Toscana, il caso Pieroni accende i riflettori sul suicidio assistito: prima applicazione della legge regionale nonostante l’impugnazione del governo

La Toscana è diventata il primo territorio italiano a tradurre in pratica la legge regionale sul suicidio assistito, nonostante l’impugnazione del governo Meloni. Lo scorso 17 maggio, Daniele Pieroni, uno scrittore 64enne affetto dal morbo di Parkinson, ha esercitato il diritto di porre fine alla propria vita nella sua abitazione in provincia di Siena. Un evento destinato a far discutere e a riaccendere i riflettori su un tema che divide da anni politica, istituzioni e opinione pubblica.

La storia di Pieroni: “Una scelta di dignità”

Daniele Pieroni, costretto da una grave disfagia a vivere con una gastrostomia endoscopica percutanea (Peg) funzionante per 21 ore al giorno, aveva espresso la volontà di interrompere le sofferenze legate alla malattia.

Daniele Pieroni

Secondo quanto riferito dall’Associazione Coscioni, Pieroni ha beneficiato sia della sentenza della Corte Costituzionale del 2019 (“Cappato – Antoniani”) che della legge regionale “Liberi Subito”, approvata il 11 febbraio 2025. Il farmaco letale è stato preparato direttamente a casa dell’uomo, che lo ha autosomministrato sotto la supervisione di due dottoresse, un medico legale dell’Asl e alla presenza dei familiari.

Si tratta del primo caso di morte volontaria assistita realizzato in Toscana dopo l’entrata in vigore della nuova legge regionale. L’Associazione Coscioni sottolinea che questa applicazione dimostra la piena operatività della normativa, nonostante l’impugnazione del governo nazionale. “È la conferma che la legge è già in vigore e applicabile, in virtù del giudicato costituzionale”, ha dichiarato l’associazione.

Lo scontro politico: Regione vs. Governo

La legge toscana, fin dalla sua approvazione a metà febbraio, ha sollevato un polverone politico. Il governo Meloni, attraverso un Consiglio dei ministri straordinario, ha deciso di impugnarla, sostenendo che il tema del fine vita debba essere regolamentato a livello nazionale e non regionale. La posizione del governo si basa su un principio di uniformità legislativa: solo una legge nazionale, secondo Palazzo Chigi, può garantire coerenza su un tema tanto delicato.

Tuttavia, fino a un eventuale pronunciamento contrario della Corte Costituzionale – chiamata a dirimere il conflitto tra la Regione Toscana e il governo nazionale – le procedure previste dalla legge regionale rimangono valide. Nel frattempo, il dibattito parlamentare sul fine vita resta in stallo, nonostante i ripetuti solleciti della Consulta e del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Un segnale di svolta potrebbe arrivare già la prossima settimana, quando il Comitato ristretto delle commissioni Giustizia e Affari sociali del Senato esaminerà un testo proposto dal centrodestra sul fine vita. L’obiettivo è portarlo in aula entro il 17 luglio, ma i tempi stretti lasciano spazio a dubbi sulla reale possibilità di un’intesa bipartisan.

Le polemiche: “Deriva etica” o “diritto alla dignità”?

Fin dalla sua approvazione, la legge “Liberi Subito” ha diviso l’opinione pubblica e il mondo politico. L’opposizione di centrodestra in Consiglio regionale e in Parlamento ha criticato duramente la normativa, definendola “una deriva che offende chi crede nella dignità dell’essere umano”. Anche la Conferenza episcopale toscana ha espresso forti riserve, con Paolo Augusto Lojudice, presidente della Cei Toscana, che ha dichiarato: “Sancire con una legge regionale il diritto alla morte non è un traguardo, ma una sconfitta per tutti.”

Dall’altra parte, il governatore toscano Eugenio Giani ha difeso con forza la legge, sottolineando che essa “ha colmato un vuoto” senza creare nuove condizioni rispetto a quanto già stabilito dalla sentenza della Corte Costituzionale. “Non abbiamo inventato nulla – ha ribadito Giani – abbiamo semplicemente tradotto in procedure obiettive, imparziali e neutre i principi già fissati dai giudici costituzionali sei anni fa.” Anche Giani, tuttavia, ha richiamato la necessità di una legge nazionale che regolamenti in modo definitivo il tema del fine vita.

Un caso che fa scuola?

Il caso di Daniele Pieroni rappresenta un momento cruciale nel dibattito sul suicidio assistito in Italia. Da un lato, dimostra che la legge toscana è già operativa e in grado di garantire parità di trattamento nell’accesso al fine vita, con costi a carico del bilancio regionale. Dall’altro, evidenzia l’urgenza di una regolamentazione nazionale che superi le divisioni politiche e culturali che hanno finora bloccato il dibattito parlamentare.

Mentre il governo e il Parlamento cercano una soluzione condivisa, la Toscana continua a fare da apripista, dimostrando che è possibile tradurre in pratica i principi di dignità e libertà individuale stabiliti dalla Consulta. Resta da vedere se questo esempio sarà sufficiente a spingere il legislatore nazionale a compiere finalmente un passo avanti su un tema che riguarda la vita e la morte di migliaia di cittadini italiani.

In sintesi, il caso Pieroni è un monito e un invito a riflettere: la mancanza di una legge nazionale lascia spazio a interpretazioni regionali che, pur essendo utili, non possono sostituire una cornice legislativa unitaria. Il tempo stringe, e la società italiana attende risposte chiare e definitive su un tema che riguarda la dignità umana e il diritto alla scelta.