M5S passa il test Regionali. L’affondo di Grillo: inforneremo tacchino Pd

M5S passa il test Regionali. L’affondo di Grillo: inforneremo tacchino Pd
1 giugno 2015

Beppe Grillo era “un po’ stanchino”, come il Forrest Gump del film con Tom Hanks, quando nominò il contestato direttorio del Movimento 5 stelle per poter affidare la gestione a un gruppo di fedelissimi. Lo è meno dopo la prima campagna elettorale dalla nascita del movimento nella quale non è stato costretto a girare come una trottola decine di piazze per sostenere lo sforzo dei suoi. Il risultato è discreto, M5s è una realtà ormai consolidata: cala nei numeri rispetto alle consultazioni politiche ed europee ma è l’unica opposizione radicata su tutto il territorio nazionale. Nei ringraziamenti agli elettori e ai suoi fedelissimi, Grillo lancia messaggi ottimistici: “Il prossimo ringraziamento – avverte – sarà alle politiche. Un giorno del ringraziamento con il tacchino del Pd nel forno”. Poi promette: “Io sarò sempre presente, come Casaleggio”. Nel mirino della polemica, il leader M5S mette ancora una volta Matteo Renzi: “Non si gestisce un Paese con le menzogne e con l’arroganza”.

E “alle sirene della sinistra che ci vorrebbero assessori o alleati” Grillo “ricorda che il M5S voterà in Consiglio regionale (e in Parlamento) ogni proposta che sia contenuta nel suo programma o che porti un beneficio ai cittadini. Le alleanze e gli inciuci non ci appartengono”. Un concetto ribadito anche dalla candidata pugliese Antonella Laricchia, per replicare all’offerta di un assessorato lanciata dal neopresidente pugliese Michele Emiliano, di fatto giudicata una sorta di polpetta avvelenata: “Non siamo affatto in sintonia, né nei contenuti, né nei metodi”. Dentro il Movimento 5 stelle, il risultato consegna una conferma importante al vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, da tempo ormai uomo di punta della compagine stellata. Dopo la delusione delle europee e delle regionali del 2014, è lui l’artefice della ricostruzione dell’immagine del movimento: con l’ok al compromesso in Parlamento sugli ecoreati, il sì al dialogo sul reddito di cittadinanza (vera arma programmatica dei grillini) e la svolta televisiva, che ha portato alla cancellazione dell’ostracismo nei confronti dei talk show.

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Non a caso il suo primo commento è “siamo forza di governo”, e il secondo, più lungo e meditato, prefigura l’approdo finale: “Dietro il nostro risultato – dice Di Maio, che non manca di sottolineare il 31 per cento ottenuto dal movimento nella sua Pomigliano d’Arco – c’è un’idea di Paese. Un Paese diverso da quello che ci hanno consegnato Pd e Forza Italia. Un’idea di Paese che passa per un nuovo modo di concepire le politiche pubbliche, con al centro il cittadino e non più gli affari”. “Quando si pone la persona al centro delle politiche pubbliche, cambia – afferma il vicepresidente della Camera – la struttura dello Stato. La scuola non è più una spesa, ma un investimento.
Gli F35 non sono più una priorità, ma uno spreco. I vitalizi diventano il passato, i soldi delle pensioni si trovano ad ogni costo, il reddito di cittadinanza diventa la prima legge da approvare (altro che legge elettorale). Equitalia diventa il nemico dello Stato, non il carrozzone da foraggiare. L’ambiente diventa un principio costituzionalmente garantito. Il lavoro un diritto. Se ci permetterete di compiere questa rivoluzione gentile, il Paese lo cambieremo davvero, insieme e senza scambi di poltrone o inciuci”.

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