Fico pontiere: acqua pubblica, salario e Rai per ricucire il M5S

Fico pontiere: acqua pubblica, salario e Rai per ricucire il M5S
Roberto Fico, Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio
22 settembre 2020

Roberto Fico dismette per un attimo la casacca istituzionale da presidente della Camera, si mette la maglietta da giocatore e propone al Movimento 5 stelle un compromesso fra le due anime del partito. Fra l’ala “governista”, che fa riferimento a Luigi Di Maio, maggioritaria in Parlamento ma che di fatto non ha potuto evitare una nuova sconfitta alle elezioni regionali, e quella minoritaria, legata ai temi delle origini e che si sente stretta nell’intesa di governo che regge il Conte bis, il cui punto di riferimento è Alessandro Di Battista, secondo il quale quella di ieri “è la più grande sconfitta della storia del Movimento 5 stelle”. In una conferenza stampa a Montecitorio per fare il punto sui risultati del referendum e delle elezioni, Fico in premessa mestte “al sicuro” la legislatura, spiegando che si va avanti fino al 2023 e che questo Parlamento eleggerà il prossimo presidente della Repubblica e andrà avanti con le riforme, quella elettorale, quella dei regolamenti, quella “tecnica” sul collegio che elegge il capo dello Stato.

Poi passa all’analisi del risultato delle urne regionali. “Il M5S ha perso le elezioni”, dice senza mezzi termini, ma ricorda che la “crisi di identità” non nasce oggi, parte da lontano. La terminologia è la stessa usata da Di Battista, secondo cui “parlare ora di alleanze è del tutto sbagliato, sia per chi è estremamente contrario sia per chi è a favore”. Quasi in un dialogo a distanza nel tentativo di ricucire una tela ormai pericolosamente lacerata, Fico ammette che “è chiaro che per una forza che arriva qui nel 2013 e che tutti abbiamo definito antiestablishment, nel momento in cui entra in questi luoghi e inizia a governare delle cose cambiano, si modificano, abbiamo avuto anche le alleanze che per noi erano impensabili ma hanno portato risultati importanti come il Redito di cittadinanza, quota 100, il reddito per le pensioni dei cittadini, anche assunzioni nella scuola. Il punto fondamentale è che abbiamo dovuto modificarci e la modifica può essere non compresa”. Un cambiamento così profondo da azzardare una suggestione un tempo impensabile per i 5 stelle “né di destra né di sinistra”: oggi, butta lì Fico, potrebbe “non essere più un tabù definirsi ideologici” di fronte al mondo che cambia.

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E se Di Battista chiede “stati generali il prima possibile”, Fico avverte: “Non siano una giornata spot e non serve una guerra fra bande, abbiamo bisogno di un confronto permanente”. Il presidente della Camera si dice pronto “a dare una mano” se ce ne fosse bisogno nella ipotetica nuova squadra per la direzione collegiale del M5S, ma la sua è soprattutto una proposta politica di mediazione fra i due fronti che da tempo si contrappongono anche umanamente in modo molto aspro. La crisi di identità ci sta, la “nostra identità forte si scontra con l’esperienza del governo del Paese” ma per questo occorre rimettere al centro dell’agenda politica dei “temi identitari”. Il presidente della Camera ne propone tre: acqua pubblica, salario minimo, riforma della Rai; e sembra suggerire ai governisti che non basta difendere le trincee attorno a palazzo Chigi e ai ministeri, e ai ribelli che si può rilanciare la ragion d’essere, l’anima del progetto anche stando al governo.

“Se il M5S si trova in Parlamento – avverte Fico – non è possibile che una legge sull’acqua pubblica non venga affrontata. Abbiamo vinto il referendum del 2011 che oggi è inattuato, su questo dobbiamo interrogarci, è un tema identitario e dovrà essere portato. Abbiamo fatto una battaglia importante sui diritti sociali, sui diritti dei lavoratori, e oggi per un progetto a 360 gradi con la piccola impresa, i sindacati e tutte le parti sociali il salario minimo è fondamentale. Poi dobbiamo per forza avviare la riforma della Rai. E’ una riforma fondamentale, noi dicevamo se cambia la Rai cambia il Paese e se all’interno dell’azienda si viene promossi con merito, se viene depoliticizzaata e i partiti escono fuori cambia davvero”.

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