Coronavirus, i vaccini per gli italiani da sei aziende farmaceutiche

Coronavirus, i vaccini per gli italiani da sei aziende farmaceutiche
6 dicembre 2020

Alla fine del prossimo gennaio, 1,7 milioni di italiani avranno avuto la buona dose di vaccino anti-Covid-19. Almeno così più volte il Conte 2 ha dichiarato, sottolineando che inizierà la somministrazione dal personale sanitario e anziani. Vedremo. Tuttavia, il governo ha già individuato il centro di stoccaggio del farmaco. Come magazzino nazionale per conservare i vaccini e come punto di partenza per la loro distribuzione è stato scelto l’aeroporto della Difesa a Pratica di Mare, una frazione del Comune di Pomezia. Roberto Speranza, frattanto, non si stanca di rimarcare che “quando l’Ema arriverà a dire che il vaccino è sicuro possiamo starne certi”. Il farmaco sarà gratuito per tutti e nella distribuzione, che sarà “centralizzata”, saranno coinvolte anche le forze armate. Il governo ha già in essere questi contratti per l’approvvigionamento del vaccino: con Astrazeneca: 40,38 milioni di dosi: con Johnson & Johnson 26,92, con Sanofi 40,38, con Pfizer/Biontech 26,92, con Curevac 30,28 e con Moderna: 10,77 sempre milioni di dosi. Per raggiungere l’immunità di gregge, serve una copertura tra il 70 e l’85 per cento dell’intera popolazione, bambini inclusi, con due dosi di vaccino a testa. Solo in Italia parliamo di 40-45 milioni di persone. Una sfida complessa per la quale neanche l’Organizzazione mondiale della sanità è ottimista.

“I vaccini non sono una bacchetta magica” per la crisi del coronavirus, puntella il direttore delle emergenze dell’Oms, Michael Ryan. Come dire, “i vaccini non sono uguali a zero Covid”. La Russia, intanto, ieri ha dato inizio alla vaccinazione. Primo paese al mondo, quello guidato da Wladimir Putin a somministrare il farmaco “battezzato” Sputnik V e ritenuto efficace al 95%. Martedì sarà la volta della Gran Bretagna, che somministrerà le prime dosi del vaccino Pfizer/BioNTech e Londra conta di averne a disposizione 800mila sin da subito su un totale di 40 milioni di dosi ordinate. Ma l’agenzia britannica per il farmaco, ha dato il via libera all’azienda statunitense solo per la somministrazione e non per la commercializzazione. Cosa che ha scatenato una serie di perplessità. Un fatto è certo: la produzione in tempi rapidi di un vaccino efficace contro il Coronavirus è la sfida del secolo che sta impegnando in uno sforzo comune e senza precedenti ricercatori di tutto il mondo. Ma a che punto siamo? I vaccini allo studio sono circa duecento. Di questi, oltre la metà sono ancora in fase preclinica, ovvero test in vitro e su animali; altri sessanta circa sono arrivati alla fase clinica, quindi con sperimentazione sui volontari. A sua volta, di questi sessanta, ben undici vaccini sono alla cosiddetta fase 3, l’ultima prima dell’approvazione del farmaco. E, tra questi, in pole position ce ne sono sei.

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A partire da Pfizer e BioNtech, che hanno sviluppato un vaccino a mRna, disponibile a gennaio. La statunitense Pzifer ha annunciato che il suo vaccino è efficace al 95%. Ma uno degli scogli da superare è la sua conservazione che dovrà avvenire a temperature molto basse, – 70/80 gradi Celsius. Non rompere la catena del freddo è vitale ma allo stesso tempo complicato. Pfizer ha detto che fornirà dei piccoli box refrigerati con ghiaccio secco con all’interno 4.785 dosi che vanno aperti il meno possibile. Soluzione che di certo non risolve il problema. Il vaccino della multinazionale americana e del laboratorio tedesco, dovrà essere somministrato in due dosi (come tutti gli altri vaccini anti-Covid-19) a distanza di venti giorni e costerà circa 16 euro a dose. La Food and Drug Administration ha annunciato di avere programmato per il prossimo 10 dicembre una riunione del suo Comitato consultivo per discutere la richiesta di autorizzazione all’uso di emergenza del vaccino della Pfizer. E sarebbe la prima richiesta ad arrivare sul tavolo dell’ente governativo statunitense. E ciò, mentre il mondo inizia a porsi il problema della logistica per far viaggiare il farmaco. In pole, anche Astrazeneca, l’azienda anglosvedese che collabora con l’Università di Ofxord affiancata dal centro di ricerca IRBM di Pomezia, che sarà pronta a gennaio con un vaccino basato sull’adenovirus.

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Con l’Unione europea, l’azienda anglosvedese ha firmato un accordo per 400 milioni di dosi. In merito ai prezzi, quello di Astrazeneca sarebbe il più economico, circa 3 euro a dose. E con un grande vantaggio sul fronte della logistica. Infatti, la conservazione di questo vaccino – che ha mostrato una forte risposta immunitaria negli adulti tra i 60 e i 70 anni – è prevista a temperatura da normale frigo (2-8 gradi). Poi c’è la Johnson & Johnson che dopo la battuta di arresto di ottobre, per una malattia di uno dei volontari e di cui non si è trovata la causa, ha ripreso le sperimentazioni oltre ad aver annunciato l’avvio di un nuovo trial clinico su un vaccino. In lista c’è pure l’azienda farmaceutica francese Sanofi che comincerà la fase 3 a dicembre, prevedendo la commercializzazione del vaccino all’inizio del terzo trimestre del 2021. Le prime dosi saranno prodotte nel loro stabilimento italiano di Anagni. Pronta a partire anche la Curevac, azienda europea, finanziata dall’Unione per la ricerca al vaccino, e alla quale Bruxelles ha prenotato 405 milioni di dosi.

In uno stato più che avanzato, inoltre, si trova il vaccino della Moderna, azienda biotech Usa che è stata finanziata con quasi 1 miliardo di dollari dal governo statunitense. Il suo vaccino, basato sempre su codice genetico, mRNA, ha pure il 95% circa di efficacia ed è tra i più cari, circa 20 euro a dose. Ma di contro ha una durata di conservazione più lunga. In particolare, si prevede che il vaccino Moderna rimanga stabile a temperature standard di refrigerazione tra 2 e 8 gradi centigradi 30 giorni. “Condizioni di trasporto e conservazione a lungo termine a temperature standard del congelatore di -20 gradi per 6 mesi; mRna-1273 è distribuibile utilizzando l`infrastruttura di somministrazione e stoccaggio del vaccino ampiamente disponibile; non è richiesta alcuna diluizione prima della vaccinazione”, fa sapere la casa farmaceutica. E mentre si è in piena corsa al vaccino in tutto il mondo, tra ricerca e business, continuano ad aumentare gli interrogativi a cui le stesse case farmaceutiche finora non hanno dato alcuna risposta. Quanto dura l’immunità di un vaccino? Il vaccino protegge anche da eventuali complicanze del Covid-19? I soggetti vaccinati possono diventare portatori sani? Attendiamo risposte.

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