Esito elezioni agita Pd, per Renzi prova del nove è la scuola

Esito elezioni agita Pd, per Renzi prova del nove è la scuola
16 giugno 2015

di Enzo Marino

Il day-after non è tranquillo in casa Pd, e non poteva essere altrimenti. I ballottaggi nei comuni fanno male, Matteo Renzi vede confermato e amplificato il segnale negativo arrivato già con le regionali e a questo punto tutti si interrogano sulla tenuta del governo. La principale responsabilità del risultato, per il premier e per i parlamentari a lui più vicini, è della minoranza, delle polemiche interne che hanno contribuito ad indebolire il messaggio di innovazione che, un anno fa, aveva permesso di vincere le europee col 40,8%. Certo, pesano anche le situazioni locali, gli scandali e la fatica di governare, “l’anno scorso era luna di miele – dice un parlamentare renziano – ora siamo nei casini, tra emergenza immigrati e scuola il clima è un altro…”. Ma proprio per questo, è il ragionamento che si ascolta negli ambienti parlamentari vicini al premier, la prova del nove la si avrà sulla scuola: se la minoranza blocca il provvedimento, sarà scontro e non si potrà escludere nulla. I segnali, per ora, non sembrano negativi: sia il bersaniano Maurizio Migliavacca che Walter Tocci, secondo quanto viene riferito, avrebbero dato assicurazioni di non voler far cadere il governo e le trattative per arrivare a un’intesa sono in corso. “Ma è chiaro – avverte un renziano – che se qualcuno vuole far passare lo stralcio delle assunzioni e rinviare la riforma, salta tutto”.

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In quel caso, ovvero se la minoranza dovesse rifiutare le mediazioni del governo, Renzi potrebbe blindare il testo con la fiducia. Ma il problema, spiega un senatore Pd, sono i tempi: “Se non si fa in fretta, si rischia di non fare comunque in tempo a far partire le assunzioni per il 2016, potrebbe slittare tutto di un anno. E, in quel caso, Renzi potrebbe scaricare la colpa sulla minoranza. Uno scenario che potrebbe avviare una corsa verso il voto anticipato. “La voglia di far saltare il tavolo da parte di qualcuno c’è”, avverte un senatore Pd. Renzi va ripentendo di avere i numeri comunque, il sostegno di Densi Verdini e dei suoi è dato per acquisito, ma è chiaro che se anche la riforma della scuola dovesse passare con il soccorso azzurro la prospettiva di durata della legislatura si accorcerebbe. Lo scenario dello scontro finale, però, al momento non sembra prevalere.

Molti fanno notare low profile della minoranza nel commentare i ballottaggi: “Nessuno vuole danneggiare il Pd più di tanto”, spiega un bersaniano. L’obiettivo, si assicura, è ottenere da Renzi una gestione più collegiale del partito, la revisione di strumenti come le primarie, l’offerta di un percorso condiviso per arrivare al congresso del 2017: “Se ammettesse che lui è forte su tanti terreni ma che magari gestire il partito non è il suo lavoro…”, continua la fonte bersaniana. Difficile che Renzi possa arrivare a tanto. Ma di sicuro il premier, se otterrà l’intesa sulla scuola e poi quella sul Senato, intende lavorare per togliere terreno all’ala più dura della minoranza. Enzo Amendola, intanto, dovrebbe sostituire Lapo Pistelli al ministero degli Esteri come sottosegretario, mentre pare ormai scontata l’elezione di Ettore Rosato, oggi, come nuovo capogruppo alla Camera. Sul piano della vita interna al partito, da tempo i renziani hanno fatto aperture sul tema delle primarie, da restringere alla scelta del segretario-candidato premier e a pochi altri casi.

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