Identificata faglia che distrusse Selinunte nel V sec. a.C.

23 maggio 2014

Una faglia attiva in Sicilia Occidentale e’ stata identificata grazie a uno studio multidisciplinare realizzata da un team costituito da ricercatori dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Catania, dell’Universita’ di Catania, dell’Universita’ di Napoli e dell’Universita’ di Palermo. Un lavoro, come riferisce il blog INGV Terremoti, il cui punto di partenza e’ stato un set di immagini satellitari SAR del satellite Esa Envisat, acquisiti tra il 2003 e il 2010 e che hanno mostrato due aree in Sicilia Occidentale caratterizzate da anomale velocita’ di deformazione. Da li’ lo studio, anche sul terreno, fino all’identificazione di un tratto di faglia che, secondo gli autori del lavoro, e’ probabilmente da considerare come la sorgente sismotettonica dei terremoti che hanno, in almeno due riprese, distrutto la fiorente citta’ di Selinunte, tra il V-IV secolo a.C. e il IV secolo s.C.

Tutto e’ nato dalla constatazione che, nonostante l’elevato numero di vittime e la devastazione indotta, il terremoto del Belice del 1968 non ha avuto un particolare riscontro nell’attivita’ di ricerca geologica e geofisica nel corso di questi anni. Per questa ragione, circa tre anni fa e’ cominciato un lavoro sistematico di raccolta dati e analisi sul terreno per comprendere il contesto tettonico e geodinamico che rende la zona della Valle del Belice cosi’ esposta al verificarsi di eventi sismici, come quello del 1968 e tutti quelli che hanno interessato l’area di Selinunte. Una prima faglia, rivela lo studio, dai contorni sfrangiati, si trova tra Mazara e Marsala ed e’ stata subito attribuita, sulla base di dati disponibili, ad un sovrasfruttamento della falda acquifera. La seconda, invece, era una linea netta che tagliava in direzione Sud/Sud Ovest-Nord/Nord Est una vasta area tra Castelvetrano e Campobello di Mazara. Non esistendo dati sull’area e’ stato avviato il rilievo di campagna lungo l’allineamento mostrato dalle immagini satellitari e, in generale, in tutta la Valle del Belice, e nella rimisurazione di alcuni capisaldi GPS della rete di inquadramento cartografico dell’Istituto Geografico Militare, misurata nel 1995.

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Dal confronto tra i dati ”vecchi” e quelli nuovi acquisiti, il team di ricercatori ha osservato che i capisaldi a cavallo della linea tra Castelvetrano e Campobello mostravano differenti velocita’ di deformazione e, in particolare, era evidente una compressione accomodata lungo quella struttura. Il rilievo di campagna mostrava poi, con altrettanta evidenza, l’esistenza di strutture e forme tipiche delle faglie inverse esattamente lungo quella stessa struttura. Una prova determinante e’ stata infine fornita dalle indagini di sismica a riflessione eseguite al largo di Capo Granitola, laddove sempre la solita linea evidenziata dal satellite taglia la costa. Al top della linea di faglia che rappresenta la prosecuzione in mare della faglia gia’ evidenziata a terra, sono state anche osservate intense emissioni di gas, legate proprio alla presenza stessa della faglia che permette la facile risalita dei gas lungo la sua estensione verticale. L’insieme di queste evidenze ha dunque permesso di affermare che questo tratto della piu’ lunga e articolata faglia che attraversa la Valle del Belice presenta dei tassi di movimento piuttosto accentuati e che queste dislocazioni sono da riferire a fenomeni di cosiddetto ”creep asismico”, ovvero a scorrimento in assenza di terremoti.

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