“Ha ucciso il figlio di 8 anni”, Veronica Panarello condannata a 30 anni di carcere. Il legale: ci appelleremo

“Ha ucciso il figlio di 8 anni”, Veronica Panarello condannata a 30 anni di carcere. Il legale: ci appelleremo
17 ottobre 2016

lorisstival260Il Gup di Ragusa Andrea Reale ha condannato Veronica Panarello a 30 anni di carcere per l’uccisione del figlio Loris Stival, il 29 novembre 2014, a Santa Croce Camerina. Accolta, dunque, la richiesta della Procura che aveva contestato alla donna, che il primo novembre compira’ ventotto anni, i reati di omicidio volontario e occultamento di cadavere, con l’aggravante della premeditazione. La decisione dopo circa quattro ore di camera di consiglio. Ad ascoltare la sentenza la stessa Veronica che alla lettura del verdetto è scoppiata a piangere, il papa’ del piccolo, Davide Stival (foto), i genitori di questi, Pinuccia Aprile e Andrea, nonche’ il padre della Panarello, Francesco. Tra i presenti pure il Pm Marco Rota, il capo della Squadra mobile Antonino Ciavola e il comandante provinciale dei carabinieri Domenico Spadaro che hanno seguito le complesse indagini sul delitto. “Accettiamo la sentenza e attendiamo le motivazioni che arriveranno entro novanta giorni e appelleremo la sentenza che non condividiamo affatto. Sentenza che e’ troppo dura e che non ci aspettavamo confermasse la richiesta dell’accusa”. Lo annuncia l’avvocato Francesco Villardita, legale di Veronica che aggiunge: “Combatteremo ancora per ripristinare quella che che per noi e’ la verita’”. La sentenza che condanna a 30 anni di carcere Veronica, non riconosce, pero’, le aggravanti della premeditazione e delle sevizie. Stabilita una provvisionale di 250 mila euro per il marito Davide Stival, 100 mila euro per il secondo figlio. Il giudice, inoltre, ha disposto la trasmissione degli atti al pm per il reato di calunnia ai danni di Andrea Stival, nonno del piccolo che la donna ha accusato dell’omicidio. La calunnia e’ reato procedibile d’ufficio e la chiamata in correita’ nei confronti di Andrea Stival con la condanna e’ inevitabile. Veronica dovra’ a breve, dunque, subire un altro processo. E verra’ rinviata a giudizio anche su questo aspetto. Si tratta di un passo decisivo per l’archiviazione della posizione del nonno di Loris.

Colpi di scena, capovolgimenti di versione, perizie e accuse incrociate. La tragedia di un bimbo di 8 anni, strangolato e gettato in un canalone della Sicilia profonda, e’ un dramma familiare nel quale, come hanno detto alcune parti civili al processo, perdono tutti. Stasera la condanna a 30 anni dell’unica imputata, la mamma del piccolo. PRIMA VERSIONE. “NON TROVO MIO FIGLIO”. “Non ho trovato mio figlio all’uscita dalle lezioni, aiutatemi”. Sono le 12,45 di un sabato apparentemente uguale a tanti altri, quel 29 novembre 2014, quando Veronica Panarello, allora 25enne, si presenta dai carabinieri di Santa Croce Camerina. Immediate scattano le ricerche ma la tragica svolta arriva quattro ore piu’ tardi quando il cadavere del piccolo Loris Stival, 8 anni, viene trovato in un canalone nei pressi del Mulino Vecchio. A scoprire il corpo e’ Orazio Fidone, un cacciatore del posto: “Mia moglie mi ha chiesto di unirmi alle ricerche perche’ conosco bene la zona”, spiegava ai cronisti. Il giorno dopo il procuratore di Ragusa, Carmelo Petralia, apre un fascicolo per “omicidio volontario contro ignoti”. Viene disposto il sequestro dell’auto del cacciatore, ma la sua iscrizione nel registro degli indagati e’ un “atto dovuto” proprio per procedere agli accertamenti tecnici. Il primo dicembre dall’esame autoptico arriva la conferma di quello che gli investigatori avevano capito sin dal primo momento: Loris e’ stato ucciso. Gli inquirenti ipotizzano che il ragazzino possa essere salito sull’auto di qualcuno che conosceva, non lontano da scuola, la’ dove la mamma dice di averlo lasciato prima di andare ad un corso di cucina al castello di Donnafugata. Il 2 dicembre Veronica Panarello viene sentita in questura come persona informata dei fatti e si fanno strada le prime incongruenze della sua versione: Loris non compare nelle immagini dei video sin qui acquisiti dagli inquirenti. Il 3 dicembre nel pomeriggio viene perquisita la casa dei genitori di Loris. In uno dei video passati al setaccio da polizia e carabinieri si vede la mamma che alle 8,15 si avvicina all’auto con i due figli ma solo il piu’ piccolo sale in macchina; Loris dopo una breve discussione torna verso casa. Il 4 dicembre dall’autopsia emerge un nuovo dettaglio: Loris sarebbe stato strangolato con una fascetta di plastica da elettricista. Gli investigatori ripercorrono con Veronica Panarello il percorso che la donna sostiene di aver fatto sabato scorso con il figlio. Accertamenti e rilievi nella casa di campagna del cacciatore. Il 5 dicembre: le telecamere poste sulla linea della scuola “Falcone e Borsellino” sabato mattina non hanno ripreso la Polo nera della mamma di Loris. Viene confermato che la morte e’ stata provocata da asfissia da strangolamento. Le fascette da elettricista sarebbero state utilizzate anche per legare i polsi del bambino prima di ucciderlo. Intanto emergono nuovi dubbi sulla versione della mamma: la sua Polo, ripresa da un video, per attraversare l’area vicina a quella del Mulino vecchio, dov’e’ stato recuperato il cadavere di Loris, impiega 9 minuti, molti di piu’ di quelli necessari.

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VERONICA IN CARCERE. “EFFERATEZZA E CINISMO”. L’8 dicembre Veronica Panarello viene prelevata a casa e condotta negli uffici della procura per essere sentita dal procuratore capo Carmelo Petralia e dal sostituto Marco Rota. Dopo sei ore in Procura a Ragusa, Veronica Panarello e’ sottoposta a fermo. Avrebbe agito da sola. “Non ho ucciso io mio figlio”, dice la donna il giorno dopo nel corso del suo primo interrogatorio in veste di indagata. La procura nel decreto di fermo parla, pero’, di “elevata efferatezza e sorprendente cinismo”. Terminate le procedure, e’ trasferita nel carcere di piazza Lanza a Catania, accusata di omicidio volontario aggravato dalla crudelta’ e dal legame di parentela e di occultamento di cadavere. I Pm di Ragusa sostengono che l’esame dei filmati e le testimonianze hanno consentito di documentare, “oltre ogni ragionevole dubbio”, che il piccolo Loris non usci’ piu’ dal condominio dopo essere tornato a casa e che nei 36 minuti nessun’altra persona non conosciuta e’ entrata nel condominio”. Di piu’: potrebbe uccidere ancora e anche per questo deve rimanere in carcere. Per il Gip, vi e’ “fondato pericolo di fuga della donna” per “l’estrema gravita’ del reato”. Inoltre, potrebbe “commettere gravi delitti della stessa specie per cui si procede”.

“AGGHIACCIANTE INDIFFERENZA”. A febbraio 2015 il Tribunale del riesame di Catania, nelle oltre 100 pagine delle motivazioni dell’ordinanza che ha confermato la custodia cautelare in carcere, parla di “trama indiziaria fittissima che trova il suo addentellato principale nei comportamenti anche processuali della Panarello”. Con “agghiacciante indifferenza ha agito da lucidissima assassina manifestando una pronta reazione al delitto di cui si e’ resa responsabile”, con la “volonta’ di organizzare l’apparente rapimento del figlio Loris”. Per i giudici la madre del piccolo Loris avrebbe manifestato “una capacita’ elaborativa di una pronta strategia manipolatoria”. “L’indagata ha agito in preda ad uno stato passionale momentaneo di rabbia incontenibile per il fallimento del piano mattutino che evidentemente quel giorno non prevedeva l’ingombrante presenza del suo primogenito. Con glaciale freddezza, servendosi delle forbici che, in sede di indagini, sono state rinvenute nella cameretta del figlio, ha quindi rimosso le scottanti fascette che doveva eliminare perche’ facenti parte della confezione acquistata dal marito, conservata nello sgabuzzino di casa”. “Seppur prescindendo dal ritenuto pericolo di fuga – prosegue il Riesame – sussiste il rischio di recidivanza denunciato dalle modalita’ particolarmente efferate del gesto criminoso con uno strangolamento della vittima soffocata con odiosissima crudelta’, senza alcuna pieta’ e con una totale incapacita’ di controllo della furia omicida”.

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STRANGOLATO CON LE FASCETTE ELETTRICHE. Il perito della procura deposita a marzo i risultati dettagliati dell’autopsia che hanno ribadito l’asfissia da strangolamento e conferma la compatibilita’ di quelle fascette da elettricista – che sarebbero state strette attorno al collo del bambino – con quelle consegnate dalla mamma Veronica. L’ora della morte e’ stata collocata fra le 8 e le 10 del mattino. E’ plausibile che la frattura alla teca cranica cosi’ come le ferite sul collo del bambino siano avvenute “limine vitae”, ovvero quando ancora ci sono parametri vitali, ma la persona non e’ piu’ cosciente. Le ferite al collo sarebbero state provocate dal taglio delle fascette di plastica che stringevano il collo del bambino. L’atto di conclusione indagini dell’ottobre 2015 in 260 cartelle rende ragione delle indagini della Squadra mobile e dei carabinieri di Ragusa che, ricostruendo il puzzle delle telecamere, secondo gli inquirenti, indicando come unica responsabile dell’omicidio del piccolo Loris Stival la madre Le telecamere prese in considerazione e vagliate in tutti questi mesi di indagini sono passate dalle 13 indicate inizialmente (nella richiesta di fermo datata 8 dicembre 2014) alle 34 enumerate negli atti relativi alla conclusione indagine e a 154 immagini inserite nel documento consegnato alla Procura di Ragusa. Decisiva la telecamera di un impianto privato che registra tutti i movimenti in via Garibaldi 82, cioe’ al civico dell’abitazione della famiglia Stival. Secondo la ricostruzione degli orari, infatti, dalle 8:30, orario in cui Veronica Panarello esce con i suoi due figli, dopo pochissimo rientra a casa Loris, mentre Veronica rientrera’ a casa alle 8:48, per poi riuscire alle 9:23, rientrare alle 9:38 e riuscire alle 9:41. Anche per la Cassazione esiste un “elevato grado di probabilita’ della responsabilita’ dell’indagata per l’omicidio del figlio”, come la Prima sezione penale scrive spiegando perche’, a maggio decide di confermare la custodia cautelare in carcere. Una “personalita’ contorta”, quella della donna che la prima sezione penale della Cassazione attribuisce a Veronica Panarello, accusata di aver ucciso il figlioletto Loris Stival. La Suprema Corte indica “i tratti della personalita’ contorta della Panarello” che “ha descritto un percorso risultato smentito dalle immagini (piu’ volte esaminate dallo stesso tribunale) che riprendono la sua autovettura ed ha omesso di riferire circostanze rilevanti nella ricostruzione dei movimenti fatti quel giorno”.

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SECONDA VERSIONE. “UN INCIDENTE”. Negli stessi giorni veronica Cambia versione: Loris sarebbe morto mentre giocava con le fascette elettriche. Quindi, e’ stato un incidente. E c’e’ di piu’: la donna ha detto che nessuno le avrebbe creduto, per tale ragione avrebbe preso il corpo del figlio e se ne sarebbe ‘liberata’ nel canalone, gettando poi lo zaino nel luogo dove oggi ha accompagnato gli inquirenti. Veronica Panarello avrebbe affermato di aver fatto tutto da sola. Finora la mamma del bimbo aveva sempre affermato di aver lasciato il figlio a scuola e di essere poi andata a un corso di cucina. Ora invece, racconta di essere rientrata e aver scoperto il bambino esanime in casa. Dopo aver tentato di rianimarlo, sempre secondo la nuova versione, e’ stata presa dal panico e ha inscenato l’omicidio. Ha portato cosi’ il cadavere nel canalone dov’e’ stato ritrovato da Fidone. Il 20 novembre e’ il giorno dell’udienza davanti al Gup Andrea Reale. Il successivo 3 dicembre la posizione dell’imputata di aggrava: la procura contesta alla donna, che risponde di omicidio volontario aggravato e di occultamento di cadavere, anche la premeditazione. Il Gup accoglie la richiesta di rito abbreviato subordinato a perizia psichiatria. E a febbraio viene archiviata la posizione di Orazio Fidone.

“TERZA VERSIONE: L’HA UCCISO MIO SUOCERO”. I periti incaricati dal Gup asseriscono l’assenza di una patologia psichiatrica, ma descrivono anche un “se’ fragile e immaturo” e una “tendenza a manipolare la realta’ attraverso meccanismi consci istrionici e onnipotenti”. Una “personalita’ non armonica” quella della donna, ma, era questo il punto cruciale da accertare, “capace di intendere e di partecipare al processo”. L’11 febbraio un nuovo colpo di scena: la terza versione di Veronica: “Ho avuto una storia con Andrea Stival, e’stato lui ad aver strangolato Loris con un cavo usb per non farlo parlare. Mi ha detto di legare i polsi a Loris e io l’ho fatto. Poi l’ha ucciso”. Il suocero, nonno dei piccolo, viene indagato come atto dovuto, ma nessuno pare dare credito a questo scenario. L’esame del medico legale smentisce peraltro l’impiego di un cavo usb.

“30 ANNI PER VERONICA EGOISTA E MANIPOLATRICE. “Manca la prova”, ripete la difesa di Veronica Panarello. “Egoista, bugiarda e manipolatrice”, definisce la donna il pm Marco Rota che chiede 30 anni di carcere. Il pubblico ministero ricostruisce il contesto psicologico e sociale in cui e’ maturato il delitto, quello familiare, il rapporto tra madre e figlio, un legame “distorto” in cui Veronica “non era appieno genitore e Loris non era figlio”. In sede di dichiarazioni spontanee la donna continua ad accusare dell’omicidio il suocero Andrea Stival. Ma l’accusa non le crede. Per il Pm “il movente e’ plausibile”, ma non e’ provato” e “comunque il movente e’ irrilevante, di sicuro Andrea non ha ucciso ed e’ lei l’unica responsabile del delitto. (con fonte Agi)

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