In Vaticano rissa tra conservatori su messe e coronavirus. Lo Stato nel “mirino”

In Vaticano rissa tra conservatori su messe e coronavirus. Lo Stato nel “mirino”
Carlo Maria Viganò e papa Francesco
8 maggio 2020

Nuova rissa tra esponenti dell’ala conservatrice vaticana, con gli stesse protagonisti di sempre ma, questa volta, l’un contro l’altro armati. A far deflagrare il conflitto, ora, un pensoso “appello per la Chiesa e per il mondo ai fedeli cattolici e agli uomini di buona volontà” uscito ieri, in sei lingue, sui blog tradizionalisti, ha denunciato con veemenza che “con il pretesto dell’epidemia del Covid-19, si è giunti in molti casi a ledere i diritti inalienabili dei cittadini, limitando in modo sproporzionato e ingiustificato le loro libertà fondamentali, tra cui l’esercizio della libertà di culto” ed ha affermato che “lo Stato non ha alcun diritto di interferire, per nessun motivo, nella sovranità della Chiesa”.

L’appello, pubblicato giovedì in vista della odierna giornata della Madonna di Pompei, rappresenta un contrappunto, neanche molto implicito, alla linea della responsabilità e della leale collaborazione tra Chiesa e Stato da sempre sostenuta da Papa Francesco. Ed infatti il documento è stato sottoscritto – almeno inizialmente – da monsignor Carlo Maria Viganò, un ex nunzio apostolico negli Stati Uniti che, ormai alla macchia, già mesi fa ha chiesto le dimissioni del Papa, dal cardinale Gerhard Ludwig Mueller, ex prefetto della congregazione prepensionato da Bergoglio e con lui sempre molto critico, da due vescovi che nei confronti di Francesco hanno sempre espresso critiche pesanti, il kazako Athanasius Schneider, il ciellino Luigi Negri e, non da ultimo, il cardinale Robert Sarah, prefetto in carica della congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei saramenti. Il porporato guineano, anch’egli sempre distante dalle posizioni di Jorge Mario Bergoglio, è il più alto in carica tra i firmatari.

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E non è nuovo a uscite a dir poco problematico: quando tentò di smentire una riforma del Papa sulla traduzione dei testi liturgici delegata alle conferenze episcopali nazionali fu pubblicamente redarguito dal Pontefice; e dopo il sinodo sull’Amazzonia ha pubblicato un libro a quattro mani con il Papa emerito Benedetto XVI sul celibato obbligatorio suonato a molte orecchie come l’allarme contro la possibilità che Bergoglio ammettesse per l’Amazzonia l’ordinazione sacerdotale di uomini sposati: ne nacque un pasticcio, alla fine Joseph Ratzinger tolse la firma. Ora a togliere la firma è stato lo stesso Robert Sarah: che via Twitter ha comunicato, già nella serata di giovedì: “Un Cardinale Prefetto membro della Curia Romana deve osservare una certa riserva in materia politica. Non deve firmare delle petizioni in tale ambito. Ho pertanto chiesto esplicitamente questa mattina agli autori della petizione intitolata `Per la Chiesa e per il mondo’ di non menzionarmi. Posso condividere a titolo personale alcune delle domande o inquietudini che sono sollevate in materia di restrizioni delle libertà fondamentali pero non ho firmato questa petizione. Robert Cardinale Sarah”. Sono passate poche ore, e in un nuovo comunicato, rilanciato ancora una volta dai blog e i social reazionari, monsignor Viganò ha smentito frontalmente Sarah.

Spiegando di aver “registrato” una telefonata con il porporato guineano nel quale quest’ultimo dava il suo assenso alla firma, citando una successiva mail del cardinale (“Carissima Eccellenza, come sono ancora in funzione nella Curia Romana, qualche persona amica mi ha sconsigliato di firmare l’Appello da lei proposto. Forse sarebbe meglio togliere il mio nome per questa volta. Mi spiace molto. Lei sa la mia amicizia e la mia vicinanza alla sua persona. Grazie della Sua comprensione. Robert card. Sarah”), raccontando di una ulteriore telefonata con Sarah e, infine, riportando: “Con sorpresa e profondo rammarico ho poi appreso che Sua Eminenza si è avvalso del suo account twitter, senza darmene alcun preavviso, con dichiarazioni che arrecano grave pregiudizio alla verità e alla mia persona”. Sempre a Twitter, il cardinale Sarah ha affidato la sua breve replica in francese: “Non mi esprimerò più su questa petizione che sembra oggi occupare molto alcune persone. Lascio alla loro coscienza coloro che la vogliono sfruttare in un senso o nell’altro. Ho deciso di non firmare questo testo. Mi faccio perfettamente carico della mia scelta”. Che, per un capodicastero della Santa Sede, potrebbe avere conseguenze. askanews

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