Caso scontrini, gup: da Marino superficialità non reato. Ex sindaco, resta delitto politico

Caso scontrini, gup: da Marino superficialità non reato. Ex sindaco, resta delitto politico
9 gennaio 2017

“Errori ed imprecisioni” non penalmente rilevanti ma figlie di “un sistema organizzativo improntato, soprattutto nella prima fase, a imprecisione e superficialità”. E’ il quadro che il gup di Roma delinea nelle motivazioni della sentenza di assoluzione in riferimento alla vicenda degli scontrini per 56 cene che l’ex sindaco di Roma Ignazio Marino pagò con carta di credito dell’amministrazione. Un caso che travolse Marino, costretto alle dimissioni, poi assolto con formula piena nell’ottobre scorso al termine di un processo svolto con il rito abbreviato. Nei suoi confronti le accuse erano di peculato e falso. Nello stesso procedimento Marino fu assolto dall’accusa di truffa per la vicenda legata alla gestione della sua Onlus, Imagine.

L’ASSOLUZIONE “Le motivazioni della sentenza che mi assolve inequivocabilmente da ogni accusa fanno giustizia di ogni insinuazione sulla mia onestà e sulla mia onorabilità – commenta l’ex sindaco sul suo blog – Restano, incancellabili, le campagne denigratorie, le aggressioni mediatiche, e soprattutto il delitto politico che su quella campagna e su quella aggressione ha fatto leva per realizzarsi. Un delitto che ha avuto come vittima principale non la mia persona, ma Roma, il suo percorso di risanamento”. Nelle motivazioni della sentenza il gup Pierluigi Balestrieri sostiene come sia “evidente che eventuali errori, imprecisioni e/o discrasie afferenti alle dichiarazioni giustificative delle cene non sono suscettibili di rivestire alcuna rilevanza in questa sede penalistica, potendo tutt’al più costituire indice di un sistema organizzativo improntato a imprecisione e superficialità”.

Leggi anche:
Giovani Alfieri della Repubblica, 29 storie di solidarietà e altruismo

IL GIUDICE Per il giudice “non sembra cioè consentito desumere, da consimili dichiarazioni giustificative, l’evidenza di una spesa compiuta per fini non istituzionali”. Nelle oltre 40 pagine del provvedimento, il gup osserva che tutti i giustificativi delle “cene in questione avevano superato il vaglio dell’Ufficio del Cerimoniale, della Ragioneria Generale e, indirettamente, quello della Corte dei Conti, la quale non aveva svolto in proposito rilievi di sorta”. Per il giudice, Marino e’ da considerare “assolutamente estraneo” anche all’ipotesi di falso, sostenuta dalla Procura e questo perchè “l’intero procedimento di contabilizzazione delle spese di rappresentanza e’ stato gestito allo staff di Marino, senza che questi ne avesse specifica contezza”: fatto “penalmente irrilevante, anche se ‘amministrativamente’ non del tutto commendevole”.

Segui ilfogliettone.it su facebook
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a redazione@ilfogliettone.it


Commenti