Così un gene controlla attività elettrica cervello

Così un gene controlla attività elettrica cervello
14 maggio 2020

Agisce come una finissima “manopola molecolare” in grado di modulare l’attività elettrica dei neuroni della nostra corteccia cerebrale, elemento cruciale per il funzionamento del nostro cervello. Il suo nome è Foxg1, è un gene, e questo suo inedito ruolo è il protagonista della scoperta appena pubblicata sulla rivista “Cerebral Cortex” frutto di una ricerca guidata dalla SISSA di Trieste, con il contributo dell’Università di Trento e dell”Istituto di Neuroscienze di Pisa. Foxg1 era già noto per essere un “master gene”, un gene maestro, capace di coordinare l’azione di centinaia di altri geni necessari per lo sviluppo del nostro sistema nervoso centrale anteriore. Come riportato da questo nuovo studio, – spiega Sissa in un comunicato – da questo gene dipende anche “l’eccitabilità” dei neuroni, ossia la loro capacità di rispondere a stimoli, comunicando tra loro e svolgendo tutti i loro compiti.

Per scoprirlo, i ricercatori hanno sviluppato e studiato modelli animali e cellulari in cui Foxg1 ha un’attività artificialmente alterata: un’attività scarsa, come avviene in pazienti affetti da una rara variante della Sindrome di Rett, che porta a manifestazioni cliniche dello spettro autistico; o un’azione eccessiva, come in una specifica variante della Sindrome di West, con sintomi neurologici quali grave epilessia e severo ritardo cognitivo. Come dedotto dagli scienziati nella ricerca, il difetto nella “manopola” risulta in un’alterata attività elettrica del cervello con conseguenze importanti per l’intero sistema, similmente a quanto accade nelle due sindromi citate. Fare luce su questo meccanismo, dicono i ricercatori, permette di comprendere più profondamente il funzionamento del nostro sistema nervoso centrale in salute e malattia, passo fondamentale per valutare possibili futuri interventi terapeutici per queste patologie.

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Quello appena pubblicato è l’ultimo di una serie di tre studi sul gene Foxg1, recentemente pubblicati dai ricercatori della SISSA su Cerebral Cortex. È il frutto di un progetto iniziato oltre cinque anni fa, che ha visto in prima linea l’equipe del professor Antonello Mallamaci della SISSA assieme ai ricercatori del Università di Trento e l’Istituto di Neuroscienze di Pisa, con il sostegno della Fondazione Telethon, della Fondation Jerome Lejeune e della FOXG1 Research Foundation. “Sapevamo che questo gene è importante per lo sviluppo del sistema nervoso centrale anteriore” spiega il professor Antonello Mallamaci della SISSA, che ha coordinato la ricerca. “Negli studi precedenti, in effetti, avevamo già messo in luce come fosse coinvolto nello sviluppo di particolari cellule del cervello, gli astrociti, come pure dei dendriti neuronali, che sono le parti delle cellule nervose che trasportano il segnale elettrico in arrivo alla cellula. Il fatto che fosse mutato in pazienti affetti da specifiche varianti delle sindromi di Rett e di West, in cui si assiste, rispettivamente, a un’insufficiente e un’eccessiva attività di questo gene, ci ha fatto esplorare la possibilità che il suo ruolo fosse anche un altro. E, da quanto emerso, sembrerebbe proprio così”.

Secondo quanto appurato nello studio, l’attivazione dell’attività elettrica di Foxg1 segue un circuito positivo. Spiega il professor Mallamaci: “Se il gene è molto attivo si registra un aumento dell’attività elettrica nella corteccia cerebrale. In più i neuroni, quando sono attivi, tendono a farlo lavorare ancor di più. Un processo, insomma, alimenta l’altro”. Ovviamente, in condizioni normali il sistema a un certo punto viene frenato. “Se però il gene funziona in maniera abnorme, oppure si trova in un numero di copie diverso da due, come avviene nelle due sindromi di cui sopra, il punto di equilibrio cambia e il regime di attività elettrica è alterato. Tutto questo, oltre a farci capire i meccanismi della patologia, ci dice che Foxg1 funziona proprio come regolatore chiave dell’attività elettrica della corteccia cerebrale”. Il prossimo passo, spiega il professore, sarà quello di comprendere il ruolo dei geni mediatori, ossia di alcuni tra i moltissimi geni la cui azione è regolata dal gene maestro Foxg1. Questa analisi è importante per capire ancora più in dettaglio come questo gene funzioni in condizioni normali e patologiche.

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“Posto che trovare una terapia per queste malattie è difficilissimo, lavorando così in profondità si potrebbe scoprire, per esempio, che la maggior parte dei problemi siano causati proprio da alcuni degli ‘operatori’ che Foxg1 regola. E che quindi si debba concentrare la nostra attenzione su questi obiettivi, piuttosto che sul gene maestro, magari utilizzando dei farmaci che già esistono e che si sono visti essere utili per rimediare a quegli specifici difetti”. Nel caso di un futuro approccio che volesse invece correggere le anomalie a carico del gene FOXG1 con la terapia genica, spiega il professor Mallamaci, “bisogna capire quando intervenire ossia da che momento in poi gli effetti patologici dovuti alla mutazione di tale gene diventano irreversibili. Per sostituire la copia difettosa con quella corretta bisogna intervenire prima di quel momento, il che potrebbe supporre di dover effettuare una diagnosi e una terapia genica prenatale”. “I prossimi passi che compiremo – conclude il professor Mallamaci – saranno orientati proprio nella direzione di comprendere più a fondo tutti questi aspetti”.

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