Sportelli chiusi, sciopero bancari per il contratto

Sportelli chiusi, sciopero bancari per il contratto
30 gennaio 2015

Adesione altissima, pari a oltre il 90%, per lo sciopero nazionale dei bancari, scesi in piazza per protestare contro la decisione unilaterale dell’Abi di disdettare e disapplicare i contratti collettivi di lavoro, a partire dal prossimo aprile. “Oggi sono chiusi gli sportelli in tutta Italia”, ha rivendicato con orgoglio Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, il principale sindacato di categori.

Oltre 20mila lavoratori, secondo gli organizzatori, hanno partecipato alle quattro manifestazioni indette a Milano, Ravenna, Palermo e Roma. Il corteo principale nel capoluogo lombardo, con circa 7mila manifestanti, che ha visto la partecipazione del leader della Cgil, Susanna Camusso. “Se l’Abi non cambia idea continueremo la mobilitazione e gli scioperi”, ha detto, “siamo in piazza, siamo in tanti e ci torneremo perché il contratto è il nostro obiettivo”.

I nodi sono sempre gli stessi: l’Abi, sostengono le organizzazioni sindacali, deve tornare al tavolo delle trattative togliendo le pregiudiziali su eliminazione scatti, ricalcolo Tfr, area contrattuale, inquadramenti e aumenti salariali legati all’inflazione. Ma l’associazione bancaria italiana in una nota ha ribadito la sua posizione. Pur confermando la volontà di arrivare a un accordo per il rinnovo del contratto, ha sottolineato come nello scenario attuale aumenti del costo del lavoro “non sono sostenibili” per il settore.

Ma per i sindacati il vero obiettivo dell’Abi sarebbe quello di smantellare il contratto nazionale di categoria e le tutele vigenti, sostituendolo con contrattazioni aziendali. Ipotesi da scongiurare perchè, ha spiegato la Camusso, “uno dei grandi problemi dei lavoratori italiani è l’eguaglianza dei diritti collettivi e la frantumazione aziendale non è la risposta”.

“Se c’è qualche gruppo che sta lavorando per far saltare il contratto nazionale troverà un contrasto ancora più netto di quello realizzato oggi”, ha assicurato il segretario generale della Fisac Cgil, Agostino Megale. Più diretto Sileoni, che ha puntato il dito contro UniCredit: “spinge per avere un proprio contratto aziendale di gruppo”, ha dichiarato, “facciamo nomi e cognomi di chi vuole creare un precedente – ha spiegato – perché se passa il principio che il contratto nazionale non vale più niente questo accadrà anche per altre categorie”.

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