La vendetta del Duce. In panchina

17 giugno 2016

di Sarina Biraghi*
sarina_biraghi_defPalazzo Venezia, costruito col travertino del Colosseo e del Teatro di Marcello è l’esempio paradigmatico del rinascimento romano. Dicono gli architetti. Ma per tutti, è il Palazzo dal cui balcone il Duce arringava le folle. E i pavimenti, con i fasci littori, furono calpestati da un’innamoratissima Claretta Petacci che saliva lo scalone per incontrarsi con un’affamato di sesso come fu il suo Benito. Ora il giardino di Palazzo Venezia è stato riqualificato e quell’alone di storia ed ideologia sembra ancora incombente. Per uno scherzo del destino, il Duce è tornato a sedersi sulle panchine nuove di zecca installate all’interno dell’area verde di quello che fu il “suo” Palazzo del governo. Sì, perché quelle panchine hanno una targhetta con la scritta “Benito”. Rievoca il nome di Mussolini, ma si tratta solo di una strana coincidenza: è il nome della ditta spagnola produttrice di quei sedili. Sì poteva evitare? No, perché la società iberica ha vinto la regolare gara, ed era ovviamente ignara di quello che il nome Benito associato a Palazzo Venezia evoca nella memoria degli italiani. Insomma, per qualche nostalgico, è un “bentornato Mussolini”. *Condirettore de Il Tempo

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