In Giappone si muore per superlavoro. Manager impegnato in reattori si è suicidato

In Giappone si muore per superlavoro. Manager impegnato in reattori si è suicidato
17 gennaio 2017

Lavorare per vivere, ma non vivere per lavorare: anche perché si rischia di morire di troppo lavoro. Il tema degli eccessivi carichi da lavoro e delle morti da superlavoro, che in giapponese vengono definite con il termine “karoshi”, è all’ordine del giorno da diversi mesi nel dibattito pubblico nipponico. E – a quanto scrive l’agenzia di stampa Kyodo – adesso nel mirino è finito uno dei più importanti operatori dell’industria nucleare nipponica: la Kansai Electric Power. Il numero uno della utility, Shigeaki Iwane, è stato convocato dall’Ufficio ispezioni sugli standard di lavoro di Tsuruga in seguito al decesso di un caposezione 40enne che aveva un incarico particolarmente delicato: operava nel coordinamento dei lavori che dovrebbero riportare in funzione due reattori della vecchia centrale nucleare di Takahama, bloccati dopo l’incidente di Fukushima.

LO STRAORDINARIO L’uomo, secondo quanto riferisce l’agenzia di stampa, avrebbe fatto straordinari per oltre 100 ore, e talvolta per quasi 200 ore, al mese. A questo va aggiunto che il manager continuava anche a lavorare da casa, rendendo virtualmente impossibile determinare il numero preciso di ore d’impiego. Secondo quanto hanno concluso le autorità competenti, la sua morte per suicidio avvenuta a metà aprile sarebbe stata dovuta al superlavoro. Un caso di “karoshi”, appunto. La vicenda pare destinata a rilanciare una pesante polemica. A portarla all’evidenza nazionale è stata la drammatica sorte di Matsuri Takahashi, una dipendente 24enne del gigante della pubblicità Dentsu, che nel giorno di Natale del 2015 si suicidò buttandosi dal terrazzo del dormitorio aziendale. L’indagine ha stabilito che la ragazza è morta di “karoshi”, avendo svolto straordinari per oltre 100 ore al mese.

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DIMISSIONI AD L’amministratore delegato della Dentsu, Tadashi Ishii, in seguito alla vicenda ha annunciato le sue dimissioni. “Sono profondamente mortificato di non aver impedito il superlavoro della giovane nuova assunta. Presento le mie più sincere scuse”, ha detto il manager. “Non avrei dovuto mai consentire – ha continuato – che una cosa del genere accadesse”. La polemica sul superlavoro ha portato anche il governo guidato da Shinzo Abe ad assumere dei provvedimenti per arginare il fenomeno. Il ministero del Lavoro ha emanato a fine 2016 nuove direttive, in base alle quali verrà data pubblicità ai nomi delle aziende che superano le 80 ore di straordinario mensile. Non è una nuova norma, ma semplicemente un’inasprimento di quella precedente che prevedeva la pubblicazione dei nomi delle compagnie che superano le 100 ore di straordinario mensile. La procedura prevede una specie di ammonizione, emessa dagli ispettori del lavoro, e poi la pubblicazione del nome per le aziende che non ottemperino.

L’ISPEZIONE Il governo nipponico dagli anni ’80 pubblica annualmente un rapporto in relazione al fenomeno. Quello del 2016, relativo ai dati dell’anno precedente, ha rivelato che il 12 per cento per cento delle aziende fa lavorare i suoi dipendenti almeno per 100 ore di straordinario mensile. Nel 2015 le richieste di risarcimento per morti da superlavoro sono salite a 1.456. Ma il fenomeno è considerato dagli esperti ben più ampio. Non sarà tuttavia facile determinare l’eventuale responsabilità della Kansai Electric. Il dipendente deceduto, infatti, è un dirigente e, contrattualmente, i manager sono svincolati dall’orario di lavoro e, quindi, non è possibile stabilire lo straordinario, che no è neanche pagato. Tuttavia, l’ufficio ispettivo vuole che la utility fornisca i dati relativi agli orari d’impiego dei manager degli ultimi due anni. La Kansai Electric sta provando a riavviare i suoi reattori 1 e 2 a Takahama, una centrale costruita oltre 40 anni fa ferma come la gran parte degli impianti nipponici dopo l’incidente di Fukushima. I reattori 3 e 4, erano in precedenza ritornati in produzione, per essere poi di nuovo fermati su ingiunzione del tribunale. A giugno l’Agenzia di regolazione nucleare ha concesso alla compagnia una proroga dei limiti di utilizzo della centrale, ma se il processo di verifica della sicurezza non verrà terminato entro luglio, dovrà rinunciare. Questo il motivo per il quale, probabilmente, gli uomini incaricati di svolgere questo lavoro sono sotto pressione.

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