La Chaouqui avverte: “Sì, ho un report segretissimo. Il Vaticano ora deve tremare”

La Chaouqui avverte: “Sì, ho un report segretissimo. Il Vaticano ora deve tremare”
8 luglio 2016

di Sarina Biraghi

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Francesca Immacolata Chaouqui e don Vallejo Balda, entrambi condannati

“Non riesco a dormire… Ho dato il latte a Pietrino, gli ho letto un pezzetto del libro che sto leggendo… Dovrei essere io a proteggerlo eppure è lui a darmi coraggio, forza, tenacia. Lo guardo e cerco la forza per andare in Vaticano domani”. Scriveva così mercoledì sera su Facebook, Francesca Immacolata Chaouqui, alla vigilia della sentenza di Vatileaks due. Lo scorso 4 luglio per lei erano stati chiesti 3 anni e 9 mesi non con l’accusa di aver consegnato  documenti perché non c’era la prova, ma con l’accusa di aver ideato e ispirato la fuga dei documenti. Per Vallejo Balda addirittura 8 mesi meno di lei, 3 anni e 1 mese, lui reoconfesso, lui in carcere dall’inizio del processo, lui che ha ammesso di aver fatto tutto da solo. È finita come sappiamo: Vallejo Balda condannato per divulgazione di documenti riservati a 18 mesi e lei, la “papessa” a 10 mesi per concorso, con pena sospesa per cinque anni. Entrambi potranno proporre appello. “Mi rimetto alla giustizia di Dio, quella terrena ha fallito”, aveva detto la Chaouqui alla vigilia, ma ieri, all’uscita del Tribunale del Vaticano ha riassunto la vicenda così: “Dieci mesi di follia. È finito un calvario. Sono stati dieci mesi di follia, con una donna incinta accusata di un’associazione a delinquere che non c’era. Io non ho fatto niente. Resta solo quest’accusa di concorso che non ho ben capito. Ringrazio i miei avvocati, Laura Sgrò e Giulia Bongiorno, un faro per me in questa vicenda”.

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Proprio la Sgrò, che ha raccontato come la lettura della sentenza sia stata presa senza lacrime o applausi ma con un allentamento della grande tensione, si è detta “parzialmente soddisfatta” della sentenza perché la sua cliente “è stata assolta per l’associazione a delinquere, ma non per il concorso. Ora, valuteremo se fare o meno appello”. Poi Francesca, ex membro della Cosea, ha aggiunto: “Hanno cercato di distruggere la mia famiglia, hanno fatto soffrire mia mamma e mia nonna, in questi mesi però mi sono rimasti tutti accanto, non ho perso neanche un cliente della mia agenzia. Il Papa saprà leggendo la sentenza che non c’era alcuna associazione a delinquere e soprattutto che io non l’ho tradito”. Per lei servire il Papa resta la cosa più bella, l’onore più grande che ha avuto nella sua vita professionale: ora vedrà Papa Francesco? “Gli ho scritto una lettera per spiegargli la mia posizione ma non lo incontrerò. Ci sarà un altro momento per recuperare il nostro rapporto”. La giovane pr calabrese di origine marocchina, anche ieri aveva varcato le mura del Vaticano con il suo piccolo Pietro Elijah Antonio, nato il 14 giugno scorso, e col marito Corrado Lanino, che poi ha tenuto il bimbo, coccolandolo amorevolmente, nella saletta d’attesa accanto all’aula delle udienze. Con la determinazione che l’ha sempre caratterizzata la Chaouqui aveva sempre detto che in caso di condanna sarebbe entrata in carcere con il suo bambino, tanto amato e desiderato e vero “compagno”, ancora nella pancia, in questo incredibile e difficile anno.

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I giornalisti Nuzzi e Fittipaldi, entrambi prosciolti

Ieri infatti, nelle dichiarazioni spontanee rese alla Corte presieduta da Giuseppe Dalla Torre lo aveva ribadito: “Se mi condannerete sono pronta ad andare in carcere con mio figlio”. Non sono mancati momenti di commozione per la donna che ha anche chiesto scusa alla Corte “per le altre dichiarazioni fatte da me in aula e alla stampa, che non rispecchiavano il mio pensiero: sono una persona orgogliosa e rabbiosa, il mio carattere mi porta a commettere errori. Ma ora voglio esprimere stima per la Corte, se non l’avessi avuta non avrei partecipato al processo. L’avvocatessa Laura Sgrò ha vissuto passo passo le mie sofferenze di questi mesi per la distruzione della mia immagine come professionista e come essere umano. Non sono la persona che è emersa. Qualsiasi pena non sarà mai più grande della sofferenza sperimentata in questi mesi”. Riferendosi in particolare alle “rivelazioni” su una presunta relazione con Vallejo Balda contenute nel memoriale dettato dal monsignore a un funzionario della Gendarmeria, la Chaouqui ha poi scandito, aprendo uno scenario inedito: “Le bugie di Balda hanno rischiato di distruggere la mia famiglia. E quelle carte non sono uscite né dagli avvocati né dalla Gendarmeria”. Ugualmente inquietante un’altra frase: “Esistono 4 o 5 verbali di mie dichiarazioni alla Gendarmeria che non sono agli atti”.

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Francesca Immacolata ha stupito ancora quando ha affermato nella dichiarazione finale: “Ero a conoscenza dell’attico di Bertone da 2 anni perché avrei dovuto aspettare a divulgare le carte? A casa, in cassaforte, ho tutti documenti e potrei darli a chi voglio. Non lo farò mai. Mi hanno arrestata perché ho detto di aver dato un documento a Nuzzi. Loro davano per scontato che l’avessi fatto. Ma il documeto word sul Vatican asset management che ho detto di aver mandato a Nuzzi era solo una rassegna stampa. Inoltre non ho mai ricevuto né fatto minacce”, spiegando quel sms mandato l’8 agosto dell’anno scorso in cui apostrofava Balda con parolacce riferibili a presunte tendenze sessuali del monsignore, con il fatto di aver ascoltato, lì in Cambogia dove si trovava in vacanza, un file audio con parole su di lei pronunciate dallo stesso Balda in una cena. Infine ha aggiunto: “Quando sono stata convocata dai gendarmi credevo di dover aiutare la gendarmeria non di essere arrestata. Ci tengo a sottolineare il mio comportamento corretto, sempre”. E ora cosa farà oltre che la mamma? “Scriverò un libro per raccontare a mio figlio com’è andata”. Servirà anche al piccolo Pietro Elijah Antonio conoscere perché la sua adorata mamma è finita sui giornali di tutto il mondo, prima perché unica donna della Cosea, poi per un’accusa infamante. Lui, oggi così piccino, eppure così partecipe alla vita familiare perché, dice Francesca Immacolata Chaouqui: “Il suo bene non prescinde dal mio, non ancora. Ha venti giorni. Merita gioia. Merita giustizia”.

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