Il giovedì nero di Crocetta per le parole di Tutino: la Borsellino “va fermata. Va fatta fuori come il padre”

Il giovedì nero di Crocetta per le parole di Tutino: la Borsellino “va fermata. Va fatta fuori come il padre”
16 luglio 2015

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Lucia Borsellino “va fermata, va fatta fuori. Come il padre”. Ruota tutto attorno a questa frase choc il giallo che sta all’origine di quello che può essere definito a tutti gli effetti “il giovedì nero” del governo regionale siciliano. A pronunciare la frase, secondo un’anticipazione diffusa dal settimanale L’Espresso, sarebbe stato il dottor Matteo Tutino, ex primario del reparto di Chirurgia Plastica dell’ospedale Villa Sofia di Palermo, sotto inchiesta per truffa e peculato. Ancor più grave, però, sarebbe il fatto che all’altro capo del telefono vi sarebbe stato il presidente della Regione Siciliana, Rosario Crocetta, che, sempre secondo quanto ricostruito da giornale, avrebbe taciuto qualsiasi commento a quella frase così pesante. Crocetta, il governatore sotto scorta per aver denunciato i malaffari della criminalità organizzata, l’ex sindaco di Gela che ha fatto dell’antimafia il proprio credo, fondando su di essa il pilastro della propria ascesa politica, per un giorno intero viene accusato di una reticenza che il mondo istituzionale, politico e sociale del Paese non gli perdona. Incalzato dalle domande dei cronisti, Crocetta nega. Nega di aver sentito pronunciare quella frase al suo medico personale. Ribadisce, tra le lacrime, il fatto che se in quelle intercettazioni indicate da L’Espresso non c’è la sua replica amareggiata e violenta a Tutino, è perché quella frase, appunto, non l’ha mai sentita.
Ammesso che sia stata pronunciata.

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Crocetta si autosospende, sebbene l’autosospensione non sia contemplata dallo Statuto siciliano, affidando ad interim la presidenza all’assessore alla Salute Baldo Gucciardi. E nel frattempo annuncia la volontà di incontrare quanto prima i magistrati, per chiarire la vicenda. Tutto il giorno va avanti, tra annunci e dichiarazioni, il carosello di prese di distanza dal governatore siciliano. Lucia Borsellino commenta laconica “mi vergogno per loro. Preferisco non dire più nulla, un altro commento è superfluo”. Ad esprimere la solidarietà alla figlia del magistrato ucciso in via D’Amelio il 19 luglio 1992 sono tutte le massime cariche dello Stato. A partire dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al premier Matteo Renzi e ai presidenti di Camera e Senato. Il Pd siciliano convoca la direzione per discutere l’opportunità di appoggiare ancora il governo. Gli inviti alle dimissioni non si contano più. Il coro va da destra a sinistra, in un crescendo che si interrompe bruscamente pochi minuti dopo le 17. A far calare il gelo su questa giornata rovente ci pensa infatti la Procura di Palermo, che con un comunicato del procuratore capo, Francesco Lo Voi, fa sapere che di quella intercettazione, di quella frase da quel tenore così pesante, nelle carte dell’inchiesta su Matteo Tutino non vi è traccia.

Così come non vi è traccia di questa telefonata, con quel tenore, tra il presidente della Regione e il suo medico personale. “Non risulta trascritta alcuna telefonata tra il Tutino e il Crocetta del tenore sopra indicato – recita il comunicato dei magistrati palermitani -. Analogamente, i carabinieri del Nas, che hanno condotto le indagini nel suindicato procedimento, hanno escluso che una conversazione del suddetto tenore, tra i predetti, sia contenuta tra quelle registrate nel corso delle operazioni di intercettazione nei confronti del Tutino”. La girandola di dichiarazioni e commenti a quel punto si interrompe e dopo qualche minuto riparte, ma in senso contrario, con qualcuno, come il capogruppo del Pd all’Ars Antonello Cracolici, che comincia a puntare il dito “sul sistema di controllo e verifica dell’informazione”. Sembrerebbe tutto concluso, quando intorno alle 18,30 arriva invece la nota de L’Espresso: “La conversazione intercettata tra il presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta e il primario Matteo Tutino – scrive la direzione del giornale – risale al 2013 e fa parte dei fascicoli segretati di uno dei tre filoni di indagine in corso sull’ospedale Villa Sofia di Palermo”.

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Le ultime parole di questa giornata di giallo di mezza estate le comunica il segretario regionale del Pd Fausto Raciti, che a margine della direzione del partito convocata d’urgenza, ha affermato: “Adesso abbiamo scambiato alcune valutazioni sulla vicenda di oggi con il presidente della Regione Crocetta. L’ho trovato molto scosso e provato. Non sono uno che tende a drammatizzare. Trovarsi in messo a una vicenda nella quale è cosi difficile difendersi capisco sia complesso e doloroso. Poi saprà Crocetta quali conclusioni tirare su questa vicenda, non sul piano politico ma giudiziario. Devo dire che è una vicenda che ha tratti molto preoccupanti, ora farò una riflessione col il gruppo dirigente Pd. Non è stata una giornata ordinaria e se c’è qualcosa che appare chiaro è che la prudenza nella valutazioni non è mai troppa in queste circostanze”. Alle parole di Raciti e agli sguardi ricchi d’interrogativi dei cronisti, davanti alla sede regionale del partito, nel cuore di Palermo, risponde una calma strana. Una calma che anticipa la tempesta di reazioni di fuoco attese per domani.

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