“E’ un uomo”, dieci imputati per cyberbullismo transfobico contro Brigitte Macron
Brigitte Macron
La guerra legale contro le *fake news* di matrice cospirazionista ha raggiunto l’aula di tribunale. Dieci persone, tra cui un pubblicitario e una sedicente medium, sono comparse oggi e domani davanti al Tribunale penale di Parigi, chiamate a rispondere dell’accusa di cyberbullismo e molestie sessiste ai danni di Brigitte Macron, Première Dame di Francia. L’azione è scattata in seguito alla diffusione virale di una menzogna transfobica, ampiamente propagata dalle reti di estrema destra, secondo cui la moglie del Presidente Emmanuel Macron sarebbe in realtà una donna transgender. Il processo, che fa seguito a quattro anni di polemiche e voci incontrollate, si affianca a una parallela denuncia per diffamazione presentata dalla coppia presidenziale negli Stati Uniti d’America.
L’offensiva legale e i capi d’accusa
L’udienza, iniziata oggi 27 ottobre, vede sul banco degli imputati otto uomini e due donne, di età compresa tra 41 e 60 anni. La Procura di Parigi li accusa di aver rilasciato numerose dichiarazioni malevole in rete focalizzate sul “genere” e sulla “sessualità” della signora Macron. L’accusa si è spinta oltre, evidenziando come gli imputati abbiano equiparato la differenza di età di 24 anni tra la *Première Dame* e il marito al reato di “pedofilia“.
Tra i soggetti sotto processo figurano diverse figure professionali: un professore, un informatico, un gallerista, un politico, il pubblicitario Aurelien Poirson-Atlan – noto sui social come “Zoe Sagan” – e la cinquantunenne Delphine J., una sedicente “medium” e “giornalista” conosciuta con lo pseudonimo di Amandine Roy. Quest’ultima è ritenuta una delle principali diffusore della teoria secondo cui Brigitte Macron, il cui cognome da nubile è Trogneux, non sarebbe altro che suo fratello Jean-Michel che avrebbe subito una transizione di genere.
La macchina del fango oltre i confini
Le voci transfobiche sono nate e hanno iniziato a diffondersi con l’elezione di Emmanuel Macron nel 2017, espandendosi rapidamente oltre i confini francesi. Un ruolo cruciale nella loro viralità è stato giocato dalla podcaster americana Candace Owens, fervente sostenitrice di Trump e vicina al movimento conservatore MAGA. Owens, nota anche per le sue posizioni antisemite e filorusse, è stata raggiunta anch’essa da una causa per diffamazione intentata dalla coppia Macron negli Stati Uniti quest’estate. Molti degli imputati a Parigi sono stati chiamati a rispondere proprio per aver amplificato e condiviso i contenuti prodotti da Owens, la quale vanta milioni di seguaci e ha persino lanciato una serie di video sull’argomento intitolata “Becoming Brigitte“. Tra le immagini diffuse c’è anche una finta copertina della rivista Time che ritraeva la Première Dame come “Uomo dell’Anno”.
La denuncia per diffamazione, presentata dai coniugi Macron lo scorso luglio negli Stati Uniti e successivamente integrata dall’azione penale in Francia, rappresenta la ferma volontà di contrastare un fenomeno di disinformazione che ha sfruttato cinicamente la differenza di età della coppia e la potenza delle reti cospirazioniste e dell’estrema destra per propagarsi.
I precedenti giudiziari e la difesa dei Trogneaux
La “medium” Delphine J. è un caso emblematico di quanto sta accadendo. Era già stata giudicata colpevole di diffamazione nel 2024, venendo condannata dai tribunali francesi a risarcire diverse migliaia di euro di danni sia a Brigitte Macron che a suo fratello Jean-Michel Trogneux. Tuttavia, in appello, il 10 luglio, la donna era stata clamorosamente assolta. Nonostante la vittoria in secondo grado, i Trogneaux non si sono arresi e hanno presentato ricorso contro la sentenza, mantenendo alta la pressione legale.
L’avvocato di Delphine J., Maud Marian, ha cercato di minimizzare la portata delle sue azioni, sostenendo che la sua cliente si fosse limitata a “riportare la notizia” e che in ogni caso “nessun messaggio è stato inviato direttamente alla signora Macron”. Una linea difensiva che mira a sminuire la responsabilità nell’amplificazione di una menzogna lesiva della reputazione. La Procura, d’altro canto, considera tali teorie, inclusa quella secondo cui Brigitte Macron non sia mai esistita e sia stata sostituita dal fratello, come pure “fake news“.
L’ecosistema globale della diffamazione di genere
La vicenda che vede coinvolta la Première Dame francese non è affatto isolata nel panorama politico mondiale. L’attacco all’identità di genere si è configurato come uno schema ricorrente nel repertorio della disinformazione globale, mirando a minare la credibilità e l’immagine pubblica di donne in posizioni di potere.
Negli ultimi anni, anche altre figure femminili di rilievo sono state bersaglio di queste voci incontrollate diffuse in rete. Tra queste, l’ex First Lady statunitense Michelle Obama, l’ex primo ministro neozelandese Jacinda Ardern e l’ex vicepresidente USA Kamala Harris sono state tutte accusate di essere donne transessuali da campagne di diffamazione simili a quella orchestrata contro la signora Macron. Questo allarmante parallelismo evidenzia come la disinformazione sessista e transfobica sia diventata una tattica consolidata per screditare le donne nell’arena politica e pubblica. Il processo di Parigi assume quindi una valenza che va oltre il singolo caso, ponendosi come un punto di riferimento nella lotta internazionale contro il cyberbullismo a sfondo di genere.
