Coree, un viaggio nell’invisibile della Zona Demilitarizzata

6 marzo 2018

L’autobus è pieno di giornalisti di tutto il mondo e la guida ci prepara al viaggio: un itinerario attraverso la provincia sudcoreana di Goseong per arrivare alla Zona Demilitarizzata che precede e isola il confine con la Corea del Nord. Un percorso attraverso lo spazio, ma anche la geopolitica, che procede lungo le periferie urbane e le zone di campagna, fino ad arrivare al Mar del Giappone. I panorami, a mano a mano che ci si avvicina al confine, sono più sfocati, le storie si fanno più complesse – famiglie divise, ricordi di guerra, voglia di unificazione e spiegamento massiccio di forze militari – e poi cominciano i check point e i divieti di fare foto o riprese. Il nostro racconto allora diventa invisibile, quello che c’è davvero al di là dell’ultimo punto di controllo non si può vedere in questo servizio, come succede sempre per la guerra, quella vera, o per gli altri snodi cruciali della storia.

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Ci resta la voce della guida sudcoreana, ci resta il DMZ Museum, che in qualche modo celebra il punto di vista di Seoul sulla guerra, calda e fredda, tra le due Coree; ci restano questi vetri appannati e queste vite intraviste, da turisti della geopolitica, dai finestrini di un bus; ci restano i molti bigliettini che invocano la pace e che fanno da foglie a un grande albero di desideri. Ma il resto non c’è, il resto è ancora silenzio, distanza. Ci sono le bandierine che segnalano le zone bonificate dalle mine, ma la verità di questa Zona Demilitarizzata resta fuori da questo piccolo racconto che, per una giornata, ci ha portato nel luminosissimo ignoto della Storia. Come turisti, e quindi anche come portatori di business decisamente postmoderni. Anche questa è la Corea oggi.

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