Primarie Pd, ritardano dati. Ed è guerra di cifre tra mozioni

Primarie Pd, ritardano dati. Ed è guerra di cifre tra mozioni
Matteo Renzi e Maurizio Martina
20 gennaio 2019

A 14 giorni dall’inizio delle convenzioni ed a tre dalla fine, mancano ancora i dati ufficiali – seppur parziali – delle primarie Pd. Attesi per la fine della scorsa settimana e poi ancora ieri pomeriggio, di ufficiale c’e’ solo la dichiarazione di ‘guerra’ tra le mozioni che, piu’ o meno provocatoriamente, passano ‘sottobanco’ i dati dei congressi di circolo alla stampa e al web. Celati dalla riservatezza delle fonti parlamentari, alcuni protagonisti quotidianamente producono un bollettino apertamente contestato dalle mozioni opposte e, soprattutto, da quella di Martina che – scrive anche oggi – si vede “costretta ancora una volta per trasparenza a comunicare i dati in nostro possesso”.

Se per alcune fonti i dati ufficiosi vedono Nicola Zingaretti saldamente in testa con il 48,4 per cento (21.976 voti su 45.398) – distaccando il segretario uscente al 33,4% (15.160 voti), Roberto Giachetti al 13,5% (6126 voti), Francesco Boccia al 3,3% (1506 voti), Dario Corallo allo 0,7% (337 voti) e Maria Saladino allo 0,6% (293 voti) – per Tommaso Nannicini, responsabile nazionale della Mozione Martina, le distanze sono ben altre: Zingaretti 44,6 – Martina 40,8 – Giachetti 11,1 – Boccia 2,7 – Corallo 0,4 – Saladino 0,4. “Oggi – denuncia infatti Nannicini – per avvalorare tesi numeriche insostenibili, sono stati divulgati addirittura grafici non corretti sui risultati parziali del congresso del Partito Democratico”.

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Ma la denuncia piu’ pesante e’ quella di Giachetti che punta platealmente il dito contro la Commissione che gestisce e garantisce lo svolgimento del congresso che, scandisce, “non ha ancora fornito un solo dato ufficiale. Ci sarebbe da ridere se la cosa non avesse risvolti assai preoccupanti”. “Nel frattempo – aggiunge dalla Calabria – girano ovunque, in rete e nelle chat, dati, spesso fantasiosi, diffusi dai comitati degli altri candidati. Un gioco al massacro della credibilita’ del nostro Partito e della serieta’ del congresso al quale noi ci siamo unilateralmente rifiutati di partecipare”. Tralasciando “qualunque valutazione politica su come si sta gestendo questa fase congressuale”, Giachetti rivolge un appello e una “richiesta semplice: ci sono gia’ da giorni decine di migliaia di voti espressi dai nostri iscritti.

E’ possibile avere un quadro chiaro e ufficiale di come stanno andando i risultati? Di quanti votano e di come votano?. Cosa si aspetta a pubblicare dei dati, seppur parziali, ufficiali? Non pensa la commissione che anche i candidati abbiano il diritto di conoscere l’andamento del voto? Siamo praticamente alla fine dei congressi di circolo, speriamo che almeno sia possibile avere un dato finale ufficiale prima della convenzione nazionale”, conclude. Su un fronte parallelo si muove invece a grandi passi, e comunque anch’esso tra le polemiche, il Manifesto di Carlo Calenda.

Oggi, l’ex ministro, esulta con dedica al vetriolo per Marco Travaglio: “La brigata europeista ‘la disperata’ ha appena superato i 60.200 membri! #SiamoEuropei”. Il direttore de Il Fatto aveva infatti dedicato al progetto di Calenda un approfondimento dal titolo “Arriva il listone dei Disperati”. “Definire disperati 30 tra i migliori amministratori locali, personalita’ dell’imprenditoria e dell’Accademia, operai e volontari e 50.000 cittadini, caro @marcotravaglio – e’ stata la replica piccata dell’ex titolare del Mise – e’ una cosa miserabile anche per i tuoi standard. Alla fine sei davvero solo un fascistello maleducato”.

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