Soldi e champagne dal clan, arrestati cinque carabinieri

Soldi e champagne dal clan, arrestati cinque carabinieri
28 gennaio 2020

Avvertiva Camillo Petito, esponente di vertice del clan Puca, e con anticipo, di operazioni ad alto impatto; gli consentiva di circolare in auto per le strade di Sant’Antimo pur non potendo, dato che il magistrato di sorveglianza lo aveva sottoposto a divieto di guida; falsificava l’orario in cui questi si presentava negli uffici per assolvere alle prescrizione del magistrato di sorveglianza; non dava esecuzione a un’ordinanza che disponeva una multa come sanzione per aver violato la liberta’ controllata. E quando, durante una perquisizione, a Petito vennero sequestrati oltre 54.000 euro in contanti, sostenne con i colleghi che il denaro non era frutto di attivita’ illecite, e che Petito non faceva parte piu’ del clan Verde, aiutandolo ad eludere le investigazioni. E’ quanto il gip di Napoli, Valentina Gallo, contesta a un maresciallo maggiore in servizio alla caserma di Sant’Antimo tra i destinatari della misura cautelare in carcere, con in beneficio dei domiciliari, nell’ambito di un’inchiesta condotta gli stessi militari dell’Arma per le commistioni in quel comune del Napoletano fra camorra e divise.

Tra i carabinieri indagati, anche il comandante della Tenenza che aveva omesso di denunciare il falso materiale commesso dal suo sotto posto di cui aveva notizia. Ma non era solo il clan Verde a corrompere i carabinieri. Anche un affiliato non ancora identificato del clan Ranucci venne ad esempio aiutato da militari dell’Arma a sottrarsi all’esecuzione della pena a tre anni di carcere dopo una sentenza passata in giudicato. Inoltre i carabinieri infedeli fecero si’ che nella banca dati delle forze della polizia non risultassero alcune frequentazioni del capoclan Pasquale Puca, detto Pasqualino ‘o minorenne, detenuto al 41 bis, anche lui tra i destinatari dei provvedimenti restrittivi. In cambio, con cadenza mensile e attraverso l’ex capo del consiglio comunale Francesco Di Lorenzo, i militari dell’Arma hanno ricevuto denaro, generi alimentari, comprese cassette di pesce e bottiglie di champagne, e capi di abbigliamento firmate.

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L’inchiesta abbraccia un arco temporale che va vado al 2006 e arriva fino al 2017. Tre marescialli, inoltre, acquistarono a un prezzo inferiore a quello di mercato un’abitazione a Sant’Antimo comprensiva di box auto, poi rivendute lucrandoci. Le indagini, hanno avuto inizio dai verbali di due affiliati di spicco al clan Puca, Ferdinando Puca e Claudio Lamino che, nel 2016 e2017 rispettivamente, hanno deciso di collaborare con la giustizia. Dichiarazioni poi che hanno avuto anche riscontri nelle attivita’ di intercettazioni telefoniche sulle utenze degli indagati e in ambienti da loro frequentati, compresa una vettura di servizio. Quanto a Di Lorenzo, il 16 maggio 2017 Lamino riferisce che e’ “legato a tutte e tre le famiglie camorristiche di Sant’Antimo, e tutelato dai vari esponenti criminali in quanto e’ risaputo che e’ particolarmente legato ai carabinieri e ai poliziotti del posto. Mi costa che Di Lorenzo a chi gli e’ simpatico fornisce anche informazioni che riceve dalle forze dell’ordine”.

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