Generale Mori assolto anche in appello: “Mi restituisce onore”. Di Matteo: “C’erano prove per condanna”

Generale Mori assolto anche in appello: “Mi restituisce onore”. Di Matteo: “C’erano prove per condanna”
19 maggio 2016

La Quinta sezione penale del Tribunale di Palermo, presieduta da Salvatore di Vitale, ha assolto anche in appello Mario Mori e Mauro Obinu, gli alti ufficiali dei carabinieri, accusati di favoreggiamento aggravato, in relazione alla mancata cattura del boss Bernardo Provenzano, a Mezzojuso nell’ottobre del 1995. I giudici, entrati in camera di consiglio lunedi’ mattina, prima di mezzogiorno, hanno pronunciato la sentenza nell’aula bunker del carcere palermitano di Pagliarelli. L’accusa – rappresentata dal Pg Roberto Scarpinato e dal sostituto Luigi Patronaggio – aveva chiesto una condanna a 4 anni e 6 mesi per il generale Mori e a 3 anni e mezzo per Obinu, dopo la rinuncia a contestare agli imputati l’aggravante mafiosa e quella della “trattativa”. Rimaneva invece l’aggravante di avere commesso il reato nella qualita’ di pubblico ufficiale. “Questa nuova assoluzione e’ un ulteriore passo avanti per dimostrare la mia totale innocenza rispetto alle accuse che mi vengono rivolte. E soprattutto mi restituisce onorobilita’ come uomo e come ufficiale. Pertanto sono veramente soddisfatto dell’esito di questo processo”, ha detto il generale Mario Mori, in un video su Lookout News.

Confermato dunque il verdetto di primo grado del 17 luglio 2013: il generale Mori e il colonnello Obinu sono stati assolti “perche’ il fatto non costituisce reato”. I giudici hanno anche disposto l’invio degli atti alla procura per sei carabinieri del Raggruppamento operativo speciale tra cui Sergio De Caprio per falsa testimonianza: oltre al capitano ‘Ultimo’, Mauro Olivieri, Francesco Randazzo, Pinuccio Calvi e Giuseppe Mangano, Roberto Longu. Il riferimento e’ all’episodio dell’aprile del 1993, relativo alla mancata cattura del boss catanese Nitto Santapaola, resa impossibile, secondo l’accusa, da una sparatoria provocata dagli uomini del Ros a Terme Vigliatore (Messina); su questa vicenda, a parere dei giudici, questi carabinieri del Ros non avrebbero detto quello che sapevano. Dopo la lettura del dispositivo, Scarpinato e Patronaggio hanno lasciato subito l’aula.

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LA DIFESA “Colonnello, sentenza di primo grado confermata. Ci sentiamo dopo”. Cosi’ Basilio Milio, al telefono con il Colonnello Giuseppe De Donno, comunica la sentenza emessa dalla corte di appello che ha confermato, assolvendo, Mario Mori e Mauro Obinu dall’accusa di favoreggiamento per la mancata cattura di Provenzano, nell’ottobre 1995. Alla lettura della sentenza non erano presenti gli imputati. In aula c’era invece anche Vincenzo Agostino, il padre dell’agente di polizia ucciso nel 1989. “E’ un altro importante tassello – dice ai cronisti – verso la fine di quello che possiamo definire una persecuzione giudiziaria. Alla luce della serieta’ dei giudici eravamo fiduciosi”. Riguardo alla persecuzione Milio precisa: “Mi riferisco a quella parte della Procura che gia’ dal 1997 ha indagato su alcuni fatti, come il covo di Riina. Poi la trattativa”.

DI MATTEO “Personalmente rifarei tutto quello che ho fatto. Rispetto la sentenza, ma rimango convinto che ci fossero tutti gli elementi di prova per chiedere e ottenere le condanne degli imputati”. Lo dice il pm Nino Di Matteo, il magistrato che aveva coordinato l’indagine e rappresentato l’accusa in primo grado, nel processo contro Mario Mori e Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento per avere impedito la cattura di Bernardo Provenzano, possibile, secondo l’accusa, gia’ nel ’95. Commentando la decisione della Corte d’appello di Palermo, che oggi ha confermato l’assoluzione decisa dal Tribunale, Di Matteo ricorda che anche il primo collegio che si era occupato della vicenda “non aveva assolto per insussistenza del fatto, ma aveva riconosciuto come esistenti sia alcuni episodi che le anomalie da noi contestati. Tuttavia – conclude Di Matteo – il tribunale non aveva ritenuto sussistente il dolo e per questo aveva scagionato gli imputati. Ora prendo atto che in appello la sentenza e’ stata confermata”. Gli addebiti mossi contro Mori e Obinu non si limitavano al mancato intervento del Ros a Mezzojuso (Palermo), dove il 31 ottobre 1995 si sarebbe trovato Provenzano, per un summit di mafia, ma anche il mancato approfondimento delle piste investigative aperte dalle rivelazioni del confidente Luigi Ilardo e dalle osservazioni effettuate dai militari, proprio in occasione della riunione tra boss. Quell’incontro, tenuto in un casolare del paese a una cinquantina di chilometri dal capoluogo dell’Isola, fu solo monitorato dal Ros, i cui operatori si limitarono a scattare foto e a rilevare modelli e targhe delle auto dei partecipanti. Ma nemmeno questi spunti furono poi approfonditi.

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AGOSTINO Alla lettura della sentenza d’assoluzione di Mario Mori e Mauro Obinu ha assistito anche Vincenzo Agostino, il padre dell’agente di polizia ucciso dalla mafia nel 1989. “Sono molto deluso per l’esito del processo – ha detto – e ora tutti questi soldi spesi per l’accertamento di una verita’, a cosa sono serviti? Ho un profondo senso di scoramento perche’ ancora una volta, non e’ stato chiarito quello che e’ successo e la verita’ non e’ stata raggiunta”.  (con fonte Agi)

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