Gerusalemme, MO in rivolta. Hamas chiama Intifada

7 dicembre 2017

Gerusalemme capitale di Israele infiamma il Medio Oriente. Hamas ha chiamato alle armi e invocato la terza Intifada contro Israele e intanto le prime proteste a Gaza e in Cisgiordania sono gia’ scoppiate. Per domani, venerdi’, e’ convocata una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, sabato si riunisce la Lega Araba. “Questa politica sionista sostenuta dagli Stati uniti non può essere affrontata, a meno che non inneschiamo una nuova Intifada”, ha detto il capo del movimento islamista che guida la Striscia di Gaza, Ismail Haniyeh. Di fronte alle minacce di Hamas, l’esercito israeliano ha fatto sapere di aver inviato “piu’ truppe” in Cisgiordania e di messo in allerta diverse unita’ di riserva. L’allerta l’ha lanciato sin dalle prime ore dell’alba il ministro della Pubblica sicurezza, Gilad Erdan: “C’e’ stato un crescente livello di incitamento, non solo da Hamas, ma anche dagli arabi israeliani: il fenomeno dei lanci di pietre e’ aumentato durante la notte, dobbiamo essere preparati”. Nella mattinata di oggi sono scoppiati alcuni scontri nel quartiere di Bab al-Zawiya, nel centro di Hebron, in Cisgiordania, tra l’esercito israeliano e un numero imprecisato di giovani palestinesi e che hanno gia’ avuto prime conseguenze. Sassaiole da una parte, lacrimogeni e proiettili di gomma dall’altro. Un primo bilancio perla di trenta palestinesi sono stati feriti dai proiettili di gomma e decine rimasti intossicati dai fumi dei gas lacrimogeni lanciati dalle truppe israaline per disperdere i manifestanti.Gli scontri con le forze israeliane sono avvenuti lungo le linee di confine e ai posti di blocco militari in Cisgiordania e Gaza. La Mezzaluna Rossa palestinese ha riferito che ci sono stati feriti alle porte di Nablus, Ramallah, Betlemme, Hebron, Tulkarem, Qalqilya e Beit Jala e anche Gerico. Secondo fonti palestinesei, gli scontri piu’ pesanti con i militari sono scoppiati a Betlemme e al posto di blocco di Qalandiya vicino a Ramallah. Nel clima di rabbia, oltre a lanciare pietre contro i soldati, i manifestanti hanno anche appiccato il fuoco ai pneumatici.

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Altri scontri si sono scatenati anche a Betlemme in Cisgiordania. Nel territorio è stato proclamato uno sciopero generale palestinese e si moltiplicano le richieste di una nuova Intifada. Anche in diverse città della Tunisia, folle di manifestanti sono scese nelle strade per protestare contro la decisione degli Stati Uniti di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele. “La via principale della capitale, al Habib Bourguiba, così come nei centri delle città di Kasserine (centro-ovest), Tataouine (Sud) e Sidi Bouzeid (centro) sono stati invasi da una folla di giovani usciti dalle università assieme a rappresentanti della società civile per protestare” contro la decisione del presidente americano Donald Trump, ha riefrito il quotidiano panarabo al Quds al Arabi. Nel corteo della capitale i dimostranti, al grido “il popolo vuole la Liberazione della Palestina”, hanno sventolato striscioni e bandiere con le immagini della cupola della moschea al Aqsa di Gerusalemme. E oggi l’Unione Generale del Lavoro, potente sindacato dei lavoratori, ha indetto per domani una manifestazione per “sostenere la causa del popolo palestinese”.

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Dopo il duro attacco di ieri del presidente turco Recep Tayyip Erdogan oggi e’ il vicepremier e portavoce del governo turco Bekir Bozdag a criticare la scelta di Israele di spostare la capitale a Gerusalemme. “Una decisione che distrugge il processo di pace – ha affermato Bozdag – e che causera’ scontri, caos, crisi e tutta una serie di conseguenze al momento imprevedibili”. Secondo Bozdag, il trasferimento di capitale a Gerusalemme sarebbe “un disastro per tutti”. Ieri mattina era toccato ad Erdogan minacciare il taglio delle relazioni diplomatiche con Israele in caso il passaggio di capitale si fosse concretizzato. Secondo Erdogan Gerusalemme costituisce “la linea rossa dei musulmani”, che non va oltrepassata. Per  l’ex premier iracheno Nouri al Maliki, leader del partito di maggioranza nel parlamento di Baghdad, la decisione del presidente degli Stati Uniti di riconoscere Gerusalemme come capitale d’Israele “è una dichiarazione di guerra contro la nazione araba e musulmana ed è una aperta violazione dei diritti del popolo palestinese”. “Le conseguenze di questa condotta minacceranno la regione e il mondo intero”, ha aggiunto al Maliki in un comunicato citato dalla tv al Iraqiyah, in cui ha attribuito agli Stati Uniti “ogni responsabilità per quel che avverrà a seguito di questa decisione”.

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