È morto Alberto Franceschini, fondatore delle Brigate Rosse
La scomparsa dell’11 aprile annunciata solo oggi. Condannato per il sequestro Sossi e l’omicidio di due militanti del MSI

Alberto Franceschini
Alberto Franceschini, uno dei fondatori storici delle Brigate Rosse insieme a Renato Curcio e Mara Cagol, è morto l’11 aprile all’età di 78 anni. La notizia del decesso è stata diffusa solo oggi, a oltre due settimane dalla scomparsa.
Dalla lotta armata al carcere
Nato a Reggio Emilia il 25 ottobre 1947 in una famiglia di tradizione comunista e partigiana, Franceschini fu tra i principali esponenti del nucleo originario delle BR, organizzazione responsabile di alcuni dei più sanguinosi atti di terrorismo negli anni di piombo.
Già nel 1972 partecipò al sequestro di Idalgo Macchiarini, dirigente della Siemens, diventando noto per l’iconica foto in cui il rapitore puntava una pistola alla tempia della vittima, accompagnata dalla scritta: “Colpiscine uno per educarne cento!”. Due anni dopo, nel 1974, fu tra gli organizzatori del sequestro del magistrato Mario Sossi, procuratore di Genova, tenuto prigioniero per oltre un mese.
Nello stesso anno, Franceschini venne arrestato insieme a Curcio e condannato per l’omicidio di due militanti del Movimento Sociale Italiano (MSI) a Padova, reato per cui scontò 18 anni di carcere fino al 1992. Nel 1982 si dissociò dalla lotta armata, ma non collaborò mai con la giustizia, mantenendo un atteggiamento di non pentimento rispetto alla sua militanza.
Una vita tra rivoluzione e prigionia
La sua carriera terroristica era iniziata negli ambienti della sinistra extraparlamentare: dopo aver rotto con la Federazione Giovanile Comunista Italiana (FGCI), fondò con altri compagni il “Gruppo dell’appartamento”, antesignano delle future BR. Renitente alla leva, si trasferì a Milano, dove frequentò il Collettivo Politico Metropolitano (CPM) e, dopo l’esperienza in Sinistra Proletaria, partecipò alla fondazione delle Brigate Rosse nel 1970.
La prima azione armata del gruppo fu l’incendio dell’autorimessa di Giuseppe Leoni, dirigente della Sit-Siemens, a cui seguirono una serie di attentati e sequestri. Franceschini accumulò condanne per duplice omicidio, associazione sovversiva, sequestro di persona e rivolta carceraria, ma beneficiò di una riduzione della pena.
Un passato che non passa
Nonostante il distanziamento dalla violenza negli anni ’80, Franceschini non rinnegò mai completamente il suo passato, rimanendo una figura controversa. La sua morte riaccende i riflettori su uno dei periodi più bui della storia italiana, in cui il terrorismo rosso e nero insanguinò il Paese. La scomparsa di Franceschini segna la chiusura di un capitolo, ma lascia aperte le ferite di un’epoca i cui strascichi continuano a dividere l’opinione pubblica.