Delitto Regeni, dal Cairo schiaffo a Roma: “Niente processo, è immotivato”

31 dicembre 2020

La procura egiziana ha annunciato oggi che non ci sono ragioni per avviare un procedimento penale per il sequestro, la tortura e l’omicidio del ricercatore italiano Giulio Regeni, perchè “il responsabile è sconosciuto”. E’ quanto si legge sulla pagina Facebook della procura, che ha incaricato gli inquirenti di “proseguire nelle indagini”. La procura ha anche respinto le accuse mosse contro quattro funzionari e un poliziotto della Sicurezza nazionale, si precisa nel comunicato. Nelle 11 pagine di comunicato pubblicato sulla propria pagina Facebook, la procura ricorda che le indagini della procura sono iniziate il 3 febbraio 2016, quando venne scoperto il cadavere di Regeni, e sono andate avanti per quasi cinque anni, approfondendo “tutti i particolari”, dalle frequentazioni di Regeni alle sue ricerche sui movimenti sindacali, ai suoi “viaggi in Italia, Turchia e Israele”.

“Sono stati ascoltati circa 120 testimoni e la procura ha chiesto alle agenzie di sicurezza di indagare”, ha sottolineato la procura. Da queste indagini è emerso che “la vittima era presente in luoghi dove si radunavano sindacalisti, liberi professionisti, venditori ambulanti e membri di diverse forze politiche, dove veniva criticato il comportamento di alcuni gruppi politici nel paese” ed è stato “appurato che la vittima aveva discusso del sistema di potere egiziano con i venditori ambulanti, affermando che potevano cambiare la situazione come avvenuto in altri paesi”. Un comportamento che “era un motivo sufficiente perchè gli apparati di sicurezza indagassero su di lui, senza ledere la sua libertà e privacy, ma solo sulla natura della sua attività”, si sottolinea nella nota, aggiungendo che le indagini “avevano concluso che i suoi comportamenti non costituivano reati contro l’ordine pubblico, perciò erano state chiuse e non erano stati presi provvedimenti nei suoi confronti”.

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“La Farnesina ritiene che quanto affermato dalla Procura Generale egiziana relativamente al tragico omicidio di Giulio Regeni sia inaccettabile”: così in una nota del ministero degli Esteri. “La Farnesina, nel ribadire di avere piena fiducia nell`operato della magistratura italiana, continuerà ad agire in tutte le sedi, inclusa l`Unione europea, affinché la verità sul barbaro omicidio di Giulio Regeni possa finalmente emergere. La Farnesina auspica che la Procura Generale egiziana condivida questa esigenza di verità e fornisca la necessaria collaborazione alla Procura della Repubblica di Roma”, conclude la nota. Riguardo alla collaborazione con le autorità italiane, la procura afferma di aver inviato “cinque richieste di collaborazione, alcune delle quali non hanno ricevuto risposta, come quella di inviare il computer portatile di Regeni e le dichiarazioni dei testimoni interrogati dalle autorità italiane”.

Da parte sua, prosegue, “la procura egiziana ha risposto a gran parte delle quattro richieste” arrivate dalle autorità italiane, non rispondendo solo ad “alcune domande”, quali il traffico telefonico in cinque stazioni della metropolitana nel periodo antecedente la scomparsa di Regeni e molti giorni dopo il ritrovamento del suo cadavere, e quella di “fornire i nomi di tutti gli stranieri arrestati o fermati dalla polizia quella sera” della scomparsa di Regeni fino al ritrovamento del suo corpo. “E questo per l’impossibilità tecnica di soddisfare queste richieste, o anche perchè si violerebbe la privacy di molti cittadini egiziani”, si precisa nel comunicato. La procura afferma di aver anche chiesto la collaborazione delle autorità del Regno Unito sulla “natura degli studi” di Regeni, ma di non aver avuto risposta. Riguardo alle accuse mosse dalle autorità italiane contro funzionari della sicurezza egiziani, la procura ha dichiarato che quanto “affermato è basato su deduzioni sbagliate, non logiche, nè consone ai criteri legali riconosciuti a livello internazionale. Criteri che richiedono la presenza di prove certe e inoppugnabili nei confronti dei sospettati, perchè possano essere processati, e non basati su sospetti o indizi che non possono essere considerate prove”.

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Secondo la procura, che “ha respinto questi sospetti”, le accuse ai funzionari della sicurezza sarebbero nati proprio dalle indagini condotte su Regeni. Nelle sue conclusioni, la procura sostiene che “uno sconosciuto” avrebbe ucciso Regeni scegliendo la data del 25 gennaio perchè sapeva “che la sicurezza egiziana sarebbe stata impegnata a tutela dei siti sensibili”, nell’anniversario della rivolta egiziana. “Il colpevole ha sequestrato la vittima, lo ha detenuto e torturato per accusare agenti della sicurezza egiziana in occasione della visita nel Paese di una delegazione italiana”, ha ricordato la procura nella nota, aggiungendo poi che il corpo di Regeni “è stato gettato vicino luoghi sensibili, alcuni dei queli della polizia, come a voler far conoscere a tutti l’assassinio e attirare l’attenzione sul fatto”. “Questo ha portato la procura ad essere certa che il crimine è stato compiuto da ambienti ostili all’Egitto e all’Italia che vogliono approfittare di questo incidente per danneggiare i rapporti tra i due paesi, visto lo sviluppo positivo delle relazioni negli ultimi tempi”, si afferma nella nota, che conclude sottolineando anche che “nella vicenda ci sono altri aspetti che le indagini non hanno ancora scoperto, come non è stata scoperta l’identità dell’omicida”.

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