De Luca: “Migranti in baracca come i siciliani”

De Luca: “Migranti in baracca come i siciliani”
Cateno De Luca
28 agosto 2018

“I migranti negli alberghi di lusso e i messinesi nelle baracche”. Cateno De Luca è una furia. Nella sua città, Messina, di cui è sindaco, sabato notte sono stati trasferiti i migranti della nave Diciotti e “nessuno si è degnato di chiamarmi per coinvolgermi in questa storia”. E’ un politico fuori dagli schemi ed è noto anche oltre lo Stretto per le sue plateali provocazioni. “Metto a disposizione dei migranti le baracche dove attualmente vivono 10mila messinesi tra amianto, fogne a cielo aperto e sporcizia e i miei concittadini vanno a vivere in albergo”, è l’ultima sfida lanciata da De Luca. Eletto a giugno con una lista civica, s’è dovuto dimettere da parlamentare regionale per assumere in pieno le funzioni di primo cittadino.

Signor sindaco, s’è è visto piombare di notte, decine e decine di migranti nella sua città senza essere stato informato?

“Per me non ci sono, quando qualcuno riterrà di chiamare il sindaco per avvisarlo di questa presenza nel suo territorio, ne riparliamo. Ho appreso dai giornali la notizia e ancora non so quanti sono”.

Dove sono stati collocati?

“Sono stati sistemati un hotspot, che forse è stato realizzato abusivamente, e che si trova all’interno di una zona dove ci sono centinaia di baracche in cui vivono 10mila persone da 110 anni, 2.500 nuclei familiari che vivono tra i topi, sotto l’amianto, e senza rete fognaria. Queste baracche sono lì dal terremoto del 1908, ecco perché dico che Messina era la città meno adatta in cui fare l’hotspot, per questa sua specificità, unica in Italia, che forse il Paese non conosce. In merito, ho fatto un’ordinanza di sgombero. Entro il 31 ottobre queste persone dovranno lasciare le baracche e allo steso tempo ho chiesto la dichiarazione dello stato di emergenza al Governo. Ma intanto devo trovare il posto per loro e sono pronto a requisire mezzo mondo perché io non tengo 10mila famiglie sotto l’amianto, non voglio i bambini che giocano tra la fogna e i ratti. Per me, questa gente ha la priorità rispetto ai migranti. Mi accuseranno di razzismo? Allora facciamo così, tolgo queste famiglie da lì e le metto in albergo e sposto i migranti nelle baracche. Sono disponibili a trasferire i migranti nelle baracche di Messina?”.

Quindi chiede aiuto allo Stato per risolvere questa centenaria e drammatica situazione della sua città…

“Sì. Noi, intanto, stiamo concentrando tutti i fondi che abbiamo a disposizione, sia comunali che regionali, ma ovviamente non basteranno”.

In estrema sintesi lei dice: lo Stato non può spendere soldi per i migranti e abbandonare i propri cittadini come, di fatto, sta avvenendo nella sua città.

“Esattamente. Le faccio un esempio. Nel cuore di Messina c’è un albergo di lusso in cui da oltre un hanno vivono più di centro migranti pagati dallo Stato e finora non sappiamo quanto dovranno continuare a risiederci o meglio, non si capisce dopo oltre un anno cosa si aspetta. Per non parlare che in questa zona centrale della città, dopo le venti diventa zona off limits, perché tutto quello che succede attorno alla stazione centrale è principalmente dovuto a questa realtà. E allora dico, paghiamo tutti questi soldi per i migranti e i messinesi stanno nelle baracche. Questo è uno ‘schiaffo’ ai cittadini. Quindi, lo Stato non può attuare la politica dell’accoglienza nei luoghi dove ancora italiani, vivono in uno stato vergognoso. Il fatto è che il fenomeno dell’immigrazione, oramai, è un business”.

Ritorno sull’hotspot. Ha detto che è abusivo?

“Stiamo facendo dei controlli perché emerge parte di documentazione in difformità. E di fronte a una struttura abusiva, da pubblico ufficiale devo prendere provvedimento. Quindi, ho intimato a chi di competenza di farmi avere, entro 5 giorni, la reale posizione di questa documentazione che ha portato alla realizzazione dell’hotspot”. G. Min.

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