Letta ci crede, “Pd è vivo”. E avvia “dialogo” con M5s

17 aprile 2021

Si è corso il rischio di “buttare via” tutto ma il dibattito nei circoli dimostra che il Pd “è vivo”. Enrico Letta tiene la sua prima assemblea da segretario del partito e ribadisce la strada indicata un mese fa, il giorno dell’insediamento. “Non mi sono pentito – assicura – sono sempre più convinto di questa straordinaria impresa collettiva”. Il suo “nuovo Pd”, ripete, dovrà tenere insieme diritti e impegno su lavoro ed economia, le due cose non si escludono affatto. E, per vincere le prossime elezioni, dovrà lavorare alla costruzione di un “nuovo centrosinistra che dialoghi con M5s”.

Il tema dei diritti è cruciale, per il segretario, non ha senso separare questo argomento dall’impegno sulle questioni economiche: “C’è chi dice che occuparsi di diritti mentre c’è la pandemia non è il momento migliore. Esco da questo mese fermamente convinto che si può tenere insieme la difesa dei diritti e l’impegno per la fine del mese per ogni italiano”. E dunque, ecco la richiesta a Mario Draghi di “dare seguito al voto del Senato” per concedere la cittadinanza italiana a Patrick Zaki. Lo stesso vale per il voto ai sedicenni, tema che – sottolinea il segretario – “è risultato divisivo dai vademecum sottoposti ai circoli. Ma io sono convinto, ci credo: vuol dire che bisogna fare un grosso lavoro per capire come venire incontro alle criticità che vengono segnalate”.

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Letta ricorda poi “le priorità” del Pd sul Pnrr: il sud, i giovani, le donne e, soprattutto, il lavoro. Propone al governo e al resto della maggioranza “una cosa come quella che fece Ciampi nel luglio del 1993, un grande patto per la ricostruzione del nostro paese”. Molto tempo è dedicato al partito, Letta spiega come deve cambiare, cosa non deve più essere. Innanzitutto, non deve essere un partito “del leader”, ma una “intelligenza collettiva”. Un soggetto capace di rianimare la partecipazione e di aprirsi “all’esterno”, come si comincerà a fare con le “agorà democratiche” che partiranno il primo luglio. Un percorso “di ascolto”, ma anche “un modo per ripensare il nuovo partito, ma anche un modo per aprire un dibattito sul futuro della democrazia”.

Bisognerà sfruttare il “digitale buono”, per avvicinare le persone: non una cosa alla Rousseau, ovviamente, ma neanche, appunto, il “partito del leader” come sono ormai molte forze politiche in Italia. Conclude Letta: “Ci rendiamo conto di cosa abbiamo rischiato? Abbiamo rischiato di buttare via un partito che oggi è arrivato alla sua potenziale fase di maturità!”.

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