Coronavirus, l’allarme degli infettivologi: si rischia lockdown degli ospedali

Coronavirus, l’allarme degli infettivologi: si rischia lockdown degli ospedali
11 novembre 2020

L’epidemia da Sars-Cov-2 continua a correre e mentre si discute ancora di zone rosse, arancioni o gialle, dagli infettivologi arriva un allarme chiaro: ‘Se non si interviene in maniera efficace e in maniera definitiva si rischia il lockdown degli ospedali’. Massimo Andreoni, professore ordinario di malattie infettive della facoltà di medicina e chirurgia università degli studi di Roma Tor Vergata e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) è intervenuto alla XV Edizione del Forum Meridiano Sanità, che si tiene quest’anno in versione digitale, e ha riportato un quadro ‘preoccupante’, sottolineando che ‘la pressione sugli ospedali è insostenibile’: nei pronto soccorso italiani arrivano in continuazione pazienti che ‘sono realmente in condizioni critiche’ e ‘non è vero che arrivano pazienti fobici’, mentre nei reparti il turn over dei pazienti non sta al passo. Un esempio? Ieri nei pronto soccorso del Lazio c’erano 550 persone, ‘pazienti nella stragrande maggioranza dei casi estremamente gravi’. E’ una situazione che preoccupa e non poco perché – ha ricordato Andreoni – per vedere l’effetto delle misure già prese, comunque parziali, visto che non è il lockdown totale di marzo, si dovrà aspettare 2-4 settimane: gli ospedali ‘difficilmente potranno continuare a reggere’.

‘La prevenzione delle pandemie – ha sottolineato il professor Andreoni nel suo intervento al Forum Meridiano Sanità – deve essere una prevenzione che precede l`evento, non che segue l`evento, e questa è una critica al sistema che oggi usiamo, discutiamo di come frenare la malattia piuttosto che bloccarla, discutiamo di quali sono gli interventi da fare in funzione di come l`epidemia si sta già evolvendo. E’ un sistema che spesso è fallace’. ‘Questo momento – ha proseguito – è estremamente critico. Chi come me da mesi vive in trincea sa che ora la situazione degli ospedali è di enorme difficoltà: difficilmente potranno continuare a reggere un impatto di questo genere. Quindi sentir dire che forse si sta raggiungendo il plateau in una condizione che comunque è epidemica, che comunque cioè sta favorendo il diffondersi dell`epidemia, crea una preoccupazione immensa’. ‘E qui – ha chiarito il professor Andreoni – non parlo del Policlinico di Tor Vergata, ma parlo come direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive. Abbiamo una chat dove giornalmente noi infettivologi, coinvolti in questa pandemia, ci confrontiamo e registriamo quelli che sono i dati che stiamo vivendo e posso dire che nella stragrande maggioranza degli ospedali italiani continuare a pensare di resistere per le prossime 3-4 settimane in una condizione pandemica come questa lascia delle fortissime preoccupazioni e dubbi’. E ‘se non si interviene in maniera efficace e in maniera definitiva questo potrebbe mettere in lockdown gli ospedali piuttosto che mettere in lockdown città, regioni, o macroregioni’.

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Il direttore scientifico della Simit ha infatti ricordato che ‘una delle poche cose che abbiamo compreso di questa epidemia, è che gli effetti di un intervento si vedono a distanza di 2-4 settimane’. Un tempo lungo di attesa, che abbiamo già vissuto. A marzo-aprile quando tutta l’Italia era in lockdown ogni giorno la domanda che gli esperti si sentivano rivolgere era la stessa: ‘Ma perché se siamo tutti a casa si continua a vedere lo stesso numero di casi?’. ‘C’è voluto tanto tempo – ha ricordato il professore di Tor Vergata – per vedere una flessione dei dati. Questi sono i tempi e questa è la mia preoccupazione: gli effetti parziali messi in atto adesso determineranno una lenta deflessione nel numero dei casi, che comunque impiegherà 3-4 settimane per essere più o meno sostanziale, e non sarà totale perché non c’è un lockdown totale, ma questo livello per un ospedale è insostenibile, sarà una cosa insostenibile per gli ospedali’. Andreoni a Tor Vergata ha avviato una sperimentazione per monitorare i pazienti Covid a distanza e favorire quindi lo svuotamento dei pronto soccorso e il turn over nei reparti. L’obiettivo è seguire infatti quei pazienti rimandati a casa ‘perché in condizioni che riteniamo possano essere tali da poter mantenere il controllo a casa, ma sempre con quel minimo di dubbio nei confronti di una malattia che è molto complicata proprio per il modo repentino di mutare che ha alcune volte, quindi non è facilissimo prevedere l’evoluzione della malattia, in cui il precipitare degli eventi può essere alcune volte effettivamente drammatico’; e ‘dall’altra parte riuscire a dimettere più rapidamente i pazienti ricoverati in ospedale’. Per fare questo serviva un monitoraggio a distanza di alcuni parametri vitali. ‘Ormai – ha detto Andreoni – siamo abituati a seguire i nostri pazienti con il famoso saturimetro, diventato presente in quasi tutte le case; quella del saturimetro è una valutazione estremamente utile, ma non sufficiente per avere garanzie sull’evoluzione della malattia’.

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Così è partita la sperimentazione con HumetryMed, nuova tecnologia di Formula Center Italia, che ha sviluppato una metodologia di valutazione dei parametri a distanza per i piloti nelle gare sportive automobilistiche, ed è nato ‘un dispositivo, che nel giro di queste ultime settimane è stato sempre più semplificato, è ormai un piccolo apparecchio che si mette alla cintura, facilmente applicabile, che dà tutta una serie di parametri, dalla saturazione dell’ossigeno nel sangue alla pressione, all’elettrocardiogramma’. Sono 8 i parametri che vengono valutati per un monitoraggio a distanza, ma in sicurezza, dei pazienti Covid, che al momento il policlinico Tor Vergata sta sperimentando essenzialmente per i pazienti che vengono dimessi. Perché ‘c’è un enorme pressione sugli ospedali. Ad esempio ieri nel Lazio c’erano 550 pazienti nei pronto soccorsi laziali e – ha sottolineato Andreoni – non è vero che la maggior parte di questi pazienti non sono pazienti critici, non è vero che sono pazienti che possono tranquillamente andare a casa perché fobici nei confronti di una malattia che non hanno. Invece, sono pazienti che nella stragrande maggioranza dei casi sono estremamente gravi. In questo momento al pronto soccorso di Tor Vergata ci sono 50 pazienti e 10 di questi pazienti in pronto soccorso sono sotto il casco per l’ossigeno, mentre altri 8 sono in sala rossa.
Sono pazienti oggettivamente complicati e c’è una grande esigenza di avere un turn over nei reparti molto rapido, poter mandare a casa i pazienti per poter portare nei reparti i pazienti che sono in pronto soccorso’.

Così è partita la sperimentazione, per i pazienti dimessi – che ‘in altre occasioni avremmo ancora mantenuto in ospedale per 3-4 giorni sotto osservazione’ – e ‘li monitoriamo in remoto 24 ore al giorno, registrando i dati in modo tale da poter intervenire e richiamare eventualmente il paziente’. Nato per far fronte all’emergenza Covid, per Andreoni questo sistema di monitoraggio a distanza sarà utile anche in futuro per altre malattie, ‘è una modalità che potrà essere particolarmente utile in tante condizioni della patologia umana’. Il professore concludendo il suo intervento al Forum Meridiano Sanità ha aggiunto una riflessione ‘riguardante l’esperienza maturata durante questi mesi di faticosa esperienza con questa malattia’. ‘Quando si parla di prevenzione di malattie infettive gli argomenti che vengono trattati sono tre: vaccinazione, farmaci e comportamenti’, ha spiegato Andreoni, ricordando che in questi giorni l’annuncio del vaccino per la Covid-19 di Pfizer ha generato entusiasmi. E in effetti i dati sull’efficacia al 90% ‘sarebbero entusiastici perché un 90% di efficacia nella prevenzione non è certamente abituale quando si parla di vaccini, ed è un dato che sarebbe molto valido’; ma qui bisogna fare attenzione perché ‘ogni volta che parliamo di vaccinazione diamo sempre grandi speranze e poi ogni volta l’asticella viene spostata, leggermente più in là’.

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Il vaccino si inizia a settembre, poi forse a ottobre, novembre, dicembre, gennaio… Poi c’è il problema del numero delle dosi da comprare, come distribuirle, poi il problema della conservazione delle fiale, ‘ogni volta c’è un problema, anche se certamente la vaccinazione è una grande speranza’. Simile discorso al momento per i farmaci, la prevenzione attraverso i farmaci nelle malattie infettive funziona, ma adesso per la Covid-19 ci sono solo sperimentazioni e non certezze. Così ‘al momento rimane la terza modalità di prevenzione, che nelle malattie infettive funziona sempre molto bene e anche per il Covid funzionerebbe molto bene, che è quella dei comportamenti umani’, perché ‘in realtà siamo oggi potenzialmente in grado di controllare perfettamente questa malattia se noi teniamo comportamenti corretti’. Comportamenti che tutti conoscono e che già hanno funzionato: distanziamento, mascherina a coprire naso e bocca, igiene delle mani e delle superfici. Di fronte c’è il rischio del ‘lockdown degli ospedali’: significa letteralmente ospedale chiuso, bloccato, isolato, per chiunque e per qualunque malattia.

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