Coronavirus, Spagna supera i 100mila contagi. E ora si attende il picco

1 aprile 2020

Secondo giorno consecutivo di record di decessi e contagi oltre quota 100.000, unità intensive al limite in diverse regioni, ma cauto ottimismo sul “picco” di contagi dietro l’angolo – e di quanto deciderà l’Unione Europea in materia di finanziamenti per il day after dell’epidemia: la Spagna, come altri Paesi europei, vive in attesa di buone notizie sanitarie ed economiche, ma incalzata da dati più preoccupanti che altrove. A complicare la situazione di Madrid – come rimarca peraltro la stessa stampa spagnola – è il fatto che la Spagna rimane di gran lunga la più colpita dopo l’Italia, e probabilmente destinata a superarla in numeri assoluti se il “ritardo” nella curva rimarrà tale: un ritardo che forse poteva essere ridotto – ma non è solo il caso spagnolo – una volta visto che cosa stava accadendo in Italia.

Se infatti Roma, alle prese con una situazione inedita, ha scelto la strada del lockdown quando ha ritenuto che fosse socialmente e politicamente accettabile (seppure sempre tardi, tecnicamente) ovvero quando la popolazione è stata consapevole della gravità del problema, proprio per l’esempio italiano la Spagna ed altri avrebbero potuto “anticipare” di parecchi giorni, con la ragionevole speranza che i cittadini – con un occhio ai giornali e telegiornali zeppi del “dramma italiano” – avrebbero capito. Il governo di Pedro Sanchez invece ha seguito di fatto lo stesso timing italiano, come se la Spagna fosse il primo Paese a dover gestire la crisi, e questo nonostante alcune comunità autonome come la Catalogna o Murcia avessero chiesto da giorni e settimane un confinamento totale e rigoroso.

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Ciò ha portato al collasso delle terapie intensive nelle due principali regioni, Madrid e la Catalogna, dove in alcune zone i nuovi pazienti che ne avranno bisogno dovranno per forza essere trasferiti altrove: l’aumento dei decessi è anche dovuto alla pressione sul sistema sanitario – peraltro del tutto prevedibile. I numeri: il Paese nel suo complesso oggi ha superato la soglia dei centomila contagi e delle novemila vittime; il numero di casi attivi nelle ultime 24 ore (ovvero, i nuovi contagi meno le cifre dei guariti e dei morti, un dato equivalente all’accelerazione dell curva) è di circa 3.500, più o meno il livello medio della scorsa settimana in Italia (che nelle ultime 48 ore ha fatto registrare una media sotto i duemila) anche se il governo sottolinea che c’è già un rallentamento in corso.

La comunità autonoma di Madrid, il principale ed inziale focolaio dei contagi, ha fatto registrare 262 morti (per un totale di 3.865) senza però un aumento dei ricoverati in terapia intensiva. Se quindi il peggio nella capitale sembra passato (quanto meno, potrebbe aver raggiunto il picco locale dei contagi, come la Catalogna) aumentano invece i casi in altre regioni come l’Andalusia: nelle ultime 24 ore i contagi sono stati 574 (6.392 in totale) e i decessi 60, il doppio rispetto al dato degli utlimi due giorni, segno che per arrivare al “plateau” complessivo – che secondo il Ministero della Sanità è dietro l’angolo – occorrerà ancora attendere qualche giorno. A parziale discolpa del governo di Sanchez si può addurre l’alibi di tutti gli esecutivi europei alle prese con una crescita economica non certo fiorente: cercare di non fermare la produzione senza incentivare la diffusione del virus, un equilibrio alla fine difficile da gestire e forse impossibile da raggiungere.

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Per questo anche Madrid, pur avendo dettagliato una serie di misure per il sostegno ai lavoratori dipendenti e autonomi – senza tuttavia specificare troppo da dove arriveranno le necessarie risorse – guarda in ultima analisi a Bruxelles, nella speranza condivisa anche da molti altri Paesi che l’Unione Europea si liberi dell’incorsettatura dell’austerity di scuola settentrionale e dia una risposta eccezionale e collettiva a una situazione altrettanto eccezionale e collettiva. In caso contrario Sanchez e il suo governo – che fra l’altro deve ancora approvare la legge di bilancio, rimasta in sospeso per il coronavirus – si troveranno in serie difficoltà, tanto più che per un esecutivo di centrosinistra (più per Podemos che per il Psoe, che deve tenersi ben stretto il voto moderato) giustificare la pioggia di licenziamenti già in corso o un aumento delle tasse sarebbe difficile.

Madrid aspetta dunque due buone notizie: una discesa dei contagi che avvicini la ripresa della normalità sociale e soprattutto economica, e una soluzione europea che garantisca un dopo-crisi senza troppi soprassalti. Insomma, un ritorno alla normalità politica – anche se la normalità politica degli ultimi anni parla di un Paese reso quasi ingovernabile dall’esaurimento del modello bipolare e alle prese con una crisi catalana ben più persistente e che richiederà prima o poi una risposta. Nulla sarà più come prima, recita il mantra di questi giorni: magari in Spagna la situazione non cambierà poi molto, ma grazie alla narrativa della “ricostruzione nazionale” i problemi potranno forse essere rimandati alla prossima legislatura – dopo tutto il predecessore di Sanchez, il conservatore Mariano Rajoy, è rimasto otto anni alla Moncloa non governando. E senza virus. askanews

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