Scossa su Palazzo Chigi, dopo l’Umbria Conte-Pd avvertono Iv-M5s: basta smarcamenti o…

Scossa su Palazzo Chigi, dopo l’Umbria Conte-Pd avvertono Iv-M5s: basta smarcamenti o…
Andrea Orlando
28 ottobre 2019

Lo schiaffo è stato più forte del previsto, la sconfitta in Umbria pesa sul governo e sulla maggioranza e tra gli alleati scatta il gioco del rimpallo delle responsabilità. Con una novità, rispetto agli ultimi tempi: stavolta a mandare avvertimenti sono anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il Pd di Nicola Zingaretti, finora un po’ stretti nella morsa di Italia viva e M5s, che sulla manovra sfidano quotidianamente premier e alleati. Così non si va avanti, è il senso, basta smarcamenti, serve gioco di squadra. Il vice-segretario Pd Andrea Orlando lo dice chiaramente: “Se si va avanti così il Pd potrebbe staccare la spina”. Se Luigi Di Maio e M5s sembrano archiviare l’idea dell’alleanza strutturale col Pd e Matteo Renzi infierisce con un “ve l’avevo detto”, Conte cerca di riportare tutti alla calma, piantando però anche qualche paletto. “Quello che voglio dire è che dobbiamo e recuperare spirito di coesione e non dobbiamo aver paura”. L’esperimento per Conte va ripetuto: “Lascio la libertà ai leader delle varie forze politiche di fare le valutazioni ma chiedo anche – ha spiegato – di prendersi del tempo. Si può anche valutare come migliorarla, tornare a riflettere, abbiamo varie elezioni regionali che ci aspettano, abbiamo tutto il tempo per fare una valutazione condivisa”.

Le parole del leader M5s del resto allarmano il premier. Dice Di Maio: “Questo esperimento e tutta la teoria per cui dovevamo allearci con un’altra forza, non ha funzionato, perchè siamo ai livelli più bassi di sempre”. Dunque per Di Maio “bisogna azzerare le aspettative: tornare allo spirito originario del M5s”. E ancora: “Dobbiamo dirci che il M5s che sia al governo con la Lega o che ci sia con il Pd, non ne trae giovanmento. Per quanto col Pd ci lavoro meglio che con la Lega, fa male lo stesso”. Renzi, poi, infierisce. Prima rivendica il merito della nascita del governo (“L’Italia rischiava di essere l’Umbria, dovrebbero ringraziarmi”), poi attacca: “E’ una sconfitta scritta figlia di un accordo sbagliato nei tempi e nei modi. Lo avevo detto, anche privatamente, a tutti i protagonisti. E non a caso Italia Viva è stata fuori dalla partita. In Umbria è stato un errore allearsi in fretta e furia, senza un’idea condivisa, tra Cinque Stelle e Pd. E non ho capito la ‘genialata’ di fare una foto di gruppo all’ultimo minuto portando il premier in campagna elettorale per le regionali”. Nicola Zingaretti, con toni soft, si lamenta appunto della litigiosità degli alleati: “Rifletteremo molto su questo voto e le scelte da fare, voto certo non aiutato dal caos di polemiche che ha accompagnato la manovra economica del Governo”.

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La stoccata a Renzi però non la risparmia: “Il risultato intorno a Bianconi conferma, malgrado scissioni e disimpegni, il consenso delle forze che hanno dato vita all’alleanza”. Ma, appunto, è Orlando che a fine giornata dà voce al sentimento che comincia a crescere nel Pd: “Se si va avanti così sarà inevitabile che il Pd si ponga il tema di staccare la spina. Siamo a un bivio. Tirando a campare il populismo si amplifica. Il tema è la natura irrisolta della coalizione. Lo dico con grande chiarezza: non si può stare in una esperienza di governo con un piede solo”. Perché il Pd capisce bene che esiste il rischio di un bis del governo Monti, quando i democratici di fatto si ritrovarono da soli a difendere le scelte del governo, mentre Fi – che pure sosteneva l’esecutivo – di fatto usava toni da opposizione ogni giorno. Il risultato fu la “non vittoria” del 2013. Un’esperienza che Zingaretti non vuole rivivere.

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