Pangea: no a fare del Coronavirus il “nuovo raptus di gelosia”

Pangea: no a fare del Coronavirus il “nuovo raptus di gelosia”
3 aprile 2020

Le Regioni devono usare ‘rapidamente’ i margini finanziari che hanno avuto per sostenere i centri antiviolenza e le case rifugio così da fronteggiare le conseguenze dell’emergenza Coronavirus che ha avuto risvolti drammatici sul già enorme problema della violenza sulle donne. E’ quanto afferma Simona Lanzoni, vice presidente Fondazione Pangea Onlus e coordinatrice rete Reama, la quale sottolinea come sia ‘urgente’ che la commissione Bilancio del Senato approvi il pacchetto di emendamenti al decreto Cura Italia firmato da tutte le componenti della commissione femminicidio, presieduta dalla senatrice Valeria Valente.

L’emergenza Coronavirus ha visto aprirsi una ‘nuova, bruttissima pagina per le donne, che vede la violenza entrare in casa insieme al Covid, con il rischio che quest’ultimo inizi a mietere ancora più vittime, questa volta per mano di un uomo maltrattante’, dice Lanzoni, che ricorda la dichiarazione delirante fornita nei giorni scorsi sul femminicidio di Lorena Quaranta, la studentessa di medicina di Messina strangolata dal proprio compagno: ‘l’ho uccisa perché mi aveva trasmesso il Coronavirus’ (rivelatosi peraltro poi una falsità) o il caso del ’48enne positivo al Coronavirus’ in cui ora si legge nei giornali l’accostamento tra violenza contro le donne e Covid-19′.

‘Eccoli i nuovi stereotipi ai tempi del Covid – insiste Lanzoni – il virus utilizzato nel linguaggio ma anche dagli stessi assassini come una ‘motivazione’ che risulta quasi un’attenuante. Non avalliamo certi stereotipi, non diamo voce a chi li sta utilizzando per nascondere l’omicidio di una donna in quanto donna. Non facciamo che il tema Covid diventi il nuovo ‘raptus di gelosia’. Il dato registrato dal numero di pubblica utilità 1522 lo dimostra l’emergenza nell’emergenza: si è registrato un calo di telefonate che va dal 30 al 50%. I centri aderenti alla rete Reama lo confermano: in tutta Italia, da nord a sud (con rare eccezioni) hanno evidenziato una netta diminuzione delle telefonate di aiuto, degli accessi e delle prese in carico. Anche l’Onu ha dichiarato che in isolamento e dunque sotto l’emergenza Covid-19 il livello della già diffusa violenza domestica rischia di aumentare.

La ministra Bonetti ha annunciato che ci saranno a disposizione a breve i fondi ordinari previsti per i centri antiviolenza e le case rifugio programmati per il 2019 per contrastare la violenza in questo momento di emergenza. Questi sono i fondi ordinari quindi previsti per il normale funzionamento di questi servizi a prescindere da eventuali emergenze come quella che stiamo vivendo ora. ‘Di solito – spiega Lanzoni – questi fondi vengono distribuiti alle Regioni dopo che queste rendicontano al DPO come hanno speso quelli degli anni precedenti. Sappiamo infatti che ci sono Regioni che ancora non hanno rendicontato il 2017 ed alcune il 2018. In emergenza – prosegue – il DPO ha deciso di inviare comunque i finanziamenti a tutte le Regioni anche a quelle che non brillano in rendicontazione e trasparenza su quanto e come hanno speso i soldi dedicati alla prevenzione e contrasto della violenza’.

‘Sarebbe quindi fondamentale – sottolinea – che le Regioni distribuiscano al più presto i finanziamenti alle case rifugio e ai centri antiviolenza, con assegnazione in deroga, almeno a quelli che sono stati mappati dall’Istat già nel 2017, ovvero le 232 case rifugio e i 281 centri antiviolenza (almeno a quelli che non hanno chiuso in questi ultimi due anni come è successo per esempio ad alcuni della rete Reama a vallo della Lucania), questi sono i centri che rispettano i criteri della intesa Stato regioni del 2014. Ci sono poi altri centri antiviolenza e case rifugio che ne rimarranno fuori, un altro centinaio’.

Ci sono soldi in più? ‘La ministra Bonetti nell’incontro che ha avuto al tavolo antiviolenza a cui abbiamo partecipato come Fondazione Pangea assieme alle altre associazioni nazionali, Telefono Rosa, Udi, Dire, ha spiegato che destinerà altri fondi, per coprire costi di gestione e alloggi straordinari per emergenza COVID in riferimento al lavoro delle case rifugio, strutture trovate anche grazie alla sinergia con il ministero dell’Interno, via prefetti. Ad oggi questi dovrebbero essere circa due milioni di euro’.

Molto possono fare gli emendamenti bipartisan presentati dai componenti della commissione di inchiesta del Senato sul femminicidio e la violenza di genere, presieduta dalla senatrice Valente. ‘Questo emendamento sarebbe estremamente utile, primo perché la misura sulle case rifugio andrebbe ad integrazione dei fondi del DPO e permetterebbe di aumentarli portandoli tra i 4 e 6 milioni per destinare spazi aggiuntivi per case rifugio, dispositivi sanitari e tecnologici che servono ad accogliere al meglio donne e bambini in questo periodo di covid, almeno questa è la cifra di cui si parla in questo emendamento, inoltre si chiede anche che tramite Inps le donne che vivono violenza e che non hanno diritto per motivi vari a nessuna delle misure già in atto dall’Inps, ci sia la possibilità di usufruire di un contributo in questo periodo in cui qualsiasi tipo di lavoro al di fuori dei generi alimentari e sanitari sono completamente inesistenti’, sostiene.

Poi vengono affrontate anche altre tematiche: ‘la questione della Garanzia dell’applicazione rigorosa delle misure civili e penali aiuterebbe ad allontanare i maltrattanti piuttosto che le donne; richiede di fare chiarezza sugli incontri protetti e le visite genitoriali, cosa chiesta da Fondazione Pangea e la rete Reama ormai venti giorni fa per non creare vittimizzazione secondaria per quelle donne che vivono violenza; inoltre è importante perché parla anche dell’adozione di specifiche misure per l’accoglienza e la protezione delle donne migranti, comprese le donne vittime di tratta, le richiedenti asilo e le rifugiate. Finalmente qualcuno ne parla, perché queste donne vivono una situazione di ulteriore fragilità in questo momento di COVID in quanto straniere o con statuti giuridici che limitano l’accesso e la disponibilità dei propri diritti’.

‘Tutti questi motivi rendono veramente impellente che il Governo si faccia seriamente carico del tema violenza, tutto il governo non solo il dipartimento pari opportunità, o la ministra dell’Interno. Sarebbe importante quindi che passi nel prossimo decreto questo emendamento della Commissione femminicidio e inoltre sarebbe un bel segnale se questo emendamento, già firmato in maniera trasversale da tutti i componenti della commisione feminicidio, sia anche assunto dai partiti che rappresentano i vari componenti della commissione, perché la violenza sulle donne è una questione trasversale e in tempo di COVID sarebbe un bel segnale di unità su un tema così scottante’, fa notare Lanzoni.

Pangea, nel frattempo, ha messo in campo tutti i suoi servizi https://www.reamanetwork.org/2018/10/04/la-rete/ ed è inoltre da sempre attivo lo sportello di coordinamento nazionale on line, per cui una donna che non può parlare può inviarci una mail a sportello@reamanetwork.org. ‘Le modalità on line pensate fin dall’inizio da Pangea, in questo periodo di reclusione dovuto all’emergenza Covid-19, si sono mostrate all’avanguardia e proprio per questo i nostri sportelli registrato un andamento in contro tendenza, perché per le donne è più facile scrivere che parlare. Inoltre questi servizi sono fondamentali per non far sentire le donne sole, infatti si deve rompere il doppio isolamento psicologico creato da un lato dall’uomo violento e dall’altro dalle restrizioni del covid-19’.

‘Non possiamo abbassare la guardia, né ora ma neanche dopo: Il tema della violenza contro le donne è l’emergenza nell’emergenza, oggi ne stiamo vedendo gli effetti a stretto giro sulle donne recluse, ma domani? Le ricadute maggiori di questa recrudescenza della violenza durante l’isolamento saranno dopo: in termini di salute pubblica, per tutte le donne che hanno subito violenza in questo periodo senza poterne denunciare gli effetti, in termini di rinascita perché per molte è stato difficile continuare il percorso di fuoriuscita dalla violenza che avevano faticosamente intrapreso’, conclude la vice presidente di Fondazione Pangea Onlus e coordinatrice rete Reama.

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