Il PD siciliano allo sbando: quando il silenzio di Elly diventa complicità
L’assemblea regionale del PD siciliano che ha riconfermato Anthony Barbagallo come segretario del partito in Sicilia ha offerto uno spettacolo desolante: un teatro semivuoto dove gli attori principali hanno brillato per la loro assenza: otto deputati regionali su undici, compreso il presidente dell’Antimafia siciliana, più un eurodeputato. Tutti rigorosamente assenti. Non è un boicottaggio, è un referendum silenzioso sulla credibilità di una leadership che governa sul vuoto.
Barbagallo può proclamarsi segretario, ma i numeri raccontano una verità impietosa: è il capo di un partito fantasma, dove la maggioranza degli eletti ha scelto di voltargli le spalle. Le sue parole melliflue sulla “porta aperta” e la “mano tesa” suonano come l’ultimo tentativo di chi sa di aver perso il controllo della situazione, ma si aggrappa disperatamente alla poltrona.
Le illegittimità che nessuno vuole vedere
Non si tratta solo di beghe interne o personalismi da prima repubblica. I ricorsi pendenti presso la Commissione nazionale di garanzia parlano di “forzature e illegittimità” nel congresso regionale. Eppure Barbagallo ha deciso di tirare dritto, ignorando deliberatamente l’organo di controllo del suo stesso partito. Un comportamento che definire arrogante è un eufemismo.
Come può un segretario regionale pretendere rispetto e unità quando per primo calpesterebbe le regole democratiche interne? Come può Barbagallo invocare la collaborazione di chi ha pubblicamente denunciato irregolarità che attendono ancora una pronuncia definitiva? È il paradosso di un PD che predica la legalità in pubblico e la ignora tra le sue mura domestiche.
Il silenzio assordante di Elly Schlein
Ma la responsabilità più grave ricade su chi dovrebbe garantire l’unità e la credibilità del partito a livello nazionale: Elly Schlein. Il suo silenzio sulla situazione siciliana non è diplomatico, è omertoso. Mesi di lotte intestine, ricorsi, spaccature che paralizzano uno dei più importanti partiti regionali d’Italia, e la segretaria nazionale fa finta di niente.
Questo silenzio tradisce una doppia verità scomoda: o Schlein non ha la forza politica per intervenire e mediare (confermando così la sua debolezza), oppure ha scelto deliberatamente di sostenere Barbagallo a prescindere dalla legittimità del suo operato (rivelando un cinismo politico che stride con la retorica del “nuovo corso”).
Un partito senza futuro
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: un PD siciliano ridotto a simulacro di se stesso, incapace di essere alternativa credibile al centrodestra che governa la regione. Mentre Barbagallo si barrica nel palazzo, i cittadini siciliani assistono allo spettacolo indecoroso di un partito che si autodistrugge.
L’offerta di “qualche posto negli organismi” – come denunciato dall’opposizione interna – è la quintessenza di una concezione clientelare della politica che il PD dovrebbe aver superato da decenni. Ma evidentemente certe abitudini sono dure a morire, soprattutto quando si ha l’ombrello protettivo di una segretaria nazionale che ha scelto di guardare dall’altra parte.
La resa dei conti che non arriva mai
Il PD siciliano è allo sbando, Barbagallo è un re nudo, e Elly Schlein si è resa complice di questa deriva con il suo silenzio. Non basteranno le belle parole sui valori democratici e sulla trasparenza per nascondere questa realtà: un partito che non riesce a rispettare le proprie regole interne difficilmente potrà convincere gli elettori di essere in grado di governare il Paese.
La Sicilia del PD è lo specchio impietoso di un partito nazionale che ha smarrito la bussola, dove i rapporti di forza contano più delle regole, e dove il silenzio di chi dovrebbe guidare diventa la più eloquente delle confessioni di impotenza.