È morta Lea Massari, icona dimenticata del cinema d’autore
A 91 anni ci lascia una delle più grandi attrici italiane, che aveva scelto il silenzio e l’ombra da oltre trent’anni. Un addio discreto per una donna che ha fatto la storia sul grande schermo.
Lea Massari
Si è spenta in silenzio, così com’era vissuta negli ultimi decenni: lontano dai riflettori, fedele alla propria idea di eleganza. Lea Massari, attrice fra le più intense e aristocratiche del Novecento, è morta a Roma all’età di 91 anni. La notizia, trapelata soltanto oggi, è stata riportata da Il Messaggero, a funerali già avvenuti nella cattedrale di Sutri, in forma privata.
Un commiato discreto, nel solco di una vita vissuta con misura. Da oltre trent’anni l’attrice aveva abbandonato le scene, scegliendo il silenzio come ultima forma d’arte.
Una carriera luminosa e rarefatta
Nata a Roma il 19 agosto 1933, Lea Massari – all’anagrafe Anna Maria Massetani – iniziò a muovere i primi passi nel mondo dello spettacolo negli anni Cinquanta. Colpiva al primo sguardo per la sua bellezza severa, quasi scultorea, ma era sul campo che dimostrava di essere molto più di un volto affascinante: possedeva una sensibilità drammatica rara, capace di scolpire personaggi memorabili.
Il grande pubblico la ricorda soprattutto per L’Avventura (1960) di Michelangelo Antonioni, dove interpreta Anna, la donna che sparisce nel nulla, lasciando al film il suo mistero e il suo dolore. Un ruolo che le valse la consacrazione internazionale e la rese una delle muse del cinema d’autore europeo.
Ma la sua filmografia è un caleidoscopio di titoli fondamentali: Fuga in Francia (1962) di Lattuada, Le cose della vita (1970) di Claude Sautet, accanto a Michel Piccoli, Il giardino dei Finzi Contini (1970) di Vittorio De Sica. E ancora, l’indimenticabile Cristo si è fermato a Eboli (1979) di Francesco Rosi, dove Massari offre una delle sue interpretazioni più misurate e struggenti.
Una voce anche per la scena e la TV
Parallelamente al cinema, Massari ha calcato le scene teatrali con intensità e rigore. Pirandello, Brecht, Cocteau: era attrice colta, preparata, magnetica. Fu la prima Rosetta del Rugantino di Garinei e Giovannini, dimostrando anche una versatilità brillante. Ma è in ruoli più oscuri e tormentati che ha lasciato il segno più profondo.
Indimenticabile la sua Monaca di Monza ne I promessi sposi (1967), regia di Sandro Bolchi, così come la sua Anna Karenina per la televisione del 1974. Apparizioni in bianco e nero che ancora oggi resistono al tempo, icone di una TV che sapeva raccontare con profondità e senza fronzoli.
L’arte del passo indietro
Lea Massari ha scelto di sparire dalle scene all’inizio degli anni Novanta. Nessun addio plateale, nessun annuncio. Ha semplicemente smesso di esserci, almeno pubblicamente. Un atto coerente con la sua poetica personale, fatta di pudore, misura e rispetto per il mestiere.
È difficile trovare interviste o apparizioni pubbliche successive. La sua ultima performance risale al 1990. Da allora, una vita appartata, lontana dal clamore, dedicata – forse – a se stessa e ai suoi affetti più cari.
Un volto inciso nella memoria del cinema
Se oggi si parla ancora di lei, è perché certi sguardi non svaniscono. Certi silenzi, certe pause, certe presenze rimangono nel DNA del nostro immaginario collettivo. Lea Massari era una di quelle attrici capaci di portare sullo schermo la complessità dell’animo umano, senza mai strafare. La sua arte stava nell’equilibrio. Nella sottrazione. Nella verità.
Oggi, a distanza di oltre trent’anni dal suo addio al palcoscenico, e pochi giorni dalla sua scomparsa, possiamo dirlo: Lea Massari non è mai uscita davvero di scena. Ha solo smesso di farsi vedere. Ma chi l’ha vista recitare, non l’ha mai dimenticata.