collettivo da cui un colpo di genio l’aveva fatta emergere, quasi come Atlantide, è l’idea stessa di esposizione che ha portato con sé, destinata a restare come paradigma per il futuro. La mostra Treasures, curata da Elena Geuna, ha cambiato anche l’immagine complessiva del lavoro di Hirst, troppo spesso frettolosamente liquidato considerando solo i prezzi delle sue opere, ma qui, accanto all’enorme domanda del mercato per le sue sculture, si è messo in campo molto altro, a partire da un diverso e nuovo modo di concepire perfino il ruolo del museo. L’arte contemporanea ha rotto gli argini, è diventata anche il suo contenitore, e ha travolto tutti noi spettatori, obbligandoci a scegliere a cosa credere. Come se lo squalo che per primo rese celebre l’artista inglese avesse finalmente rotto la teca che lo contiene, trovando il modo di nuotare libero nel mondo. Questo è Damien Hirst oggi, questo il Tesoro che ha dissepolto creando un passaggio tra le dimensioni di ciò che chiamiamo realtà e di ciò che chiamiamo fiction. La verità, come sempre, è là fuori.

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