Gori tenta sfida a Fontana per il dopo Maroni

Gori tenta sfida a Fontana per il dopo Maroni
Il candidato del centrodestra alla presidenza della Regione Lombardia, Attilio Fontana
3 marzo 2018

La Lombardia arriva al voto di domani per scegliere la coalizione che governerà la Regione al termine di una campagna elettorale che verrà ricordata come la meno effervescente delle ultime tornate, fatta di toni – a parte qualche scivolone – tutto sommato moderati. In palio c’è la vittoria nella Regione considerata un fortino del centrodestra, che governa ininterrottamente dal 22 aprile 1995, quasi 23 anni fa: prima con Roberto Formigoni e poi, negli ultimi 5 anni, con Roberto Maroni, con una giunta a guida Lega. Se i sondaggi delle scorse settimane si riveleranno corretti, a contendersi il Pirellone saranno il leghista Attilio Fontana, per il centrodestra e Giorgio Gori, per il centrosinistra. Outsider, il candidato del Movimento 5 Stelle Dario Violi. Dopo l’annuncio di Roberto Maroni, un po’ a sorpresa, di non ricandidarsi, il centrodestra ha puntato di nuovo su un esponente storico leghista, sebbene meno noto del precedessore. Fontana, ex sindaco di Varese, è stato presidente del Consiglio regionale lombardo. Una scelta voluta, e rivendicata, nel segno della continuità del “buon governo” lombardo.
A far discutere sono stati soprattutto due fatti: sul versante del centrosinistra il mancato accordo elettorale, a differenza di quello che è successo nel Lazio, tra Pd e Liberi Uguali, che alla fine di mesi di tira e molla tra i due partiti ha scelto di presentare un proprio candidato, l’ex sindacalista Onorio Rosati. Una mancata alleanza che nella galassia del centrosinistra è stata considerata da molti un passo falso perché potrebbe compromettere le speranze di vittoria di Gori, che sconta anche la concomitanza con le elezioni politiche, con il centrodestra favorito.
Sul versante del centrodestra, ha dominato il dibattito delle prime settimane l’uscita di Fontana sulla “razza bianca”.

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“Dobbiamo decidere se la nostra etnia, la nostra razza bianca, la nostra società devono continuare a esistere o se devono essere cancellate”, aveva detto il candidato leghista a Radio Padania, in una delle sue prime uscite pubbliche da candidato. Fontana si è poi corretto , spiegando che si è trattato “soltanto di un lapsus, un errore espressivo”. La polemica sulle sue parole ha tenuto il banco per giorni, affievolendosi per lasciare il campo alle reciproche accuse di “assenza”. Da una parte, gli avversari chiamano Fontana il “candidato fantasma”, perché ha rifiutato alcuni incontri diretti. Fontana ha replicato spiegando di aver percorso 15mila chilometri in 50 giorni di campagna elettorale e che preferisce “incontrare i lombardi” che interessarsi alle polemiche. E la Lega attacca definendo Gori l’uomo “da salotti buoni e da talk show televisivi, degno emulo del suo mentore Renzi, uno che a pochi giorni dal voto ancora non ha ancora detto se dopo la sconfitta resterà in consiglio regionale a fare opposizione oppure, come immaginiamo, tornerà a riprendersi la comoda cadrega di sindaco di Bergamo che ha abbandonato da mesi”. Per Gori, espugnare il fortino del centrodestra in Lombardia “è una partita difficile, ma non impossibile”, perché la Lega di Salvini e di Fontana è “un movimento di estrema destra”. Per tentare di farlo ha impostato una campagna elettorale da alcuni osservatori giudicata un po’ troppo soft. “Fare, meglio”, lo slogan iniziale scelto, è stato criticato da sinistra come poco “discontinuo” rispetto alla giunta uscente. Quanto ai programmi, tutti e tre i candidati indicano il tema del lavoro tra le priorità.

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“Il primo provvedimento che assumerei – ha spiegato Fontana in un’intervista ad Askanews – è di allargare la platea degli asili nido gratis, per lanciare un messaggio non soltanto sociale, ma anche di valorizzazione della famiglia; aumentare gli investimenti per aiutare i giovani a trovare un posto di lavoro. Infine un contribuito al riacquisto della sicurezza che nel nostro territorio è un problema molto sentita”. Gori indica come i primi tre interventi, in caso di vittoria, nell’ordine: una correzione, la più veloce possibile, sulla delibera della Regione sulla presa in carico dei malati cronici”, ha spiegato.”La seconda è un provvedimento sul lavoro. Vogliamo raddoppiare la decontribuzione per l`assunzione di giovani a tempo indeterminato nelle attività che hanno a che fare con l`innovazione e la digitalizzazione. Il terzo: l’avvio di una gara per la gestione del trasporto regionale ferroviario. La scadenza del contratto con Trenord è nel 2020. Vogliamo che a quella scadenza corrisponda una gestione finalmente più puntuale, più efficiente, più sicura per i passeggeri, con nuovi treni su tutta la rete ferroviaria regionale”.
Priorità che ricalcano in parte quelle di Dario Violi, che punta “sulla freschezza e chiarezza delle idee del M5s”. Propone l’abolizione della delibera sulla cronicità: “Dobbiamo dare centralità ai territori e ai medici che operano sul territorio e non far diventare le persone croniche, fragili, un business da portare al mercato privato della sanità. Un intervento sulle infrastrutture, quindi finanziamenti europei per rinnovare le nostre ferrovie insieme a Rfi, per renderle moderne e attrattive e abbattere l’inquinamento dell’aria”. Nel programma di Rosati, che ha affermato di sentirsi “meno lontano dai 5 Stelle che da questo Pd” e che “il centrosinistra non esiste più”, l’aumento della fascia totale di esenzione del ticket sanitario e per chi paga, un meccanismo progressivo.

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