Come funziona, chi la finanzia e in cosa crede. Ecco cos’è l’Isis

Come funziona, chi la finanzia e in cosa crede. Ecco cos’è l’Isis
17 novembre 2015

Dabiq è la denominazione della rivista ufficiale dell’Isis, l’organizzazione jihadista che ha fondato lo Stato islamico in Iraq e Siria (da cui l’acronimo). Il nome viene da una città, un piccolo centro agricolo siriano vicino ad Aleppo che, di per sé, non sembra avere alcuna importanza strategica, ma ne ha una simbolica fondamentale: secondo una lettura profetica sunnita dai toni apocalittici, in cui i membri dell’organizzazione credono, è lì che l’esercito islamico guidato dal 12mo Califfo s’incontrerà contro le armate di Roma, cioè i crociati. L’importanza simbolica del possedere questa località, centrale nella dottrina messianica di quello che nel mondo arabo è conosciuto come Daesh, mette in luce il nesso indissolubile che lo Stato islamico vede tra la dottrina e il territorio. Nesso che, in realtà, non esisteva nei vertici di al Qaida e che rappresenta una delle principali differenze dottrinarie tra l’organizzazione che fu di Osama Bin Laden e ora è di Ayman al Zawahiri e quella di al Baghdadi. La prima deterritorializzata e retificata, la seconda con una precisa collocazione spaziale, una struttura piramidale, una visione messianica e apocalittica. Di seguito, i principali assetti e meccanismi che regolano le attività dell’Isis oggi: territorio, propaganda, come è organizzato lo “Stato” jihadista, come si finanzia.

TERRITORIO Il Califfato islamico si estende da Est di Aleppo, in Siria, fino a una fetta – variabile – dell’Iraq nordoccidentale. E’ un territorio che cambia, a seconda delle avanzate delle forze regolari siriane, degli altri gruppi ribelli in Siria, delle forze curde in Siria e in Iraq, delle forze regolari irachene. L’estensione geografica equivale a circa metà della Siria e poco più di un terzo dell’Iraq. L’Isis non riconosce gli accordi “Sykes-Picot” con i quali nel 1916 la Gran Bretagna e la Francia si divisero le sfere d’influenza in Medio Oriente dopo la sconfitta dell’Impero ottomano – l’ultimo Califfato – con l’Iraq ad amministrazione britannica e la Siria sotto il controllo della Francia. Così lo Stato islamico ha abbattuto le frontiere siriano irachene, dando al suo territorio una continuità. La capitale scelta è Raqqa, conosciuta ai tempi di Roma come Nicephorium, che aveva prima della conquista qualcosa come 200mila abitanti. Difficile avere un dato preciso della popolazione. Basandosi sulle stime “pre-conquista”, si arriva a un dato anche di 11 milioni di abitanti totali per l’intero Stato islamico.

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INTERNET E PROPAGANDA Internet è uno dei campi di battaglia fondamentali del Califfato salafita che, alle pratiche medioevali delle teste mozzate, affianca un sapiente uso della comunicazione con tanto di rivista ufficiale, radio e persino il progetto di una televisione. I social media sono il principale veicolo d’informazione dello Stato: basta guardare i profili Facebook, Instagram e Twitter dei combattenti della jihad per comprenderne l’efficacia. Ma i social più usati per il reclutamento sono Kick e Ask.fm, applicazioni che consentono di scambiarsi messaggi in forma anonima. Per le comunicazioni vocali invece vengono preferiti Skype e Viber. L’inchiesta sugli attacchi di Parigi della scorsa settimana ha evidenziato anche l’utilizzo degli strumenti di comunicazioni delle consolle per giochi, in particolare la Playstation PS4. Un altro strumento di questa strategia è un’app araba per Twitter, denominata Dawn, utilizzabile sul web o sui dispositivi mobili che impiegano il sistema operativo Android. L’app posta i tweet di Isis sull’account degli utenti e rilancia proclami e video propagandistici. Poi c’è la rivista “Dabiq” in Pdf, molto curata nell’aspetto e nella grafica, destinata probabilmente alla stampa per raggiungere anche chi non è connesso. Il primo numero della quale è uscito in rete con il titolo “The Return of Khilafah” (Il ritorno del Califfato).

ORGANIZZAZIONE DELLO STATO A guidare lo Stato islamico, con poteri assoluti, è Abu Omar al Baghdadi, il califfo, affiancato da due vice: Abu Ali al Anbari e Abu Muslim al Turkmani, entrambi di derivazione irachena a segnare un filo rosso con l’origine dell’Isis che ha una continuità con l’esperienza di Abu Musab al Zarqawi, leader di Al Qaida in Iraq ucciso dagli statunitensi nel 2006. Al Turkmani è morto la scorsa estate. Da questo vertice dipendono direttamente i governatori delle province e un vero e proprio ministero della guerra, che è a capo ormai non più di una banda di guerriglieri, ma da forze militari, rimpolpate da un continuo flusso di “foreign fighters”, jihadisti provenienti da tutto il mondo. Impossibile una stima precisa di quanti uomini siano effettivamente a disposizione, Le stime vanno da poche migliaia a 200mila. Altre propaggini all’esterno del territorio proprio dell’Isis sono presenti in Libia e in altri territori. Recentemente un rapporto ha segnalato la presenza di 3mila jihadisti dell’Isis in Afghanistan, in rapporti burrascosi con gli stessi talebani.

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GIUSTIZIA In tutte le città controllate dall’Isis, esiste un tribunale della Sharia, la legge islamica. La “giustizia” del Califfato è differenziata secondo i “reati”: lapidazione per “adultere” e prostitute, omosessuali gettati giù da una torre, crocifissione fucilazione per i ladri, fustigazioni per i fumatori di sigarette o di tabacco con il narghilè. Tutte le pene sono comminate nelle piazze pubbliche. Le esecuzioni avvengono spesso alla presenza del giudice che legge la sua sentenza attraverso un altoparlante. La polizia si chiama “al Husbh” e ha pattuglie anche femminili: vestiti in nero girano in auto con la scritta “Polizia islamica dello Stato Islamico”. Hanno il compito di “far rispettare la Sharia, mantenere l’ordine e arrestare i colpevoli e i corrotti”, compresi i dissidenti. Attivo anche un servizio di intelligence.

ECONOMIA Il presidente russo Vladimir Putin ha detto che all’Isis arriva denaro da 40 Paesi, alcuni anche appartenenti al G20. I jihadisti, in effetti, sembrano poter contare su risorse notevoli: ingenti somme sono comunque ricavate dalle vendite del petrolio dei giacimenti di greggio sotto il loro controllo; la razzia e la vendita di antichità; la valuta delle filiali della banca centrale irachena nelle città capoluogo espugnate come a Mosul e Tikrit e le tasse imposte alle popolazioni sottomesse, comprese quelle di religione cristiana. L’Isis ha anche la sua legge finanziaria. Stando alle cifre fornite Abu Saad Al Ansari, un religioso di Mosul al quotidiano del Qatar Al Arabi, l’organizzazione prevede per il 2015 entrate per oltre due miliardi di dollari, con un avanzo netto di circa 250 milioni di dollari, destinato a sostenere lo sforzo bellico. La prima banca del Califfato ha aperto i battenti a Mosul col nome di “Islamic Bank”.

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