Flat tax: balletto di cifre, Salvini corregge Tria

Flat tax: balletto di cifre, Salvini corregge Tria
11 ottobre 2018

Sulla manovra non si fa marcia indietro ma e’ ancora balletto di cifre sulle misure cardine. E questa volta i conti non tornano sulla flat tax. Il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, costretto a tornare in Parlamento per difendere una legge di bilancio che ha raggiunto quota 37 miliardi e un quadro programmatico dei conti bocciato dall’Upb, ha stimato il costo di avvio della misura in 600 milioni nel 2019 che salgono a 1,8 miliardi nel 2020 e a 2,3 miliardi nel 2021. Ma a contestare i numeri forniti dal titolare del Tesoro, e supportati da tabella, e’ stato a stretto giro il vicepremier Matteo Salvini secondo il quale per la riduzione delle imposte sul piatto ci sono ben 1,7 miliardi.

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“Lunedi’ arrivera’ il decreto fiscale, i numeri saranno scritti e non mentono”, ha detto Salvini a margine della cerimonia per il 40esimo anniversario della costituzione dei Nocs della Polizia di Stato. In base alle stime fornite da Tria la flat tax vale 4,7 miliardi nel triennio di programmazione della Nota di aggiornamento al Def e ha un impatto limitato sulla crescita a partire dal 2021. Ma per il leader della Lega, che ha fatto della misura uno dei suoi cavalli di battaglia, le risorse sono molte di piu’. D’altronde non e’ la prima volta che all’interno del governo si consuma un braccio di ferro sulle cifre degli interventi. Cifre sulle quali oggi Tria ha provato a fare chiarezza allineandosi pero’ di fatto al ‘leitmotiv’ dei due vicepremier: la manovra non si cambia e le previsioni di crescita cosi’ come gli obiettivi di bilancio, nonostante la bocciatura dell’Upb e della Commissione europea, sono confermati.

Le stime dell’Upb, ha sostenuto il ministro di fronte alle commissioni Bilancio congiunte di Camera e Senato, sono basate su “informazioni parziali o obsolete”. “L’Upb il 19 settembre corso ha validato il quadro macro tendenziale del governo sul quale si basa la previsione programmatica. Cio’ di cui si dovrebbe discutere – ha spiegato Tria – e’ quindi unicamente la differenza, il delta, fra scenario programmatico e tendenziale, e non la misura in cui la previsione ufficiale si distacca dalle proiezioni formulate da analisti di mercato o istituzioni internazionali. Tali previsioni sono state fra l’altro pubblicate in tempi diversi e sulla base di informazioni parziali e obsolete, alla luce delle ultime scelte di politica economica del governo”.

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La mancata validazione dell’organismo parlamentare addetto al controllo dei conti va interpretata, ha sottolineato, “come uno stimolo all’azione anziche’ un motivo per abbassare le nostre previsioni, e cosa piu’ importante, le nostre ambizioni”. Il responsabile dell’Economia ha auspicato “una mutua e proficua collaborazione nel processo di valutazione dell’imminente legge di bilancio, tenendo” ma ha chiesto rispetto le per le strutture del Mef. “Credo che il rispetto istituzionale vada in tutte le direzioni perche’ le strutture tecniche del Mef non sono meno valide di altri istituti e le capacita’ tecniche non sono cambiate quest’anno”, ha osservato. “La nostra risposta – ha tenuto a precisare – non e’ una mancanza di rispetto ma richiama il fatto che le nostre stime di crescita sono dovute all’impatto delle misure adottate rispetto al tendenziale che era stato validato”.

Numeri alla mano Tria ha colto l’occasione per svelare la portata della prossima legge di bilancio. La manovra per il 2019 vale circa 37 miliardi, di cui 22 miliardi sono le coperture in deficit ovvero l’aumento dell’indebitamento pubblico rispetto al livello tendenziale, e altri 15 miliardi derivano da tagli di spesa (6,9 miliardi) e aumenti di entrate (8,1 miliardi). L’anno successivo le coperture ammontano a 9,9 miliardi, di cui tagli di spesa per 4,7 miliardi e aumenti di entrate per 5,2 miliardi.

Tra le misure espansive il ministro ha citato la sterilizzazione totale dell’aumento delle aliquote Iva nel 2019 che costa 12,5 miliardi (impatto, e la disattivazione parziale negli anni successivi che ha un onere di 5,5 miliardi nel 2020 e 4 miliardi nel 2021); le misure nel campo della spesa sociale, tra cui il reddito di cittadinanza e la possibilita’ di anticipare la pensione, che hanno un costo complessivo pari a 16 miliardi in ciascuno dei tre anni; la riduzione delle imposte con l’avvio della prima fase della flat tax che ammonta appunto, secondo il Mef, a 600 milioni nel 2019, 1,8 miliardi nel 2020 e 2,3 miliardi nel 2021; i maggiori investimenti pubblici con risorse per 3,5 miliardi l’anno prossimo, 5 miliardi nel 2020 e 6,5 miliardi nel 2021; gli incentivi agli investimenti e gli interventi di spesa per il pubblico impiego per un ammontare pari a 1,8 miliardi nel 2019, 3,2 nel 2020 e 4,1 nel 2021; infine le spese indifferibili per mantenere le politiche invariate che ammontano a 2,3 miliardi l’anno prossimo, 3,4 nel 2020 e 2,4 miliardi nel 2021.

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Voce per voce il ministro ha fornito la stima dell’impatto sulla crescita che nel complesso e’ di 0,6 punti percentuali nel 2019, 0,5 nel 2020 e 0,3 nel 2021. Lo stop all’aumento dell’Iva per 12,5 miliardi sostiene la crescita per 0,2 punti percentuali l’anno prossimo e nel 2020 e ha una variazione negativa sul Pil per 0,2 punti percentuali nel 2021. Reddito di cittadinanza e riforma delle pensioni determinano un incremento del tasso di variazione del Pil di 0,3 punti percentuali nel 2019 e 0,2 punti nel 2020 e 2021.E la flat tax che impatta per 0,1 punti percentuali nel 2021 e gli investimenti per 0,2 punti percentuali. Tria ha quindi nuovamente rassicurato sull’impennata dello spread: il governo “fara’ di tutto per recuperare la fiducia” e anche se la crescita dei rendimenti dei titoli di Stato “desta preoccupazione” non si puo’ lasciare “che la volatilita’ di breve termine dei mercati offuschi la nostra capacita’ di formulare valutazioni e previsioni equilibrate”.

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