Laurea honorem alla memoria in Discipline dello spettacolo a Totò

5 aprile 2017

Chissà se, come qualcuno ha sostenuto oggi, Totò avrebbe riso della laurea honoris causa che gli è stata conferita in “Discipline della musica e dello spettacolo. Storia e teoria”. Un riconoscimento dell’università Federico II di Napoli, in occasione dei 50 anni dalla sua scomparsa. Di certo, il principe della risata, al secolo Antonio de Curtis di Bisanzio, avrebbe molto apprezzato gli applausi e le parole dotte e intrise di riconoscenza e di affetto che sono state pronunciate nella storica aula magna dell’ateneo più antico d’Europa. A ricevere la pergamena, direttamente dalle mani del rettore Gaetano Manfredi, la nipote Elena Anticoli de Curtis, figlia di Liliana. Una donna piccola, con i capelli brizzolati che, nelle fattezze, ricorda molto il celebre nonno. Non riesce a trattenere la commozione quando dichiara: “Certamente questa ‘laura’, come avrebbe detto lui, sarebbe stata una rivincita contro le sue personali insicurezze. Oggi gli è stata restituita un po’ di quella gioia che, da mezzo secolo, lui regala a noi”. Applausi e abbracci. Una giornata di festa per celebrare un unicum dello spettacolo e della cultura italiana, per troppi anni snobbato dalla critica, ma sempre amato dal popolo. Una verità storica che, solo a distanza di anni, ha ricevuto la giusta attenzione relegando nell’angolo la definizione di “guitto” per trasformarla in artista “rivoluzionario” e geniale.

E dalle parole di tutti gli illustri relatori, dal professore di Letteratura italiana Matteo Palumbo, a quelle del rettore Gaetano Manfredi, fino alla laudatio academica che ha pronunciato, a braccio, Renzo Arbore, è emersa propria la capacità di Totò di sapere unire tutti: dal povero al ricco, dal popolano all’aristocratico, dal borghese all’analfabeta, non facendo nessuna distinzione di classe sociale oppure di provenienza territoriale. “Totò è un patrimonio del Paese. Ha saputo essere una cultura unificante – ha detto il rettore – ha unito varie parti del Paese, ma anche più strati sociali”. “Adesso nessuno si meraviglia più se c’è stato qualcuno che ha paragonato Totò a Wittgenstein – ha detto il professor Palumbo – i giochi linguistici del filosofo austriaco e il linguaggio del comico non sono poi così lontani tra loro. L’accostamento non è un azzardo”. “In quel dopoguerra così doloroso e triste irruppe un personaggio curioso – ha raccontato Arbore ripercorrendo i suoi ricordi di bambino – con un volto curioso, movimenti curiosi e una lingua strana. L’Italia si riscoprì più unita e più divertente”. Lo showman, abbandonando i fogli sui quali aveva appuntato il discorso, si lascia trascinare dalla memoria e dalle storie della sua Foggia quando, nel cinema cittadino, tra i film del neorealismo e i romantici lungometraggi strappalacrime, irruppe la particolare arte di Totò.

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“Ricordo quando mio padre mi portò a vedere Fifa e arena. La gente nella sala non sventolava più i fazzoletti per piangere, ora rideva”, ha ripercorso con la mente Arbore. E la laudatio va avanti, per diversi minuti, tra aneddoti e memorie, tra risate e commozione. “Anche la sua morte fu unica. Ai suoi funerali, nella chiesa del Carmine a Napoli, quando Nino Taranto disse `Totò, hai fatto il tutto esaurito’, ci fu il primo e sconvolgente applauso al termine di un rito funebre”, ha ricostruito Arbore parlando di quanto avvenne nell’aprile 1967. “Totò veniva dalla commedia dell’arte, dall’avanspettacolo, ma dobbiamo ringraziare i cosiddetti registi `frettolosi’ se iniziò la magica arte dell’improvvisazione, appoggiato dalle spalle storiche come Aldo Fabrizi e Peppino De Filippo. Senza di loro – ha proseguito Arbore -, non sarebbe stato quello che è stato. Monicelli mi raccontava che, a volte, lasciava la macchina da presa accesa e andava via, dopo avergli detto `adesso vai avanti tu, fai tu'”. Un artista vero che, nell’ultima fase della sua vita, fu amato anche dagli intellettuali come Pierpaolo Pasolini che lo volle nel film Uccellini e uccellacci, ultima opera di Totò. “Moravia, dopo aver visto `Totò a colori’ – ha svelato Arbore – disse che quello non era un attore, ma era un fenomeno di cultura. E io aggiungo – ha concluso – un rivoluzionario”. E in questa giornata di festa, anche il governo ha voluto essere presente a una cerimonia così rappresentativa per la vita culturale del nostro Paese. “Sono qui come ministro della Cultura, ma anche come innamorato di Totò”, ha dichiarato Dario Franceschini.

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