Casse azzurre in rosso, Berlusconi chiede i soldi ai figli per Forza Italia. E Renzi al Pd non versa un euro

Casse azzurre in rosso, Berlusconi chiede i soldi ai figli per Forza Italia. E Renzi al Pd non versa un euro
19 maggio 2016

di Antonio Angeli

In tempo di antipolitica i partiti navigano in pessime acque, soprattutto economiche, e per rimpinguare le casse prossime allo svuotamento si fa la questua tra parenti, amici e semplici conoscenti. La svolta è arrivata due anni fa, con la legge 13/2014, quando il finanziamento pubblico diretto ai partiti è stato sostituito da forme indirette, attraverso la scelta volontaria del 2×1000 da parte dei cittadini e le detrazioni fiscali per le donazioni liberali. Così i bilanci dei gruppi parlamentari si stanno “evolvendo” e, nel giro di un anno, tra 2013 e 2014, è più che quintuplicato, ad esempio, il peso dei contributi da persone giuridiche, tra cui rientrano anche le aziende (dato OpenPolis). Un’analisi della situazione può essere fatta attraverso le “dichiarazioni congiunte” depositate alla Camera dei deputati, relative ai finanziamenti elargiti dai privati cittadini ai partiti, dalle quali emerge un notevole cambiamento rispetto al passato. Il Pd, attualmente, ad esempio, ricorre quasi esclusivamente ai finanziamenti dei propri eletti e anche dei suoi dirigenti. Ma con con una curiosità: tra i nomi dei “big” che hanno versato la loro quota al partito non figura Matteo Renzi, mentre ci sono i suoi due vice, Lorenzo Guerini (18.000 euro) e Debora Serracchiani (15.600 euro) e soprattutto tutti gli esponenti dell’opposizione interna, con in testa Pierluigi Bersani che, da “paperone” del Pd ha versato 20.300 euro. E c’è anche chi cambia formazione e “paga doppio”: l’unico (per il momento) ad aver finanziato due partiti diversi è Pippo Civati: prima ha versato la sua quota al Pd (6.000 euro) e dopo la sua uscita dai Dem ha dato 5.579 euro al partito che lui stesso ha fondato: Possibile.

Leggi anche:
Balneari, Ue: discutiamo con Italia, preferiamo accordi a deferimenti

Ma il vero recordman della politica è sempre lui, il Cav: gli impegni di Silvio Berlusconi in favore del suo partito sono titanici, con tre maxi-assegni per estinguere altrettante fidejussioni: il primo di 23.284.365,90 euro per un fido di Mps del 2001; il secondo di 10.382.032,81 euro per un fido del Banco Popolare di Sondrio risalente al 1998; un terzo pari a 10.249.413,72 euro per un fido del 2000 della Banca del Fucino, sede di Roma. In fuga, invece, i grandi imprenditori come Gavio, Arvedi o Riva, che nel passato avevano aiutato FI o il Pdl. Tra le imprese si registrano solo la Sant’Angelo, una società immobiliare di Roma (30.000 euro) e la Italgraf (23.000) sempre della Capitale. Il resto arriva tutto dagli eletti, con Paolo Romani che si dimostra il più prodigo (66.800 euro). Ma la fuga di imprese e privati dal sostegno economico ai partiti è generalizzato, così in soccorso di Forza Italia sono dovuti accorrere anche il fratello di Berlusconi, Paolo, nonché Fedele Confalonieri e Bruno Ermolli, con altri tre contributi di 100.000 euro a cui se ne è aggiunto uno della Fininvest, sede di Roma. I cinque figli dell’ex Cavaliere, Barbara, Eleonora, Luigi, Marina e PierSilvio, hanno fatto la parte dei leoni staccando ciascuno un assegno di 100.000 euro in favore delle Casse azzurre nel 2015.

Leggi anche:
Cina, da lunedì Xi Jinping per la prima volta in Europa da 5 anni
Segui ilfogliettone.it su facebook
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a redazione@ilfogliettone.it


Commenti