“Una grande persona”: Trump incorona Meloni come alleato privilegiato in Europa. La premier lo invita in Italia

Nel suo incontro alla Casa Bianca, la premier ha ottenuto che il presidente Usa accetti di visitare l’Italia con la possibilità di organizzare un incontro con i leader dell’Unione Europea. Il capo della Casa Bianca ha mostrato grande stima personale per la premier italiana. Nonostante le divergenze sui dazi, che Trump conferma “stanno arricchendo l’America”, e sull’Ucraina, dove Meloni ha ribadito che “l’invasore è Putin”, l’incontro si è concluso positivamente con la promessa di un futuro accordo commerciale e la condivisione della linea dura sull’immigrazione

Giorgia Meloni e Donald Trump

Giorgia Meloni e Donald Trump

La stretta di mano è calorosa, i sorrisi ampi, le parole al miele abbondanti. Quando Giorgia Meloni varca il cancello della Casa Bianca alle 12 locali, Donald Trump la accoglie con un entusiasmo che sembra sincero: “Great person”. È l’inizio di quella che si rivelerà una vera e propria luna di miele diplomatica, anche se costellata di momenti di tensione sottotraccia e nodi ancora irrisolti.

La premier italiana arriva all’incontro con un obiettivo preciso: provare a dissuadere il presidente americano dalla sua politica protezionistica dei dazi, particolarmente dannosa per l’export italiano. Missione impossibile, forse, ma Meloni porta a casa almeno un risultato: Trump ha accettato di fare visita in Italia, e in quell’occasione potrebbe anche “considerare” un incontro con l’Unione europea. Un ponte diplomatico non da poco in un momento di distanza tra le due sponde dell’Atlantico.

Dazi: la linea Trump non cambia (per ora)

La tensione è palpabile quando, dopo il pranzo di lavoro a cui partecipano le delegazioni al completo – dal lato americano il vice J.D. Vance (atteso domani a Roma), il consigliere per la sicurezza Michael Waltz, il segretario al Tesoro Scott Bessent e il segretario alla Difesa Pete Hegseth – si affronta il nodo dei dazi.
“Io credo che potremmo raggiungere un accordo”, dice una Meloni visibilmente tesa, consapevole della posta in gioco.

“Non posso fare un accordo nel nome dell’Unione europea”, precisa subito, volendo chiarire i limiti del suo mandato e smarcandosi con eleganza diplomatica dal ruolo di “inviata UE”, “il mio scopo è invitare il presidente a un dialogo ufficiale con l’Italia e capire se, quando verrà, ci potrà essere anche un incontro con l’Unione europea”.

Trump, dal canto suo, non fa passi indietro sulla sua strategia commerciale: “I dazi ci stanno arricchendo”, taglia corto, “stavamo perdendo tanti soldi con Biden, miliardi di dollari sul commercio, adesso la marea è cambiata”. Parole che rischiano di raffreddare gli entusiasmi, ma che vengono bilanciate da una promessa: “Ci sarà al 100% un accordo sui dazi con l’Unione Europea”. Quale tipo di accordo, a quali condizioni, resta tutto da definire.

L’imbarazzo sull’Ucraina

Qualche imbarazzo lo crea una domanda diretta sull’Ucraina, tema su cui le posizioni dei due leader appaiono distanti. Meloni si muove visibilmente a disagio sulla sedia quando le viene chiesto di commentare le posizioni di Trump, che in passato ha dato sostanzialmente la colpa dell’inizio della guerra a Volodymyr Zelensky. È forse il momento più delicato dell’incontro. La premier italiana mantiene il punto sulla posizione ufficiale del governo: “Penso che ci sia stata un’invasione e che l’invasore fosse Putin e la Russia”, afferma con chiarezza in italiano, unico momento in cui abbandona l’inglese durante tutto l’incontro.

E aggiunge: “Ma oggi quello che è importante è che insieme vogliamo lavorare e stiamo lavorando per arrivare in Ucraina a una pace giusta e duratura”.
Trump, incuriosito dalla risposta in italiano (“Sembrava davvero meraviglioso, cosa ha detto?”), cerca di smussare le differenze: “Non do la colpa al presidente Zelensky, ma non sono un suo fan”. E rilancia la sua narrazione: “È una guerra che non sarebbe mai cominciata se fossi stato presidente. Ho parlato con Putin e mi ha detto che non l’avrebbe mai fatto”. Una versione dei fatti che lascia trasparire una certa ammirazione per l’autocrate russo, in netto contrasto con la linea tenuta finora dall’Italia e dall’Unione Europea.

Difesa: l’Italia promette il 2%, ma non basta

Sul tavolo dell’incontro anche il dossier Nato e le spese per la difesa, altro tema spinoso. Meloni anticipa che al prossimo summit dell’Alleanza Atlantica, in programma a giugno, l’Italia annuncerà la volontà di “aumentare le spese al 2% come richiesto”. Una mossa che dovrebbe placare le critiche americane sul contributo italiano alla difesa comune.

Ma per Trump non è abbastanza. “Non è mai abbastanza”, taglia corto il presidente, che in passato ha parlato di innalzare la soglia minima di contribuzione al 5% del PIL (anche se gli analisti ritengono si accontenterà alla fine di un 3,5%). Meloni tenta di rassicurarlo: “L’Europa è impegnata a fare di più, sta lavorando sugli strumenti per aiutare gli Stati membri ad aumentare le spese per la difesa. Siamo convinti che tutti debbano fare di più”.

I video dell’incontro tra Trump e Meloni

L’economia al centro: 10 miliardi di investimenti

Consapevole che con Trump il pragmatismo economico può rappresentare la carta vincente, Meloni mette sul tavolo interessi reciproci rilevanti. “Le imprese italiane, come fanno da molti anni, investiranno qui nei prossimi anni circa 10 miliardi e questo mostra quanto siano interconnesse le nostre economie”, spiega la premier. “Non si tratta solamente dell’Italia, si tratta dell’Europa”.

E poi il capitolo energetico: “L’Italia dovrà aumentare le importazioni di gas liquefatto” dall’America “e anche sul nucleare stiamo cercando di svilupparci e su questo dovremo lavorare insieme”. Si parla anche di collaborazione in ambito aerospaziale, “ma non di Starlink”, specifica la presidente del Consiglio.
La premier evita invece accuratamente una domanda sui rapporti strategici con la Cina, tema spinosissimo nelle relazioni con Washington e sul quale ogni parola potrebbe essere interpretata come un posizionamento geopolitico.

Immigrazione: la sintonia è totale

Dove l’intesa appare completa è sulla questione dei migranti. Trump non lesina elogi alla linea dura della premier italiana: “Spero che l’Europa torni di nuovo grande”, dice con un’evidente eco del suo slogan MAGA, “oggi ha grandi problemi dovuti soprattutto all’immigrazione. Non sono un grande fan di come l’Europa ha affrontato la questione, dovrebbero farsi più furbi”.

E poi il complimento diretto: “La presidente Meloni ha assunto un atteggiamento di grande fermezza sull’immigrazione e auspico che molte più persone facciano come lei”. La premier italiana “incassa” con soddisfazione e rivendica che “le cose stanno cambiando anche grazie a ciò che l’Italia ha fatto”. È il momento in cui l’affinità ideologica tra i due leader emerge con maggiore chiarezza.

Il “nazionalismo occidentale” e la visita a Roma

La visita si conclude nel segno di quello che Meloni definisce “nazionalismo occidentale”, un’espressione che la stessa premier ammette non essere forse “corretta”, se non nel senso che occorre “lavorare e rendere l’Occidente più forte” nel segno “dell’unità dell’Occidente” che deve parlare “francamente” e incontrarsi “a metà strada”, rafforzando “entrambe le sponde dell’Atlantico”.

Trump sembra apprezzare questa visione. E rilancia con una battuta che ha il sapore di un endorsement personale: “L’Italia può essere il nostro miglior alleato in Europa, ma solo se Meloni resta il primo ministro”, dice sorridendo. E aggiunge: “Abbiamo un sacco di italiani in questo paese, e a loro Trump piace, e hanno votato Trump”.

Risultati concreti o solo promesse?

L’accettazione dell’invito a visitare Roma è forse il risultato più concreto e tangibile del vertice. Un’occasione che la premier italiana intende sfruttare anche per organizzare un incontro tra Trump e i rappresentanti dell’Unione Europea, provando così a fare da ponte tra un’America sempre più isolazionista e un’Europa preoccupata dalle politiche protezionistiche della nuova amministrazione.

Resta da vedere se la sintonia personale esibita durante questo incontro si tradurrà poi in risultati concreti. I primi cento giorni della presidenza Trump hanno abituato osservatori e alleati a continui e repentini cambiamenti di prospettiva. E dietro i sorrisi e le parole di circostanza, le divergenze su dazi, Ucraina e Nato restano profonde.

Per ora, Meloni può dirsi soddisfatta: è riuscita a stabilire un rapporto personale positivo con Trump, ha ottenuto la promessa di una visita in Italia e di un possibile incontro con l’UE, e si è ritagliata un ruolo da mediatrice tra le due sponde dell’Atlantico. Non poco, considerando il contesto internazionale sempre più teso e la politica “America First” della nuova amministrazione. Ma come dimostrano i precedenti quattro anni di presidenza Trump, tra le promesse e la loro realizzazione può passare un abisso. E sul fronte dei dazi, della difesa e dell’Ucraina, i nodi restano tutti da sciogliere.