Consulta detta tempi a Camere, un anno per la legge sulla eutanasia

Consulta detta tempi a Camere, un anno per la legge sulla eutanasia
24 ottobre 2018

Un anno di tempo per colmare il “vuoto di tutela costituzionale” in materia di suicidio assistito. E’ quello che i giudici della Consulta hanno lasciato al Parlamento per mettere a punto “una adeguata disciplina normativa”, rinviando al 24 settembre 2019 la propria decisione sulla questione di legittimita’ sull’articolo 580 del codice penale che punisce l’aiuto al suicidio. Una decisione che non ha precedenti a Palazzo della Consulta, poiche’ la Corte non si e’ limitata a un semplice monito al legislatore: il processo che vede imputato a Milano l’esponente radicale Marco Cappato per la morte di Dj Fabo resta sospeso, in attesa di sviluppi da parte delle Camere, e comunque fino alla trattazione del caso da parte della Consulta.

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“L’attuale assetto normativo concernente il fine vita lascia prive di adeguata tutela determinate situazioni costituzionalmente meritevoli di protezione e da bilanciare con altri beni costituzionalmente rilevanti”, rilevano i ‘giudici delle leggi’, dopo una lunga camera di consiglio che ha occupato tutta la loro giornata. Di “decisione storica” parla l’avvocato Filomena Gallo, difensore di Marco Cappato davanti alla Consulta e segretario dell’Associazione Luca Coscioni, secondo la quale oggi “la Costituzione ha trionfato sulle istanze paternalistiche del codice penale fascista e sulla grave inerzia del legislatore, che nonostante le varie sollecitazioni, non si e’ mai determinato a regolare la materia del suicidio medicalmente assistito”.

La norma sottoposta all’esame della Consulta, a cui la Corte d’assise di Milano decise di trasmettere gli atti nello scorso febbraio, e’ stata introdotta con il codice Rocco del 1930: l’articolo 580 del codice penale, intitolato ‘istigazione o aiuto al suicidio’, punisce tali condotte con una pena compresa tra i 5 e i 12 anni di reclusione. I dubbi sollevati dai giudici milanesi nell’ambito del processo a Cappato, riguardano la parte in cui, secondo il “diritto vivente”, l’articolo 580 incrimina le condotte di aiuto al suicidio in alternativa a quelle di istigazione e, quindi, a prescindere dal loro contributo alla determinazione o al rafforzamento del proposito di suicidio.

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Tale interpretazione violerebbe, secondo la Corte d’assise di Milano, alcuni punti della Costituzione (gli articoli 2, 13, primo comma, e 117, in relazione agli articoli 2 e 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo), in forza dei quali il diritto a porre fine alla propria esistenza costituirebbe una liberta’ della persona, facendo ritenere quindi “non lesiva di tale bene” la “condotta di partecipazione al suicidio che pero’ non pregiudichi la decisione di chi eserciti questa liberta’”.

“La Corte costituzionale sembra confermare appieno le valutazioni con cui la Procura di Milano aveva sottolineato come l’attuale normativa non consentisse un adeguato bilanciamento degli interessi costituzionalmente protetti”. E’ il commento del procuratore aggiunto milanese Tiziana Siciliano che ha trattato proprio la vicenda legata alla morte di Dj Fabo, insieme alla collega Sara Arduini.

E Fabiano Antoniani – Dj Fabo – irreversibilmente cieco e tetraplegico dopo un tragico incidente stradale, aveva deciso di andare a morire in Svizzera, come poi e’ accaduto il 27 febbraio 2017, in una clinica nei pressi di Zurigo dove Cappato aveva acconsentito ad accompagnarlo. L’esponente radicale, dopo la morte di Fabo, si era immediatamente autodenunciato. Alla Consulta, invece, l’Avvocatura generale dello Stato, per conto dell’Esecutivo Gentiloni prima, e poi in rappresentanza dell’attuale governo, chiedeva di dichiarare inammissibile o infondata la questione di legittimita’, ritenendo “necessario lasciare spazio al legislatore – ha detto ieri in udienza il vice avvocato generale Gabriella Palmieri – che deve trovare il giusto punto di equilibrio di tutti i diritti in gioco”, sostenendo che la norma in questione permette al giudice di valutare “caso per caso”, e che la stessa Corte d’assise di Milano “avrebbe potuto dare un’interpretazione costituzionalmente orientata”.

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La Corte costituzionale “ha riconosciuto le nostre ragioni e da’ un anno di tempo al Parlamento per fare cio’ che chiedevamo da 5 anni – ha dichiarato Cappato – e’ un risultato straordinario, arrivato grazie al coraggio di Fabiano Antoniani e alla fiducia che Carmen e Valeria mi hanno dato per la mia azione di disobbedienza civile. Ora – ha aggiunto – il Parlamento ha la strada spianata per affrontare finalmente il tema, e per discutere la nostra proposta di legge di iniziativa popolare per l’eutanasia legale, come sta accadendo nel Parlamento spagnolo”.

Per il professore Vittorio Manes, legale di Marco Cappato, si tratta di una “decisione importante, che non va fraintesa come la decisione di una corte che non sa o non vuole decidere. A quanto consta e’ la prima volta che la Corte costituzionale non rivolge un semplice monito, ma mette in mora il parlamento, evidenziando le ferite costituzionali che l’attuale assetto legislativo presenta”. In sostanza, “sembra evocare una sentenza di incostituzionalità accertata ma non dichiarata, sul modello tedesco. Una doppia lezione, di civiltà e democrazia: di civiltà, perché si evidenzia il contrasto con la carta fondamentale rispetto a situazioni – come quella di Cappato/Dj Fabo – che fanno emergere aspettative di tutela legittime, ed urgenti; e di democrazia, perché si rimette la decisione al parlamento, nella giusta sede del confronto democratico, ma con avviso di scadenza”, ha concluso Manes.

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