L’ex numero 1 del Buddismo cinese indagato per molestie sessuali

L’ex numero 1 del Buddismo cinese indagato per molestie sessuali
L'abate Xuecheng
23 agosto 2018

L’ex numero uno dell’associazione buddista gestita dal governo cinese, l’abate Xuecheng, è finito sotto inchiesta per un presunto assalto sessuale. Xuecheng, membro del Partito comunista cinese e abate del monastero Longquan di Pechino, è uno dei pesci più grossi finito nella rete delle accuse di molestie sull’onda di una crescente attività del movimento #MeToo in Cina.

Il religioso si è dimesso questo mese dopo che altri monaci l’hanno accusato di comportamento improprio sul fronte sessuale e su quello finanziario. In un rapporto di 95 pagine circolato online alla fine del mese scorso, due monaci accusavano Xuecheng di aver mandato messaggi di testo espliciti ad almeno sei donne, minacciandole o invitandole a fare sesso con lui e sostenendo che questa attività era parte dei loro studi buddisti. L’Autorità nazionale degli affari religiosi, principale organismo di controllo di settore ha detto di aver verificato che Xuecheng ha inviato “messaggi minacciosi”, aggiungendo che le autorità hanno avviato nei suoi confronti un’inchiesta penale.

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Gli inquirenti hanno anche scoperto prove che il monastero Longquan ha violato le norme finanziarie nazionali. Xuecheng, 51 anni, si è dimesso in una riunione dell’Associazione buddista di Cina che s’è tenuta questo mese, in seguito alle accuse. L’abate è anche membro della Conferenza consultiva politica del popolo cinese, la principale istituzione consultiva del Pcc. Quello di Xuecheng, in Cina è un nome che conta: monaco buddhista, membro del “Quánguó Rénmín Zhèngzhì Xiéshāng Huìyì”, il comitato nazionale della conferenza consultiva del popolo cinese, presta servizio come abate presso i templi di Guanghua, Famen e il Monastero Longquan di Pechino. Dal 2015 presidente dell’Associazione Buddista della Cina, classe 1966, arriva da una famiglia di religiosi: una nonna monaca, la madre devota e il padre ragioniere con fama di grande benefattore.

Lui stesso si avvicina alla fede buddista all’età di 12 anni, quando dedicata buona parte delle sue giornate alle preghiere e le meditazioni, prima di fare i compiti assegnati a scuola. Un uomo dalla fede profonda che ha fatto voto di celibato, su cui nessuno poteva immaginare una sola pecca, che invece sta diventando un caso che scuote nel profondo la Cina: Xuecheng è stato accusato di “cattiva condotta sessuale”, e di aver indotto al suicidio diverse delle sue vittime. A raccontarlo sarebbe un dossier di 95 pagine, come detto, presentato lo scorso luglio alle autorità cinesi da due monaci del tempio di Longquan, a Pechino, che accusano il monaco di molestie sessuali e aggressioni nei confronti di diverse monache. Xuecheng ha replicato con una breve dichiarazione postata sul social “Weibo”, l’equivalente cinese di Twitter, in cui rassicura il suo milione di follower di essere totalmente estraneo alle accuse.

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Nel post, Xuecheng parla di una cospirazione realizzata ad arte con documenti contraffatti che distorcono la realtà al solo scopo di minare il suo buon nome. Ma l’amministrazione statale cinese per gli affari religiosi avrebbe dichiarato di “prestare grande importanza” alle accuse mosse contro il monaco, accompagnata dall’intenzione di aprire una procedura interna “di indagine e verifica”. La relazione presentata dai due accusatori, conterrebbe numerosi episodi di messaggi sessualmente espliciti che Xuecheng avrebbe inviato ad almeno sei suore.

Nei messaggi, il monaco avrebbe chiesto l’obbedienza totale, compresi i favori sessuali, come parte del loro studio delle dottrine buddiste. Il documento conterrebbe anche i racconti dettagliati di alcune delle presunte vittime, molte delle quali affermano di essere state così devastate dall’esperienza da diventare mentalmente instabili o di aver addirittura tentato il suicidio. Shi Xianqi e Shi Xianjia, i dei due monaci autori del documento di denuncia, che oltre agli abusi sessuali include anche accuse di corruzione, starebbero collaborando attivamente con le autorità. “Abbiamo presentato ulteriori prove – hanno raccontato – ora aspettiamo il risultato dell’inchiesta governativa”.

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