Faraone, da rottamatore a picconatore

27 gennaio 2016

di Gaetano Mineo

editoriale_defPiù di tre anni al governo. I risultati li conoscono i siciliani senza un lavoro, le imprese abbandonate a se stesse, gli anziani bisognosi di servizi e i giovani che continuano a perdere ogni speranza. Il Partito Democratico continua a far male alla Sicilia, oltre che a se stesso. Tra i capi di una delle compagnie in trincea, l’inossidabile Davide Faraone, che da buon siciliano, dovrebbe avere a cuore la sua Terra. Invece che fa? Continua instancabilmente a picconare su Palazzo d’Orléans, prestigiosa residenza edificata dal principe Monroy nel 1775, in cui il sottosegretario ambisce esserne inquilino. E così, le cronache registrano un Faraone contro tutti e tutto. Soprattutto con alcuni plotoni del suo partito, con pezzi da novanta come i suoi compagni Marziano e Cracolici, due assessori Pd, di un governo guidato da un Democratico, qual è Crocetta. Uno scontro su tutto, a prescindere. Tra le ultime scene di questo copione, a tratti sconfortante, la lotta tra Faraone e Crocetta (affiancato dal compagno Cracolici) sui i termovalorizzatori. E il duello sulla scuola che vede protagonista ancora il discepolo di Renzi e il suo compagno di partito, titolare dell’Istruzione: “Marziano si preoccupi di individuare le risorse per il funzionamento delle scuole”, puntella Faraone con toni già da governatore. Insomma, le guerre intestine del Pd hanno segnato – e continuano assegnare –  il passo di questo governo, il quarto, che come i precedenti, sembra nato con una cattiva stella. Se la legislatura finesse oggi, allo stato dell’arte, il fallimento di Crocetta sarebbe più di una certezza. Ma le colpe non possono essere addebitare soltanto al governatore, sarebbe scorretto politicamente ed intellettualmente. I corresponsabili sono soprattutto i componenti di una maggioranza che finora ha sostenuto – se così si può dire – il governo: Pd, Udc e quei piccoli pianeti nati da una serie di ‘big bang’ scoppiato in alcuni partiti. Altro capitolo è la dirigenza. Del segretario spesso non c’è traccia, anche se Fausto Raciti ha sempre manifestato una debole leadership che non gli ha consentito di tenere in mano il timone. La nomina a capogruppo di Alice Anselmo, data la storia politica nel Pd della deputata eletta nella lista ‘La rivoluzione è già iniziata’, n’è una ulteriore testimonianza. Per Raciti, “il 2016 è l’anno delle scelte”. Il che porterebbe a dire: cosa sono stati questi ultimi tre anni per il Pd? Tuttavia, oggi i Democratici hanno una buona opportunità per salvare il salvabile fino al 2017. Ma devono ripartire con uno spirito di riconciliazione sia all’interno del partito, sia della maggioranza di cui sono il maggior azionista. Con una condizione, però, che Faraone da rottamatore non diventi picconatore.

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