A Palermo l’Aida riscritta da Torre: “È quello che ci troviamo a vivere oggi in Italia”.

18 febbraio 2014

“Dimenticare Verdi!”. E’ il dictat di Massimiliano Pace che per lo spettacolo di Roberta Torre, Aida, in scena da domani al Teatro Biondo di Palermo, ha costruito le musiche, la colonna sonora, di una piece “dove si mescolano prosa e canzoni” dice l’autrice (con Igor Esposito) e regista milanese, ma trapiantata a Palermo, “in cui trovano posto le parole, il musical, la chanson, la fiaba”. Dimenticare l’opera quindi, anche se “Verdi ci sarà – ha detto ancora Pace alla presentazione dello spettacolo – ma con piccole citazioni. Musiche di servizio, come alcune reminiscenze da Traviata, che fungeranno da eco onirico, oppure i Trionfi per le entrate in scena di Radamés e Aida”. Ma non dimenticare la storia di Aida, il sostrato sociale, l’impegno che si trova dietro la storia d’amore. In fondo le vicende della principessa etiope innamorata del comandante dell’esercito egiziano rimanda inesorabilmente ad uno spaccato storico di più recente memoria. Le differenze razziali, i paesi in guerra, il sacrificio per amore e per la patria…. “C’è in questa mia Aida – ha spiegato Roberta Torre che dopo l’esperienza di Siracusa con l’allestimento de Gli Uccelli di Aristofane , nel 2012 e Insanamente Riccardo III per il Piccolo Teatro, del novembre 2013, torna alla rielaborazione di un testo classico – l’attualità di una civiltà che sta crollando a pezzi, dove riecheggiano solo brandelli dei fasti verdiani. È quello che ci troviamo a vivere oggi in Italia”.

“Ognuno – ha continuato la regista di Tano da morire – si aggrappa a ciò che può per non essere travolto: Radamès alla sua lingua immaginaria, un Gramelot che mescola echi di poemi cavallereschi e turpiloquio; Amneris al suo incedere incerto e fragile di esemplare umano sempre sul punto di cedere; Aida al circo che si porta dentro, pieno di scheletri nell’armadio e clown crudeli; il Domatore alle bestie Dissidenti, Volpi egiziane di uno Stato dissoluto, eco di una grandezza da tempo tramutata nella menzogna e nella volontà di potere”. Mischiando i generi letterari – come l’uso di Radamés del Gramelot; una lingua irreale, per proiettare la reale incapacità di esprimersi di un soldato che ha visto troppi orrori, troppo sangue, troppo dolore, e non è più in grado di esprimersi – ma anche i generi espressivi, demolendo gli stereotipi, la regista palermitana d’adozione, inventa così un nuovo tipo di teatro musicale, con evidenti allusioni all’Italia di oggi, alla sua decadenza morale e materiale. Questa Aida “è un’Aida a brandelli, dilaniata, lacerata, un’aida che ha perso tutto tranne la voce per gridare il suo amore per un pupo guerriero, Radamés”. “C’è una straziante fragilità in questa regina prigioniera, cui non resta più nulla, per cui i concetti di Dio e Patria trovano senso solo in un circo che tutto mescola senza ritegno”. “Non ci sono più parole, dobbiamo quindi reinventarci un nuovo linguaggio”, dice Roberta Torre.

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Ma questo nuovo linguaggio non si limita alla parola, investe la vista… la mente. Affidando i ruoli principali, compresi quelli della principessa etiope Aida e della figlia del re d’Egitto Amneris, a due uomini – l’attore palermitano Ernesto Tomasini, performer e sopranista eccentrico, interprete di numerosi allestimenti con la compagnia di Lindsay Kemp, molto amato negli ambienti del teatro off londinese, e Massimo Vinti (Amneris) – Roberta Torre stravolge il complesso gioco di relazioni e gelosie dell’opera, puntando così ad una metafora della dissoluzione contemporanea. Sondando la natura e la situazione intima di personaggi “forti”, dietro i quali “bisogna riconoscere gli archetipi – conclude l’autrice – non la macchietta, la becera contemporaneità”. Il cast, di questa Aida queer – come è stata definita durante la presentazione – che da domani sino al 2 marzo sarà in scena al Biondo – dal 19 al 23 febbraio nella Sala Grande; dal 25 al 2 marzo nella Sala Strehler – è completato da Rocco Castrocielo nei panni di Radamés, Salvatore D’Onofrio in quelli del Narratore/Domatore, Silvia Ajelli, Aurora Falcone e Giuditta Jesu. Le scene che ricreano, tra rosso e nero, questo Circo immaginario e crudele sono di Roberto Crea, i costumi di Dora Argento.

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