Papa e Kirill a Cuba, finisce la guerra fredda tra Vaticano e Mosca

Papa e Kirill a Cuba, finisce la guerra fredda tra Vaticano e Mosca
12 febbraio 2016

La guerra fredda tra il Vaticano e Mosca si conclude questa sera all’aeroporto dell’Havana. Poco prima delle 14 (le 20 in Italia) Papa Francesco incontra il patriarca di Mosca e di tutte le Russie Kirill. E’ la prima volta nella storia, dopo lo scisma tra cattolicesimo e ortodossia del 1054 e dopo la nascita del patriarcato di Mosca, in rotta con Costantinopoli, nel 1589. E, annunciato a sorpresa la settimana scorsa, dopo decenni di attese e tentativi, ha luogo a Cuba, l’isola caraibica sfuggita all’ordine mondiale deciso a Yalta nel 1945 che, proprio grazie alla mediazione del Pontefice argentino, si è avviata ad una normalizzazione dei rapporti con il vicino statunitense, chiudendo così l’ultimo scampolo del conflitto che ha diviso il mondo in due dopo la seconda guerra mondiale. Non una “santa alleanza” contro un nemico comune, ma una testimonianza di dialogo a un mondo segnato, come dice Francesco, da una “terza guerra mondiale a pezzi”. Jorge Mario Bergoglio riesce a fare ciò che il polacco Karol Wojtyla e il teologo Joseph Ratzinger non sono riusciti a fare. “Ho la Cina e la Russia nel mio cuore”, ha confidato sul volo che lo sta portando da Roma all’Havana, prima di proseguire, questa sera stessa, per il Messico, dove si fermerà fino a mercoledì prossimo. Papa Francesco cambia la geopolitica della Santa Sede. Erede dei missionari gesuiti, guarda ai continenti dove i cristiani crescono di più, l’Asia e l’Africa, e, forte della sua origine latino-americana, fa voltare pagina ad una Chiesa cattolica troppo a lungo identificata con l’Occidente. Kirill è già a Cuba, per il suo primo viaggio latino-americano, Francesco arriva dopo un volo di 12 ore.

Il programma prevede che, ospite Raul Castro, Jorge Mario Bergoglio e Vladimir Gundjaev si incontreranno in una sala dell’aeroporto José Martì per un incontro privato alle 14.15 (20.15 a Roma). Due ore dopo, dopo lo scambio di doni, il Papa e il Patriarca si trasferiscono in una sala attigua per la firma di una dichiarazione congiunta in russo e italiano. Sono poi previsti dei brevi discorsi sia del Patriarca Kirill sia del Papa, non “discorsi preparati” ma “espressione spontanea, personale, di sentimenti in questa straordinaria e bellissima occasione”, ha detto il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi. La partenza del Papa per il Messico è prevista per le 17.30 (23.30 italiane). “Oggi è un giorno di grazia”, è il tweet inviato dall’account del Papa. “L’incontro con il Patriarca Kirill è un dono di Dio. Pregate per noi”. Da Mosca nei giorni scorsi il metropolita Hilarion, “ministro degli Esteri” del Patriarcato, ha spiegato che i nodi che hanno impedito in passato un incontro tra un pontefice di Roma e un patriarca di Mosca, terza Roma, non sono ancora sciolti, a partire dal ruolo dei cattolici “uniati” in Ucraina (ma i greco-cattolici hanno espresso subito una certa apprensione per l’incontro). La situazione che si è sviluppata in Medio Oriente e Nord Africa, con un “genocidio” dei cristiani, ad ogni modo, chiede una “cooperazione più stretta” tra Chiesa cristiane. E, ha proseguito, poiché Kirill non ha voluto che l’incontro con il Papa si svolgesse in Europa, “poiché l’Europa è associata ad una grave storia di divisioni e conflitti tra cristiani”, la coincidenza delle traiettorie in America latina ha fatto cadere la scelta su Cuba.

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Vladimir GundjaevL’incontro è tra leader religiosi, ma molte questioni sul tappeto sono politiche. E’ difficile non intravedere la soddisfazione di Vladimir Putin. Nella dichiarazione congiunta, ha detto alla Radio vaticana il domenicano Hyacinthe Destivelle, responsabile della sezione orientale del Pontificio Consiglio per la promozione dell`unità dei cristiani, “si parla degli ambiti di collaborazione e di dialogo che non hanno carattere teologico ma che pure sono molto importanti per il riavvicinamento delle Chiese: la questione della persecuzione dei cristiani in Medio Oriente, la questione della famiglia, la questione della secolarizzazione, del ruolo che i cristiani possono ricoprire nelle società secolarizzate; la questione dei giovani, della vita in termini generali”. Il testo della dichiarazione comune “è stato negoziato dalle parti fino a ieri sera tardi”, ha detto Hilarion partendo da Mosca ieri mattina. Le differenze di vedute, o quanto meno di accento, in realtà non mancano. Anche la Santa Sede è preoccupata per la persecuzione dei cristiani in Medio Oriente e Maghreb, ma non dimentica mai di allargare il discorso a tutte le minoranze etniche e religiose, e ribalta comunque il discorso parlando di “ecumenismo del sangue”, ossia mettendo in luce che, paradossalmente, i cristiani martirizzati a prescindere dalla loro confessione testimonia una fede comune. Anche in Vaticano cresce la preoccupazione umanitaria per la Siria, ma si escludono interventi militari unilaterali da qualunque parte essi provengano e si ripete l’appello urgente ad una soluzione politica del conflitto. Anche gli uomini del Papa denunciano le violenze dell’Isis, ma sono attente a disinnescare ogni tentazione di riesumare uno “scontro di civiltà” tra civiltà cristiane ed islamiche. Nessuna rivendicazione identitaria della fede, nessuna “guerra di religione” (come un esponente del patriarcato moscovita, poi rimosso, ha recentemente definito il conflitto siriano).

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L’obiettivo di Francesco, ha scritto sul suo blog Cyberteologia il gesuita Antonio Spadaro che segue il Papa nel viaggio, “non è una ‘santa alleanza’ contro qualcuno o qualcosa, ma l`unità della Chiesa a favore del mondo, anche se questo costa la fatica dell`intendersi. In questo senso ciò che deve essere considerato attentamente è il fatto che Francesco non abbia imposto condizioni di alcun genere e, pur di stabilire l`incontro, sia disposto a tutto. Ostilità ed equivoci ci sono e ci saranno, ma alla fine cadranno se il cammino proseguirà. E’ questa la politica (anche ecclesistica) della misericordia. Dunque l`abbraccio di Francesco sarà un abbraccio senza condizioni che accoglie la Chiesa ortodossa russa così com`è adesso, amandola come sorella, con la sua storia complessa, difficile, e la sua tradizione luminosa”. Per questo, peraltro, “cosa sarà scritto in quella dichiarazione importa meno, tutto sommato. Importa però quell`incontro”. Ma l’asse tra Chiesa cattolica e ortodossa è per Francesco fondamentale. Nel 2014, ricorda Stefania Falasca su Avvenire, ha assicurato a Bartolomeo che per giungere alla piena unità con i cristiani ortodossi la Chiesa cattolica “non intende imporre alcuna esigenza, se non quella della professione della fede comune”. Nel messaggio inviatogli poi di recente per la festa patronale di Sant`Andrea, il Papa ha ripetuto che tra cattolici e ortodossi “non vi è più nessun ostacolo alla comunione eucaristica che non possa essere superato attraverso la preghiera, la purificazione dei cuori, il dialogo e l`affermazione della verità”. Ora l’incontro con Kirill. In presenza della “terza guerra mondiale a pezzi”, i cristiani, cercando unità e dialogo, possono dare una testimonianza di pace al mondo.

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