Nomination democratica, negli Usa si vota in 6 Stati, il Michigan decisivo per Sanders

Nomination democratica, negli Usa si vota in 6 Stati, il Michigan decisivo per Sanders
Joe Biden e Bernie Sanders
10 marzo 2020

Sei Stati al voto, 352 delegati in palio per l’ex vicepresidente Joe Biden e il senatore Bernie Sanders, che si contendono la nomination democratica per le prossime presidenziali statunitensi. Un Super Tuesday 2 stanotte, anche se ‘mini’, a cui i due candidati arrivano a posizioni invertite: Biden, addirittura considerato, dieci giorni fa, sull’orlo del baratro, ha vinto 10 dei 14 Stati al voto martedì scorso e incassato una serie di ‘endorsement’ importanti, soprattutto tra i candidati ritiratisi dalle primarie, che ha compattato dietro di lui il fronte moderato; Sanders, considerato il favorito dopo i 4 Stati al voto a febbraio, appare ora in netto calo nei sondaggi. Al momento, non è nemmeno evidente il fatto che possa avvantaggiarsi del ritiro della senatrice Elizabeth Warren, con cui condivideva lo spazio progressista nel campo democratico. Tra gli Stati al voto, il più importante è il Michigan, che rappresenta per Sanders quello che la South Carolina era per Biden, lo scorso 29 febbraio: l’àncora, il muro da non far abbattere agli avversari per difendere la propria candidatura.

Il Michigan è uno Stato che Sanders ha vinto, anche se di poco, contro Hillary Clinton, nel 2016: una nuova vittoria potrebbe ancora cambiare la narrazione di queste primarie. L’elettorato, in gran parte bianco e senza laurea, dovrebbe favorirlo: la sua è “una campagna della classe operaia, per la classe operaia”, come ha detto in un comizio della scorsa settimana a Detroit. Gli ultimi sondaggi, però, lo danno in netto svantaggio rispetto a Biden, addirittura di oltre 20 punti; anche contro Clinton, d’altronde, godeva di sondaggi simili. Il Michigan mette in palio 125 delegati, il Missouri 68: la cosiddetta ‘Rust Belt’, il cuore industriale del Paese, è quello che può fare ancora ottenere la candidatura a Sanders. Perdere lì, poi, farebbe cadere anche la tesi secondo cui sarebbe il miglior candidato democratico per riconquistare gli Stati industriali e battere Trump, che quattro anni fa vinse grazie a Michigan, Wisconsin e Pennsylvania. Gli altri Stati al voto oggi sono Washington (89 delegati), Mississippi (36), Idaho (20) e North Dakota (14). Secondo il modello di FiveThirtyEight, il sito del sondaggista politico Nate Silver, Biden è nettamente favorito in tutti gli Stati al voto oggi e l’ex vicepresidente avrebbe ormai il 99% di possibilità di diventare il candidato democratico alle presidenziali.

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Una settimana fa, l’ipotesi più accreditata era, con oltre il 60%, quella di una ‘brokered convention’, ovvero di una convention senza un candidato con in mano la maggioranza assoluta dei delegati. Questo per dire che per stravolgere le previsioni e lo slancio di un candidato, certe volte, basta poco, magari una vittoria a sorpresa. Secondo Silver, “lo spostamento nei sondaggi a favore di Biden è probabilmente il più veloce nella storia delle primarie. Ha guadagnato 36,2 punti nei sondaggi nazionali negli ultimi 14 giorni. Il precedente record era di John Kerry, che aveva guadagnato 32,3 punti nel 2004”. Al momento, Sanders è ancora in gioco: secondo il conteggio ufficiale fornito poco fa dal Comitato nazionale democratico, Biden è in testa con 720 delegati, Sanders ne ha 640. Per ottenere la nomination, serve conquistare 1.990 dei 3.979 delegati ‘pledged’, ovvero impegnati; i 771 superdelegati, liberi di votare per chi preferiscono, entreranno in gioco solo durante l’eventuale seconda votazione, con una ‘brokered convention’.

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