Immigrazione, rischi enormi per l’Europa e l’Italia

Immigrazione, rischi enormi per l’Europa e l’Italia
3 settembre 2015

di Maurizio Ginocchi

Azzerare i flussi di emigrazione è impossibile, ma “senza un controllo le capacità di assorbimento dell’Europa caleranno drasticamente e la xenofobia aumenterà in tutto il continente”: Germano Dottori, professore di Studi strategici all’Università Luiss, definisce in un’intervista ad askanews quella attuale “una sfida straordinaria” di cui la classe dirigente europea “potrebbe non essere del tutto consapevole” e che potrebbe avere conseguenze impensabili oggi anche per l’Italia. E avverte: il fronte italo-franco-tedesco che chiede maggiore iniziativa dell’Ue non basta, i Paesi “contro” faranno pesare le loro posizioni in sede di Consiglio Ue. Anche perchè il problema va ben oltre le frontiere europee e non è ipotizzabile una soluzione senza coinvolgere Paesi come la Turchia e la Libia. Una crisi innescata da alcuni fattori strutturali, soprattutto di natura demografica ed economica e altri congiunturali di natura politica: “L’Europa – fa notare Dottori – si trova si trova su una linea di faglia a nord della quale c’è ricchezza e demografia matura, anziana e benestante; a sud una massa di Paesi con una demografia vivace: in alcuni Paesi in via di sviluppo poi sta iniziando a circolare un maggiore benessere, specie in Africa, il che rende possibile per un maggior numero di persone il tentare l’avventura sulle coste nordafricane, per raggiungere in particolar modo l’Italia”.

A questa situazione strutturale vanno aggiunti i fattori congiunturali e i frutti delle crisi scoppiate dopo il 2011 in molti dei Pesi della regione: “Non è da escludere che il governo libico di Tripoli in particolare stia cercando di sfruttare la situazione come leva per ottenere un maggiore riconoscimento a danno di quello di Tobruk, mentre la Turchia non è più disposta a fare da spugna perchè i profughi che sta accogliendo non sono di suo gradimento: per la maggior parte i siriani che arrivano nel Paese sono alauiti che provengono dalle città fedeli al regime di Assad, e nello stesso tempo così facendo Erdogan mette in difficoltà un’Europa accusata di non fare abbastanza contro l’uomo di Damasco”. In un simile contesto, il fronte italo-franco-tedesco per una maggiore iniziativa dell’Ue non è sufficiente, ha affermato l’analista, e non fornirà certo l’embrione di una soluzione condivisa alla crisi: “Non basta, nel momento in cui il Consiglio europeo si riunirà ci sarà un numero considerevole di Paesi che farà pesare il proprio punto di vista; inoltre i tedeschi sono disponibili solo ad accogliere i profughi, cioè le persone che fuggono dalla guerra e in questo senso esiste una lista di Paesi di origine possibili, mentre c`è tolleranza zero nei confronti dei migranti economici clandestini. In Italia invece si pensa che il profugo sia colui che fugge da una situazione di disagio, anche solo di povertà, e non è così, sono due cose differenti anche giuridicamente”.

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Un altro fattore che non va dimenticato poi è che “aderendo a Schengen, i Paesi che si trovano nella zona esterna si sono assunti il compito di garantire anche le frontiere dei Paesi interni”: di qui, secondo Dottori, “la preoccupazione che la politica adottata dall`Italia possa generare delle pressioni tendenti ad escluderci dallo spazio unico europeo, ripristinando i controlli alla frontiera. Abbiamo dimenticato le responsabilità che ci siamo assunti entrando in Schengen, che non fu un regalo: l’Italia non riuscì ad esserne membro fin dall’inizio, ci costrinsero ad attendere perchè dovevamo dotarci di apparecchiature idonee ai controlli e cambiare le leggi”. In seno all’Europa, per l’accademico, si potrebbe “sicuramente innescare una tendenza alla frammentazione e rafforzare quelle esistenti, su questo non c’è dubbio. E questo, in estrema prospettiva, potrebbe aprire scenari inediti nel nostro Paese. “Sospetto che in caso di esclusione dell`Italia da Schenghen possano esservi tensioni sull`unità nazionale italiana; se l’Italia non fosse in grado di operare i respingimenti, come è probabile – anche perché ospita la Santa Sede che tutela interessi universali che non sempre coincidono con quelli della Repubblica – magari chi è a Nord, dove verrebbe destinata la maggior parte dei migranti, potrebbe essere tentato di staccarsi per entrare da solo nello spazio di Schengen – uno sviluppo non a breve termine, ma possibile se la situazione proseguirà su questa strada”.

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A livello europeo, bisogna vedere poi “quanta disponibilità c`è da parte dell`opinione pubblica – che vive una realtà economica di stagnazione da decenni – a sopportare i costi dell’integrazione. I migranti che arrivano sui barconi poi sono solo una parte, ci sono anche gli ‘overstayers’ che entrano con un visto regolare e poi si inseriscono nel mercato nero del lavoro individualmente, che sono poi quei migranti che noi riusciamo a integrare più facilmente”: “La popolazione degli Stati europei comincia ad essere composta da persone che hanno più di 50 anni e quindi con più difficoltà ad adattarsi al nuovo e con maggiori preoccupazioni per la propria sicurezza personale, perché si ritengono giustamente più fragili rispetto ai giovani”. In conclusione, i flussi “non potranno mai essere azzerati, ma non vanno neanche incoraggiati”: “Dobbiamo trovare il modo di rallentarli perché se no la capacità di assorbimento calerà drasticamente e la xenofobia aumenterà in tutto il continente: ci sono in Europa dei partiti progressisti che questa lezione l`hannno appresa dieci anni fa, in particolare quelli scandinavi e il Labour britannico, forze politiche che da tempo sostengono il rigore nel controllo della politica dei flussi e che hanno capito che il permissivismo in questa materia porta al potere i partiti di destra”.

In Italia, invece, aggiunge Dottori, “apparentemente il Pd non comprende questo fatto, o deve tenere conto di forze che lo condizionano e a cui non è in grado di opporsi”: ad esempio “nel Pd ci sono molti cattolici e nel momento in cui Papa Francesco assume una posizione di forte sostegno agli immigrati” il partito si trova in difficoltà. L’Europa poi comunque non è in grado di porre rimedio al problema contando solo sulle proprie forze: “Si pone anche il problema di trattare la questione con Paesi come la Turchia o la Libia: è un fatto che l`Italia stia andando a stringere rapporti molto forti con l`Egitto, in parte basati sul gas, e questo crea problemi con sia con la Turchia che con il governo libico di Tripoli; mi pare comunque che l`Italia sia fra quei Paesi – il che è positivo a livello di Farnesina – che sostengono una soluzione inclusiva alla crisi in Libia, che riconosca degli spazi anche all’esecutivo di Tripoli”, non riconosciuto dalla comunità internazionale.

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