Oliver Stone ha fatto il vaccino russo: “Non capisco perché l’Occidente lo ignori”

Oliver Stone ha fatto il vaccino russo: “Non capisco perché l’Occidente lo ignori”
Oliver Stone
15 dicembre 2020

Ha effettuato un tour in Russia per il prossimo documentario sul cambiamento climatico, e ha pensato di approfittarne e ricevere in loco la dose di vaccino contro il coronavirus sviluppato dal Gamaleya National Center of Epidemiology and Microbiology. Così è andata a Oliver Stone, che lunedì sera ha rilasciato la dichiarazione all’emittente russa Canale 1, specificando di avere intenzione di tornare per ricevere la seconda dose. “Sono fiducioso. È un ottimo vaccino, non capisco perché venga ignorato in Occidente”, ha detto il 74enne regista americano.

“Io sono pieno di speranze e credo che il vostro vaccino vada bene”, ha aggiunto Stone, sottolineando che “l’America nella sua follia considera nemici la Russia e la Cina. Io personalmente non lo condivido. Credo che possano diventare ottimi partner degli Usa”. La Russia ha lanciato la distribuzione del vaccino contro il Covid-19 a livello nazionale alla fine della scorsa settimana, ma limitatamente agli operatori sanitari, gli insegnanti e gli assistenti sociali di età compresa tra i 18 e i 60 anni. Il Moscow Times ricorda che “gli esperti hanno avvertito che potrebbe essere dannoso per i pazienti di 60 anni e più, che sviluppano forme più gravi di Covid-19 e hanno i tassi di mortalità più alti”. Stone, a 74 anni, non rientrerebbe dunque nella finestra di età consigliata per essere vaccinato con lo Sputnik V.

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La Russia pone molta fiducia nel suo vaccino, arrivato sulla scena mondiale per primo e forse ingiustamente ‘snobbato’ dalle comunità scientifiche europee e americane. Infatti nonostante l’alto livello della scienza sovietica lo Sputnik V, così come il vaccino cinese, ha dovuto subire sospetti e critiche per la velocità dei test e la mancanza di trasparenza. Ma per Kirill Dmitriev, direttore del Fondo russo per gli investimenti diretti (RDIF),con laurea ad Harvard e Stanford, questi dubbi non sono altro che ‘un frutto dell’ ignoranza, dei pregiudizi e della disinformazione’, bocconi avvelenati seminati dai competitors.

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